Colombia, Stato e paramilitari continuano ad uccidere membri delle FARC e leader sociali

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Colombia, Stato e paramilitari continuano ad uccidere membri delle FARC e leader sociali

Continuano le uccisioni di dirigenti e membri delle FARC-EP (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia – Esercito del Popolo), nonostante l’accordo di cessate il fuoco firmato a giugno dello scorso anno e l’inizio dell’implementazione del processo di pace a seguito di 4 anni di negoziati.

Pochi giorni fa, due uomini armati a bordo di una moto hanno sparato a sangue freddo, uccidendolo, a Brutney Alfonso Avila Snak, noto anche come “Chonchon”, nel centro di Puerto Jordán, una zona demilitarizzata del dipartimento di Arauca, nel nord-est del paese. L’omicidio di Avila segue di pochi giorni quello di un altro ex ribelle delle FARC, Jesus Adan Mazo, noto come “Molina”, capo della milizia del Fronte 18, ucciso nel dipartimento di Antioquia. In tutto sono stati quattro gli assassini politici in meno di una settimana, portando a 18 il numero di ex combattenti della guerriglia comunista e loro familiari uccisi dalla firma dell’accordo di pace, mentre ancora oltre 1.500 guerriglieri si trovano nelle carceri non ricevendo l’amnistia come previsto dagli accordi e che da mesi stanno protestando con lo sciopero della fame.

I membri delle FARC hanno costantemente richiesto che il governo si impegnasse per smantellare il paramilitarismo nel paese, affermando che la sua violenza continua a rappresentare la più grande minaccia per il processo di pace. Ma il governo ha fatto ben poco per frenare tale violenza, come dimostrano i rapporti. Sono infatti più di 120 gli attivisti sociali assassinati da dicembre che evidenziano la sistematicità della presenza e attività assassina dei paramilitari nel paese guidato dal presidente Manuel Santos che, mentre mantiene lo stato di persecuzione, repressione e terrorismo, e continua a tenere migliaia di prigionieri politici detenuti in violazione degli accordi, implementa con Trump minacce e meccanismi che preparano l’aggressione al Venezuela adducendo ipocritamente a preoccupazioni “democratiche” e “umanitarie”.

In un recente comunicato, le FARC hanno denunciato il fatto che, mentre l’organizzazione è in conformità con l’accordo firmato a L’Avana, «lo Stato viola costantemente e nega l’esistenza di organizzazioni paramilitari che uccidono non solo i membri delle FARC e i loro familiari, ma anche difensori dei diritti umani, leader delle lotte sociali e, in generale, dell’opposizione». A dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, che non è cambiato per nulla il carattere dello Stato né il modello socio-economico e politico colombiano contro cui l’ex guerriglia, che per 53 anni ha tenuto alte le bandiere del socialismo in America Latina, ha combattuto instancabilmente per i diritti democratici e sociali della classe operaia, dei contadini poveri, dei giovani e delle donne, per una pace con giustizia sociale che appare ancora lontana, confermando dubbi e preoccupazioni sul processo di pace e sui tentativi del governo di sfruttarlo per intensificare l’attacco al movimento popolare.

L’Esercito popolare comunista costituiva uno strumento di protezione e autodifesa fondamentale per il congiunto del movimento operaio-contadino e popolare colombiano contro la violenza e repressione esercitata nelle aree più povere e rurali da parte dello Stato borghese colombiano che, col supporto dell’imperialismo americano e l’uso delle bande paramilitari e del più potente e numeroso esercito dell’America Latina, impone ancora oggi col sangue e col fuoco gli interessi dell’oligarchia che controlla i principali partiti politici (Liberali e Conservatori) del paese.

L’attuazione degli Accordi del processo di pace hanno portato al disarmo della guerriglia completato lo scorso fine giugno e la trasformazione dell’organizzazione in partito legale che prenderà il nome di Forza Alternativa Rivoluzionaria del Comune – conservando così la stessa sigla FARC – e il cui Congresso costitutivo sarà celebrato il prossimo 27 – 31 agosto a Bogotá, nel quale sarà presentato il progetto politico e il carattere del nuovo partito. «Non vogliamo rompere i legami col nostro passato. Siamo stati e continueremo ad esser una organizzazione rivoluzionaria. Vogliamo esser la voce degli esclusi, dei senza voce, di coloro che vivono nella miseria, la voce della gente onesta e buona della Colombia», ha dichiarato Ivan Marquez, membro della Segreteria dell’organizzazione dell’ex guerriglia, la più longeva dell’America Latina, che si appresta così a perseguire un cambio di tattica e forme nella lotta di classe, proponendo per le elezioni del 2018 la formazione di un «Governo di transizione di ampia convergenza e di grande coalizione democratica e popolare» che presumibilmente dovrebbe esser in grado di «dare risposta politica efficace ai problemi più sentiti dalla popolazione».

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