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ABBATTERE UN POLO SANITARIO PUBBLICO PER COSTRUIRE UN RESORT?

IL CASO DELL’OSPEDALE AL MARE DEL LIDO DI VENEZIA. UNA PROPOSTA DI RIQUALIFICAZIONE NEL SENSO DEL BENE PUBBLICO.

di Susanna Polloni e Sandro Manoni

“Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.” (Gramsci, Odio gli indifferenti)

 

  • La lotta (Susanna Polloni)

L’intero complesso dell’ex Ospedale al Mare (OaM) fu inaugurato ufficialmente nel 1933, ma la sua storia di donazioni e di impegno volontario era iniziato a metà Ottocento, quando fu costruito sulla spiaggia l’Ospizio Marino, prima struttura per curare i bambini malati di tubercolosi.

La sua storia si snoda in un secolo di assistenza sanitaria, fisioterapia e riabilitazione: era un piccolo gioiello dell’isola, di cui i residenti meno giovani conservano tuttora bellissimi ricordi.
Nei suoi tempi d’oro aveva la stalla, il forno, una splendida spiaggia e un meraviglioso giardino; ancor oggi vi giacciono, abbandonati al degrado come il resto del complesso, la graziosa chiesetta e il teatro liberty Marinoni, allora ad uso dei ricoverati. Per noi residenti l’Ospedale era il nostro luogo di cura per eccellenza, in una dimensione completamente umana; in una città dove, per motivi logistici, i trasporti sono sempre stati difficoltosi, soprattutto per ammalati, anziani e disabili, avere un ospedale in isola era una garanzia.

Nel 1975 venne costruito nelle sue adiacenze il Monoblocco, per arricchire l’ospedale di nuovi reparti dedicati alla riabilitazione fisioterapica, ma proprio in quegli anni iniziava una progressiva contrazione della struttura, che portò poi, negli anni 2000, alla sua completa chiusura: ora, l’unico presidio sanitario dell’isola è presente in questo edificio di più recente costruzione, con un punto medico, alcuni ambulatori ed un servizio che dispone di quattro piscine per la riabilitazione neurologica, ortopedica e cardiologica, unica nel suo genere per l’utilizzo di acqua marina e frequentata da pazienti provenienti anche dal centro storico e da altre isole.

Ma il Monoblocco verrà abbattuto insieme ai padiglioni dell’ex OaM, nonostante le più che legittime proteste dei cittadini, se il progetto di Cassa Depositi e Prestiti (CdP), che vorrebbe dare in gestione l’area alle società Th Resort e Club Med per trasformarla in due strutture alberghiere di lusso, andrà in porto. Per realizzare questo progetto di speculazione, verranno abbattuti proprio i cinque padiglioni di maggior interesse storico e vincolati; i due gruppi, tuttavia, hanno messo come condizione anche l’abbattimento del monoblocco, di proprietà demaniale, perché a loro avviso antiestetico, proponendo di spostare il presidio sanitario all’interno del resort, in una superficie di soli due terzi di quella adesso utilizzata, per una concessione di soli trent’anni e con la riduzione dei servizi. Il valore del Monoblocco, stimato in circa quaranta milioni di euro, verrebbe pagato da CdP per la compravendita, denaro pubblico che verrebbe speso per un immobile che poi verrebbe distrutto, in un’operazione assolutamente antieconomica.

Si ravvisano anche dei problemi di ordine ambientale: uno riguarda la grande emissione e la ricaduta di polveri durante l’operazione di abbattimento, che potrebbe creare problemi di salute pubblica e inquinamento della spiaggia circostante. Quello antistante l’Ospedale, inoltre, è uno dei pochi tratti di spiaggia libera rimasti, luogo di svago e di passeggiate per residenti e turisti.

