50 anni dal massacro della Kent State University

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50 anni dal massacro della Kent State University

di Sabrina Cristallo

 

Fin dalla sua genesi, la “democrazia” a stelle e strisce si distingue come portatrice di morte e disperazione, non solo verso i popoli puntualmente depredati fuori dai confini nazionali ma anche a casa propria.

Nel 1970 il Governatore dell’Ohio, Jim Rhodes, era in corsa per il Senato quando, alla vigilia della strage, definì gli studenti in protesta contro la guerra “il peggior tipo di persone che ospitiamo in America” e “non americani” e promise che la guardia nazionale avrebbe “ripristinato l’ordine”.

All’università statale di Kent, le manifestazioni contro la guerra in Vietnam e contro l’escalation della guerra in Cambogia annunciata dal presidente Richard Nixon il 30 aprile 1970, iniziarono subito l’indomani.

“Viviamo in un tempo di anarchia, all’estero e in patria” disse Nixon in quel discorso e aggiunse che non avrebbe tollerato alcun attacco alle “grandi istituzioni che sono state create da libere civiltà negli ultimi 500 anni”, riferendosi in particolare alle università, preoccupato da quel sentimento “anti-americano” di avversione alla guerra sorto tra la gioventù.

Il quarto giorno di protesta, le promesse del Governatore e del presidente furono mantenute. Dopo un lancio di lacrimogeni disperso dal vento a cui gli studenti risposero lanciando alcune pietre, la guardia nazionale, armata fino ai denti, sparò 67 colpi in pochi istanti, uccidendo quattro studenti e ferendone gravemente altri otto. Nessuno ha mai pagato per questi delitti.

Una nazione che stava rovinosamente perdendo la lunga guerra nel piccolo paese indocinese resistente, decise così di portare quella guerra anche in patria, sparando nei campus contro la propria gioventù.

Dopo il massacro di Kent, gli studenti di circa 900 università e college lanciarono una nuova ondata di proteste, dando luogo al primo sciopero studentesco nazionale di successo nella storia degli Stati Uniti che vide la partecipazione di 4 milioni di giovani.

Non dimenticheremo nessuna vittima dell’imperialismo americano.

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