«Da comunista vi spiego perché la Corea vuole la pace».

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«Da comunista vi spiego perché la Corea vuole la pace».

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Il tema della Corea è nuovamente rimbalzato nei titoli di testa dei maggiori quotidiani del mondo. Ancora una volta si parla di “minaccia coreana” con una vera e propria campagna mediatica di terrore sulle reali intenzioni della Corea. Recentemente il quotidiano La Repubblica, con un articolo a firma di Matteo Pucciarelli, ha parlato della candidatura del Partito Comunista alle elezioni 2018 come della candidatura dei “coreani”, seguito da due articoli di Libero e del Secolo d’Italia. Per questa ragioni abbiamo intervistato il segretario del Partito Comunista, Marco Rizzo, per un suo giudizio sulla questione coreana e per rispondere sui rapporti tra il PC e la Corea.

Rizzo, da tempo la Corea del Nord è al centro dell’attenzione internazionale per la questione del nucleare. In questi giorni si torna a parlare di Corea per il messaggio di capodanno del suo presidente. Quale è il vostro giudizio?

Il discorso di capodanno di Kim Jong Un contiene un importante messaggio di distensione verso la Corea del Sud. Sono parole che pesano realmente nel processo di pace, molto più dei roboanti e aggressivi tweet di Trump. Da comunista non posso che dare un apprezzamento. Al contrario di quello che dicono stampa e televisioni la Corea non è una minaccia per la pace, anzi vuole la pace. Le minacce sono chiaramente altre. Mi preoccupa molto di più che le abbia Trump le armi nucleari.

Però nel mondo la visione dominante sulla politica coreana è quella di un paese guidato da un folle armato che costituisce una seria minaccia internazionale…

Si tratta di una visione indotta da un’enorme distorsione mediatica. La stampa mondiale non è certo libera, a differenza di quanto vogliano farci credere. I grandi sistemi di comunicazione sono di proprietà di società che fanno capo ai più grandi miliardari del mondo, e singolarmente agli uomini più ricchi dei diversi paesi. Sono strumenti che compartecipano agli interessi imperialistici, li difendono e li propagano tra la popolazione. Poi i titoloni da giornali scandalistici sulla Corea fanno vendere copie, aumentare visualizzazioni di articoli on line. Più la spari grossa, più prendi di pubblicità, perché aumenti i clic. È una continua fake news che viene dai canali di stampa principali. L’informazione non c’entra niente, è solo un gioco di interessi.

Oggi la Corea ha la bomba atomica. In molti, anche a sinistra, criticano il Partito Comunista sostenendo che la legittimazione delle armi nucleari è contro la nostra storia.

Il movimento comunista ha sempre lottato per la progressiva denuclearizzazione a condizione di reciprocità. Il resto è pacifismo utopistico, che non guarda alla realtà degli antagonismi di classe. Da comunista vorrei un mondo senza armi di distruzione di massa, comprese quelle atomiche, ma nel sistema capitalistico è pura utopia. Dovrebbero essere tutti i Paesi a rinunciare al nucleare, in primis quelli che detengono maggiori arsenali, o come gli Stati Uniti che sono gli unici peraltro ad avere utilizzato l’arma atomica per ben due volte. Non accadrà mai e quindi, sarà pure opinabile, ma la scelta coreana è legittima. I paesi dell’ONU che stabiliscono le sanzioni sono gli stessi che hanno arsenali nucleari. Quante guerre hanno fatto gli USA, sotto presidenti democratici e repubblicani, e quante ne ha fatte la Corea del Nord? I primi a introdurre armi nucleari nella penisola coreana sono stati gli americani nel sud. Chiedere alla Corea di rinunciare al nucleare senza nessuna disponibilità ad un processo di disarmo a condizione di reciprocità sarebbe pretendere un disarmo unilaterale. Un po’ come aprire le frontiere e dire: “Prego invadeteci pure, passate di qui!”

Quindi non è preoccupato del pulsante nucleare sulla scrivania di Kim?

Ogni discorso di Kim Jong Un viene volutamente travisato. Se si dice: “In caso di aggressione nucleare da parte americana noi siamo pronti ad attaccare gli USA per difenderci” ma poi si riporta solo “siamo pronti ad attaccare gli USA” il senso cambia radicalmente. Si produce quell’effetto di terrore che non corrisponde alla realtà, ma serve a giustificare gli interessi imperialisti. La Corea si è impegnata a possedere l’arma nucleare solo a fine di deterrenza, tanti altri paesi non hanno mai sottoscritto lo stesso impegno. Gli USA non hanno mai sottoscritto il trattato voluto dall’URSS sul “No First Use” e i loro strateghi militari sostengono la necessità di utilizzare la bomba atomica per primi in caso di conflitto con paesi dotati di arma nucleare. Questa è la vera minaccia per la pace. Sono più preoccupato del sostegno dato dagli americani a gruppi terroristici, o della presenza sul suolo italiano di armi nucleari; del fatto che l’Italia vende armi e fa accordi con i sauditi, che sono i principali sponsor del terrorismo islamico, o del perché mandiamo truppe italiane in Niger. Ma di questo non se ne deve parlare sulla stampa. Come si parla poco delle vere ragioni di questa ricerca di conflitto in Asia, che serve a giustificare la corsa agli armamenti del Giappone, inasprire la tensione con Russia e Cina, e legittimare la massiccia presenza militare americana a migliaia di chilometri dalle sue coste.

Recentemente Repubblica, Libero e il Secolo d’Italia hanno duramente attaccato il Partito, definendo la candidatura dei comunisti alle elezioni 2018, come la candidatura dei “coreani”.

Al posto di parlare delle proposte dei comunisti sulla legge per il salario minimo, o dei provvedimenti sulla casa, della tassazione degli utili delle multinazionali del web, del contrasto alle delocalizzazioni, cercano di metterci in ridicolo e parlare di noi solo quando si parla di Corea. Voglio essere estremamente chiaro sul punto. Si può essere o meno d’accordo su molti aspetti che riguardano la Corea. Noi condividiamo tutto? No. Esistono fattori culturali, politici su cui esistono chiare divergenze di vedute non trascurabili. Il socialismo in Italia non avrebbe le stesse caratteristiche del socialismo coreano a partire dagli strumenti di selezione della leadership. Potrei parlare a lungo di cosa condividiamo e di cosa no, di cosa comprendiamo per il contesto di guerra e isolamento e di cosa no. Potrei parlare dei parallelismi culturali tra le due Coree, che si riflettono a livello politico molto di più di quello che si pensi, anche nella differenza di sistemi sociali. Sarebbe discorso lungo, ma definirci coreani è semplicemente fuori dal mondo. Siamo marxisti-leninisti, siamo antimperialisti il nostro giudizio si basa sui fatti reali, non sulle acconciature di capelli di un presidente. Sulla Corea ci limitiamo a dire semplicemente delle ovvietà, a mettere in luce vari aspetti, a fare critiche obiettive e non unilaterali. Ma oggi anche dire cose ovvie ha assunto carattere rivoluzionario.

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