Amazon Prime day, 72 ore di sciopero nel centro logistico di Madrid e repressione poliziesca

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Amazon Prime day, 72 ore di sciopero nel centro logistico di Madrid e repressione poliziesca

Si è concluso dopo 72 ore lo sciopero dei lavoratori e lavoratrici iniziato lunedì 16 luglio nel maggior centro logistico di Amazon in Spagna, a San Fernando de Henares, vicino Madrid, in concomitanza con il Prime day, le 36 ore di maxi sconti su Amazon nei quali il colosso americano dell’online raggiunge il periodo di maggiore fatturazione. I dati del Prime day dello scorso anno nel mondo registrarono 1miliardo di dollari di fatturazione per la multinazionale detenuta col 17% delle azioni da Jeff Bezos, la cui fortuna cresce di 10 miliardi di dollari al mese o 230K al minuto.

Grande partecipazione è stata registrata dai sindacati nel primo giorno di sciopero con una adesione dell’80% (numeri simili anche nelle giornate successive) obbligando ad un’attività minima con il fermo pressoché totale dei camion e l’ingresso per lo più solo di quadri e lavoratori temporanei assunti tramite le agenzie di lavoro interinale. Questo sciopero, sulla scia di quello del 21 e 22 marzo scorso che aveva avuto una partecipazione del 98% dei lavoratori, riguarda i tagli salariali e il peggioramento delle condizioni di lavoro che vengono introdotti con l’applicazione del nuovo contratto per i circa 2.000 lavoratori del centro di Madrid. Al precedente sciopero sono seguiti un centinaio di licenziamenti e 3 mesi di negoziazione senza esito rivendicando tra le altre un aumento salariale dell’1.5% in più rispetto l’inflazione rispetto all’1.1% senza contare l’inflazione offerto dall’azienda. I sindacati parlano di “successo” nonostante la divisione imposta dal padrone e la repressione poliziesca.

Fuori dallo stabilimento numerosi lavoratori e solidali hanno mantenuto i picchetti per rafforzare la partecipazione e l’incisione dello sciopero contro cui l’azienda è stata costretta a spostare nei giorni precedenti numerosa merce in altri centri (per lo più a Barcellona e in Francia) per ridurre l’impatto della protesta. Ma oltre questo, e l’uso di centinaia di “crumiri”, Amazon ha potuto contare sull’intervento della polizia spagnola che ha attaccato violentemente, nella seconda giornata di sciopero, il picchetto e presidio operaio arrestando 3 lavoratori tra cui il compagno Hugo Carrasco, responsabile organizzazione di Madrid del Partito Comunista dei Popoli di Spagna (PCPE), rilasciato in serata insieme agli altri fermati con l’accusa di “attentato all’autorità e disobbedienza”. Nello scontro un lavoratore è stato ferito. Il PCPE, membro della Iniziativa Comunista Europea, presente a sostegno dello sciopero chiamando a rafforzare la lotta e alla sua estensione negli altri centri Amazon del paese e del mondo, ha rilasciato un comunicato nel quale ha evidenziato come «queste detenzioni, insieme alle cariche poliziesche contro i picchetti di sciopero, sono una dimostrazione del grado di violenza che le forze di repressione statali sono capaci di esercitare contro i lavoratori e lavoratrici in un momento di massimo conflitto con il padrone», denunciando infine «il ruolo della Delegazione del Governo a Madrid, oggi occupata dalla socialdemocrazia (PSOE), che non si fa scrupoli a reprimere le mobilitazioni operaie e a difendere gli interessi dei grandi monopoli come Amazon».

Dall’inizio dello sciopero, gli agenti della Polizia Nazionale hanno presidiato lo stabilimento agendo come veri gendarmi dell’impresa contro i lavoratori e il loro diritto di sciopero cercando di impedire i picchetti informativi. L’attacco è avvenuto durante il cambio turno delle 14, con l’arrivo di agenti antisommossa delle Unità d’Intervento (UIP), che hanno caricato contro gli scioperanti e le persone solidali che erano presenti.

Ma oltre la repressione poliziesca, la seconda giornata di sciopero è coincisa però anche con azioni di lotta e di sciopero in Germania e Polonia contro la precarietà lavorativa e i bassi salari, un marchio di fabbrica del gigante del commercio elettronico come sanno anche i lavoratori italiani. In Germania, secondo mercato nazionale dopo gli USA, lo sciopero ha riguardato 7 dei 10 magazzini (i due di Bad Hersfeld, Graben, Leipzig, Rheinberg, Werne e Koblenz,) con la mobilitazione continuata anche mercoledì a Lipsia con la richiesta principale della firma del contratto collettivo per i circa 25.000 dipendenti tedeschi di Amazon. Una risposta di solidarietà internazionale e una estensione della lotta contro la precarietà delle condizioni lavorative, bassi salari e estese giornate di lavoro con il quale vengono sfruttati gli operai Amazon in tutti i paesi per ingrossare il conto dei suoi azionisti, su tutti Jeff Bezos divenuto proprio in questi giorni l’uomo più ricco della storia moderna secondo Bloomberg Billionaires con un patrimonio netto di 150 miliardi di dollari superando Bill Gates.

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