La sezione “Partigiano Tarcisio Valotta” di Venezia del Partito Comunista, assieme alla Federazione Regionale del Veneto del nostro Partito, manifesterà il 16 Maggio, in alleanza sociale con numerose forze sociali e politiche della città, per opporsi con decisione a questo scempio, in nome della tutela dell’unico presidio di sanità pubblica sull’isola, dell’ambiente e della memoria storica della città, in un’ottica di strapparla al ricatto della monocultura turistica, che provoca sfruttamento ed esodo dei residenti ed è la principale causa di spopolamento.

Questa lotta per noi della Federazione veneta del PC sarà la prima tappa di una ‘Marcia della Salute’, lanciata il 10 aprile a Mestre durante la manifestazione a carattere nazionale per la difesa della Sanità pubblica, che percorrerà tutte le tappe delle sette province con manifestazioni e presidi a difesa di obiettivi sul territorio, in pericolo di chiusura o inadeguati.

Coerentemente con il nostro progetto politico di diversificazione economica sul territorio di Venezia, noi proponiamo altre strade per uscire dalla crisi. Mai questi resort, come altri che sono sorti su altre isole della nostra laguna, hanno portato posti di lavoro per i residenti, ma solo sfruttamento e precariato, danneggiando i piccoli esercizi con la politica dell’all inclusive.

E’ ormai inaccettabile che mai progetti di riqualificazione a Venezia rispondano ad esigenze e richieste della cittadinanza, ma si rivelino vere e proprie rapine ai danni della stessa. La nostra laguna, i nostri palazzi, i nostri servizi pubblici, i negozi di vicinato, la rete sociale e di condivisione che era peculiarità delle nostre calli e dei nostri campi: tutto questo sta diventando un lontano ricordo, divorato dalle regole del libero mercato.

Finché arriveremo ad un punto in cui Venezia sarà invivibile, perché non avrà più nulla che permetta la vita.

Ora vogliono anche abbattere l’unico presidio sanitario dell’isola, togliendoci anche il diritto alla salute, sancito dalla nostra Costituzione. La ripartenza, a Venezia, dopo l’acqua granda del 2019 e l’epidemia, non sarà favorita dalla monocultura turistica, in mano oltretutto, sempre più, alle grandi catene che danno lavoro precario, sfruttato e sottopagato; essa servirà soltanto ad accelerare lo spopolamento. Lo fanno perché operazioni simili sono già altrove dove ha governato la Lega ed il cosiddetto “centro-destra”, non solo in Veneto, e gli effetti di questo depauperamento del patrimonio ospedaliero lo stiamo ancora pagando nell’attuale cosiddetta “pandemia CoVid”

La ripartenza avverrà solo tramite un programma politico che inverta le logiche del profitto favorite e indotte dal sistema capitalista, cause di tutti i mali della città, tramite un ridisegnamento generale di Venezia, una diversificazione economica, adeguate politiche abitative, per residenti e lavoratori; perché, in realtà, è tutto interconnesso.

E’ inaccettabile che, per l’Ospedale al Mare, in due decenni non sia stato fatto un Bando internazionale di idee e progetti.

Non è vero, però, che non ci siano state mai altre proposte, come affermano i sostenitori del progetto di CdP: noi come Partito Comunista ne sosterremo una, che presenteremo Venerdì 25 Giugno alle 18,30 al Lido in Piazzetta Lepanto in un’assemblea cittadina con la presenza del Segretario Generale Marco Rizzo e che si articola in un dettagliato ed esistente progetto, creato già da tempo dagli architetti Sandro Manoni e Raniera Barbisan, a vantaggio della funzione collettiva del bene e che offre lavoro e servizi pubblici qualificati, dando linfa vitale alla nostra isola e contribuendo a ripopolarla: un polo sanitario porta posti di lavoro, garantendo diritti e un giusto salario ai lavoratori, a differenza di un grande resort, che offre soltanto lavoro precario, sfruttato e sottopagato!

