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Cosa succede in Cina con gli uygur?

Immagine un manifesto cinese a favore della cultura uiguri contro il radicalismo.

di Lenny Bottai

 

Sarà un lungo post, ma che ritengono fondamentale per fare chiarezza su di una questione che sta diventando ormai quotidiana. Ringrazio gli amici, alcuni cinesi, che mi hanno aiutato alla stesura passandomi link che ho tradotto.

 

Con effetto domino la questione degli uygur sta salendo alla ribalta delle cronache occidentali. Servizi tv, radio, giornali, web… quindi entra anche in molte discussioni social (addirittura su Cartoni Morti che fa un parallelo con la Shoah, che da oggi personalmente forse casserò di seguire…).

Perché? ovviamente gli interessi strategici geopolitici della nazione imperante nel mondo (USA) che attraverso la NATO imperversa e condiziona tutti e tutto, esattamente come ha operato in Jugoslavia prima e in Siria poi, favorisce appositamente e sistematicamente la creazione di una “minoranza perseguitata” per poter poi spingere un ennesimo episodio di “esportazione della democrazia” (con i DEM al comando è un classico, difatti Biden ha già annunciato una ripresa della centralità di questo ruolo degli USA nel mondo). Si chiama, non a caso, “balcanizzazione” di un paese, operazione che hanno inventato loro.

Non si nascondono mai del resto. Giusto l’altro ieri avevo pubblicato della notizia dell’esercitazione militare “noble fury” volta a simulare un attacco alla Cina, come nulla fosse, quando avvenisse il contrario non si parlerebbe di altro.

La Cina invece non minaccia militarmente nessuno, e lo dichiara per voce di Xi di non voler andare oltre i suoi confini, ma siccome attraverso lo stesso modello scelto (il mercato) usato per debellare la fame, ora sta mettendo in difficoltà le superpotenze, tanto basta per reputarla il nemico numero uno del momento.

Quindi cosa di meglio in caso di una tensione tra le 56 minoranze etniche che la compongono, e di una quinta colonna in quel paese? e cosa di meglio per far questo di una fazione islamista fondamentalista pronta a tutto come appunto avvenuto in Siria ed in altri paesi?

Se poi gli uygur vengono avvistati anche in Siria (come già pubblicato) ad addestrarsi e gemellarsi con i tagliagole locali che combattono contro lo stato laico, state tranquilli che 1+1 fa sempre 2.

 

Iniziamo col dire che le politiche cinesi nei confronti dei gruppi etnici sono assolutamente volte al rispetto e alla conservazione di queste, qualora, ovviamente, siano funzionali all’unità della Cina e del controllo del PCC. Basti pensare che durante il periodo – ad oggi finito – di controllo demografico, gli unici ad avere il benestare per poter fare liberamente più figli erano proprio i rappresentanti delle minoranze etniche. Non solo, le regioni autonome, proprio come le Xinjiang, debbono essere per legge governate da appartenenti al medesimo gruppo etnico dominante. In Cina quindi non vige nessun tipo di pregiudizio per queste o per le religioni che esse abbracciano. Ad esempio si possono trovare numerose moschee, come chiese ed altre religioni. Il problema sorge con colonne di separatisti e fondamentalisti islamici, i quali operano con azioni di terrorismo al pari di quelle che abbiamo visto in Europa, ed è così che la narrazione fasulla che arriva qui ha un chiaro significato, prodotto da una verità artefatta volta ad influenzare le masse (alcuni episodi e dati che riporto difatti non ve li avranno mai raccontati).

 

La questione delle violenze sulla popolazione uygur nello Xinjiang è stata portata due volte perfino al consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, dove però, non bastando un servizio de “le iene” composto ad hoc per lobotomizzare il pubblico che non ha altre notizie, è stata bocciata per ben due volte una lettera di condanna rispettivamente con 22 e 27 voti a favore schiacciati da 46 e 50 contro. Tra le nazioni che hanno votato contro, indicativo, alcune realtà a maggioranza islamica, che tuttavia hanno avuto a che fare con fenomeni di terrorismo e capiscono bene la differenza, tra cui Iraq, Palestina, Pakistan e Nigeria.

Quindi cosa c’è dietro a questo boom della questione uygur?