 

2) Il progetto (Sandro Manoni)

 

L’Ospedale al Mare: un Complesso Polifunzionale

 

Affrontare un tema così complesso qual è il contenuto di questa proposta, appaga due esigenze fondamentali per chi intende percorre il cammino della progettazione: intervenire sul manufatto per soddisfare precise necessità funzionali ed “estetiche”, prefiggere con l’intervento un processo di induzione che determini miglioramenti sociali ed economici sul territorio.

In presenza di un patrimonio edilizio reso esuberante dagli anni della grande speculazione, la nuova cultura urbanistica ora si pone il problema di disegnare le modificazioni dei futuri insediamenti urbani partendo dal semplice assunto che, prima e oltre che prevedere nuove edificazioni, vanno considerate le preesistenze architettoniche obsolete o inutilizzate, si devono attribuire loro nuove funzioni compatibili con le esigenze emergenti, vanno computate nel novero delle cubature previste dalle necessità di piano.
Con ciò, oltre che ridare dignità architettonica a interi complessi edilizi degradati e fatiscenti, si ottiene soprattutto l’attenuazione dell’impatto ambientale della nuova edificazione, e questa potrà essere più facilmente discriminata sul piano della qualità e dell’impegno progettuale.

Una simile situazione si presenta al Lido di Venezia, in un complesso edilizio dismesso delle sue funzioni precedenti, decretato da esigenze superiori di strategia sanitaria regionale. E’ il grande complesso dell’ex Ospedale al Mare. L’interesse nei suoi confronti nasce dalla constatazione del suo degrado ambientale e strutturale, l’obiettivo della ricerca è proporre una soluzione progettuale realistica, cioè sostenibile sul piano dell’utilizzo funzionale del complesso in relazione a mirate esigenze territoriali e realizzabile dal punto di vista economico.

Il metodo utilizzato è di tipo filologico e multidisciplinare e comparativo, ossia:

– da documenti storici (Relazioni dei Comitati Promotori e foto del “Fondo Fotografico Giacomelli”) si è riscoperta la primitiva vocazione del complesso e si è constatato come la struttura si sia di volta in volta adattata alle esigenze che ponevano l’incremento demografico del Lido e l’offerta sanitaria, supportata dal progresso tecnologico;

– contattando operatori e responsabili di vari settori.

Attualmente il complesso conta una quarantina di “padiglioni” disseminati in un’area di quasi dieci ettari, un volume complessivo di circa 230.000 mc., un fronte mare, a confine con la spiaggia, di cinquecento metri di lunghezza (l’unico utilizzato ancora come Presidio Ospedaliero è il padiglione ‘Rossi’ detto Monoblocco).

Rapportandone l’ordine di grandezza alla dimensione territoriale e alla situazione urbanistico-edilizia del Lido, si percepisce immediatamente l’importanza strategica che tale complesso ha avuto, nel recente passato, e potrà avere, nell’immediato futuro, per la realtà socio-economica dell’isola.

La morfologia del complesso, mentre ostacola in modo determinante la riproposizione dello stesso a funzione ospedaliera per l’eccessivo frazionamento dei corpi edilizi, suggerisce da un lato la scelta polifunzionale perché ne facilita la sua distribuzione, che, avvenendo totalmente all’interno di edifici già esistenti, permette di limitare al massimo l’impatto ambientale. Ecco allora che, confortati dalle analisi propedeutiche sulla vocazione del complesso, valutate le sue caratteristiche ambientali e la sua collocazione, verificate le esigenze emergenti dal territorio si è venuta a conformare l’idea di utilizzarlo per cinque funzioni diverse, ma che avessero un comune denominatore necessario a creare delle sinergie tra di loro.

Tali funzioni sono: un Presidio Ospedaliero, un Centro Socio-Riabilitativo (C.S.R.), una Residenza Sanitaria Assistita (R.S.A.), un Centro Termale, una Foresteria Utenti.

– Il Presidio Ospedaliero, prevede la continuità di utilizzo dell’attuale Monoblocco., oltre che mantenere una presenza sanitaria sul territorio, sarà un elemento importante di assistenza per le altre funzioni del complesso; si compone di un Pronto Soccorso, di un Reparto di Ortopedia e Traumatologia, di un Reparto di Fisiatria, di un Reparto di Neurologia e Neurochirurgia, e di un Poliambulatorio, il tutto modernamente attrezzato. Inoltre sono importanti al suo interno le piscine di acqua di mare per le opportune terapie.

Il Presidio Ospedaliero è costituito dal padiglione ‘Rossi’ (Monoblocco):

Edificio 38 = mq. 12.000 disposti su cinque piani

– Il Centro Socio Riabilitativo (C.S.R.), strutturato per ospitare in modo permanente i fruitori della riabilitazione e dimensionato per un numero notevole di utenti, assolverebbe un compito di importanza quantomeno regionale; sviluppato all’interno di quattro edifici, non è altro che l’ingrandimento (dimensionale e di attività) di quello già esistente.

Il C.S.R. è composto dai seguenti edifici:

Edificio 11 = mq. 560 x 2 piani = mq. 1.120

Edificio 12 – mq. 626 + mq. 497 = mq. 1.123

Edificio 13 = mq. 442 x 2 piani = mq. 884

Edificio 36 = mq. 573 x 1 piano = mq. 573

Per un totale di mq. 3.700.

Tenendo conto che ogni utente ha bisogno di mq. 35 (comprensivi di spazi residenziali e di terapia), si ha che il Centro può sopportare circa 100 ospiti.

Il Regolamento Regionale n° 8 1984, prevede un rapporto operatori/utenti medio pari a 1 : 3, perciò i 100 ospiti necessitano di 33 operatori, parte dei quali possono alloggiare nelle residenze appositamente previste.

 

– la Residenza Sanitaria Assistita (R.S.A.) risponde a precise esigenze di richieste territoriali per il problema degli anziani e colmerebbe una carenza locale ormai endemica; si snoda in quattro padiglioni, in un lotto immerso in un giardino di un ettaro.

La R.S.A. è composta dai seguenti edifici:

Edificio 23 = mq. 273 x 1 piano = mq. 273

Edificio 25 = mq. 457 x 2 piani = mq. 914

Edificio 26 = mq. 980 x 3 piani = mq. 2.940

Edificio 29 = mq. 234 x 2 piani = mq. 468

Per un totale di mq. 4.595.

La Deliberazione della Giunta Regionale n° 2.034, 1994 prevede i seguenti standards dimensionali:

– Superficie utile dimensionale per ospite = mq. 45-55

– Area abitativa: minimo 16/mq. ospite

Non considerando i 980 mq. del piano terra dell’edificio 26, adibito a servizi, si hanno 3.615 mq. da suddividere in alloggi per 225 ospiti.

In base al numero di utenti, si ricava quello degli operatori necessari in 150 unità.

 

– il Centro Termale, oltre a ritrovare le origini funzionali del complesso, si inserisce in un segmento di flussi turistici legati alla terapia del benessere e sfrutta la posizione eccezionale delle strutture ad esso dedicate; occupa sette edifici e rinnova l’approccio alla spiaggia, restituendole una nuova vitalità turistica, e dando impulso, in tal modo, a nuove prospettive economiche. Il tutto in rispetto della condizione e valorizzazione ambientale creatasi spontaneamente nel corso degli anni.

Il Centro Termale è costituito dai seguenti edifici:

Edificio 10 = mq. 703 x 3 piani = mq. 2.109

Edificio 15 = mq. 560 x 2 piani = mq. 1.120

Edificio 16 = mq. 560 x 2 piani = mq. 1.120

Edificio 17 = mq. 560 x 2 piani = mq. 1.120

Edificio 17 a = mq. 503 +(161 x 2 piani) = mq. 825

Edificio 18 = mq. 1.148 x 3 piani = mq. 3.444

Edificio 37 = mq. 573 x 1 piano = mq. 573

Per un totale di mq. 10.311.

Paragonandolo agli stabilimenti di Jesolo e Grado, si sono ricavate le seguenti considerazioni:

– Il Centro Termale proposto può ospitare 12.000 curisti all’anno, di cui 8.000 in alta stagione (estate) e 4.000 nel resto dell’anno.

– Ogni prestazione, in media, effettua un ciclo di terapie di 6 giorni, per cui d’estate si può avere una media giornaliera di 400 curisti.

– Tale bacino di utenza si può ospitare nella Foresteria Utenti del complesso.

– Tenendo conto che il rapporto operatori/curisti è, mediamente, di 1 : 15, si ha che, per 400 ospiti, ogni giorno sono impiegati una trentina di operatori, che sale a 90 unità se si considerano i turni che vengono effettuati.

 

– la Foresteria Utenti, sarà un elemento importante di tutta l’operazione, in quanto garantirà a tutti i fruitori del complesso così strutturato di trovarvi adeguata sistemazione.

Infatti, un complesso polifunzionale delle dimensioni proposte deve essere pensato con un buon grado di autosufficienza, poiché il Lido si è ormai impoverito di strutture ricettive, e le attuali sono appena sufficienti a soddisfare i flussi turistici tradizionali.

Il complesso alberghiero viene previsto utilizzando:

Edificio 1 – 2 = mq. 1.415 x 3 piani = mq. 4.245

Edificio 3 = mq. 671 x 2 piani = mq. 1.342

Edificio 4 – 5 = mq. 1.250 x 2 piani = mq. 2.500

Per un totale di mq. 8.087.

L’alloggio per gli operatori.

Gli alloggi per gli operatori che lavorano nel complesso occupano I seguenti edifici.

Edificio 30 = mq. 488 x 2 piani = mq. 976

Edificio 31 = mq. 406 x 2 piani = mq. 812

Per un totale di mq. 1.788

Destinando in media 25/mq. per camera, si ottengono 72 camere in grado di ospitare circa 144 operatori.

Inoltre, all’interno delle altre strutture esistenti, vengono previste attrezzature di supporto per lo spettacolo e la congressualità (vedi Teatro Marinoni), per la ristorazione e i servizi generali, per la formazione professionale degli operatori e il loro alloggio, per lo sport e il tempo libero.

Nelle schede distributive di progetto vengono attentamente dimensionati gli spazi da assegnare alle diverse funzioni all’interno di ogni “padiglione”, viene previsto attentamente il numero delle utenze e il fabbisogno di personale. Nelle planimetrie generali si individuano i percorsi interni, il disegno dei giardini, gli accessi dall’esterno al complesso e dal complesso al mare. Per fare ciò si sono operate alcune scelte di modifica all’attuale assetto edilizio: si è cercato, dove possibile, di riportare alcuni padiglioni “storici” al loro originale aspetto, si sono puliti dalle superfetazioni successive, si sono riaperti alcuni varchi fondamentali per ridare il naturale accesso alla spiaggia e al mare. Da questi varchi ritrovati si sono previste delle passeggiate verso il mare attrezzate di tanto in tanto con dei gazebo di ristoro. Si sono valutati attentamente tutti gli elementi atti ad abbattere le barriere architettoniche all’interno dell’intero complesso.

A proposito della realizzabilità del progetto va sottolineata l’assoluta eccezionalità di posizione del manufatto in questione: il complesso dell’ex Ospedale al Mare confina per tutta la sua lunghezza con la spiaggia del Lido, è sito nella zona più centrale dell’isola, vicino ai collegamenti con la terraferma, e a quelli lagunari che lo collocano a pochi minuti di distanza dal centro storico di Venezia.

Una simile proposta vuole contribuire alla soluzione di un problema fondamentale che, da un lato ridà dignità architettonica e funzionale ad un elemento storico in completo degrado, dall’altro innesca un processo socio-economico interrotto e induce nel Lido nuovi elementi necessari al suo tanto invocato rilancio.

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