La storia inizia anni fa, negli anni 90 già leader uygur fondarono in Germania un congresso nazionale, poi passarono in Afghanistan, Turchia (tappa che non manca mai) e finirono negli Stati Uniti per fondare Radio Free Asia (nota emittente al soldo atlantista che ha il fine di destabilizzare i paesi asiatici). Personaggi di questo gruppo sono passati perfino da Guantanmo in qualità di “linguisti”, altri invece hanno addirittura combattuto l’URSS fino alla sua dissoluzione lavorando nelle regioni del Turkistan con forte componente islamica. Contestualmente (e diremmo “casualmente”) negli USA nacque un’associazione di difesa dei diritti umani uygur (loro che sono campioni dei diritti altrui…). Ovviamente attraverso questi meccanismi ed ONG sono piovuti soldi, come sempre si fa nelle occasioni “umanitarie” con scopo geopolitico.

Mentre in Europa viviamo convinti (da buoni eurocentrici) che il problema terrorismo è solo da noi, nel frattempo in Cina si sono verificati i seguenti episodi, puntualmente dimenticati dai nostri mezzi di informazione:

 

– Una rivolta nel luglio 2009 con 197 morti e 1700 feriti. Le indagini confermarono che queste furono animate da entità straniere, utilizzando alcuni di questi rivoltosi Facebook per comunicare il governo fece esplicita richiesta dei tracciamenti e, dopo la negazione di concedere informazioni, si procedette all’estromissione del social dal territorio cinese (ah, ma i cinesi non possono usare faisbukkk… democraziah!).

– Un attacco a Tiananmen nell’ottobre del 2013 con 5 morti e 40 feriti. Un leader guida una jeep e la incendia dirigendola sulla folla con tanto di bandiera jihadista al seguito.

– Un attacco alla stazione ferroviaria di Kunming nel marzo 2014, con 31 morti e 141 feriti. Un gruppo di militanti separatisti del Turkestan iniziano ad accoltellare le persone a caso.

– Un attentato nel maggio del 2014 con 39 morti e 94 feriti, due auto in un mercato affollato e lanciano esplosivi verso gli edifici circostanti.

– Un assassinio di un imam praticante di Id Kah nel 2015, la più grande moschea della Cina (dove la religione è scelta libera), nonché deputato del Congresso nazionale del popolo e vicepresidente dell’Associazione islamica cinese.

– Un attentato all’ambasciata cinese in Kirghistan nel 2016.

 

Da questi episodi, per voce del 12° Comitato Permanente del Congresso del Popolo della Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang, si approva i regolamenti di deradicalizzazione che mirano a debellare, appunto, il fanatismo religioso, e non l’islamismo, abbracciato non solo da molti cinesi, ma anche da rappresentanti delle stesse comunità, molti dei quali ben noti sportivi, artisti e politici del paese. Addirittura la comunità autonoma islamica dello Xinjiang si è espressa nominando l’assoluta libertà di culto che viene garantita in Cina (http://english.ts.cn/system/2020/11/03/036488725.shtml).

 

Nel 2017 contestualmente al fatto che Trump incrementa le accuse verso la Cina per ragioni economiche, è stata sollevata ancor più insistentemente la questione diritti umani degli uygur, come se la questione fosse etnica, seppur dal 2015, come da consuetudine cinese, la regione autonoma dello Xinjiang è guidata, come detto, da un quadro del PCC di nazionalità uygur (come il vicesegretario del partito). Sempre nello stesso anno l’ambasciatore siriano in Cina rivela che 5000 uigur sono registrati in Siria a combattere per il fronte islamico.

Nel maggio 2018 Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, Office of International Religious Freedom, pubblica il Rapporto 2017 sulla libertà religiosa internazionale. Si passa da qui dalla dichiarazione di radio Free Asia di 120.000 mila detenuti, divenuti poi 890.000, fino ad una escalation di un milione ed un picco di tre ed addirittura otto milioni di deportati (avete presente le foibe o i gulag?). Anche se i media occidentali hanno parlato di campi “segreti” di detenzione, in realtà sono sempre stati dichiarati dal governo quelli di detenzione.

 

english.ts.cn

A Report on Freedom of Religious Belief in Xinjiang-TIANSHANNET-天山网

Recently, some anti-China forces from the US and Western countries have been wantonly spreading fallacies like Xinjiang restricts freedom of religious…

 

Trump ha firmato personalmente la carta dei diritti uygur mentre lo Washington post ha parlato in un articolo di “genoicidio in corso”. Intanto nello Xinjiang sono state invitate diverse delegazioni diplomatiche di paesi tra le quali Giappone, Kazakistan, Russia e India, ed è stato richiesta anche una delegazione dell’Unione Europea, la quale però ha rifiutato l’invito. Delegazioni di giornalisti invece sono arrivate anche da Italia e Stati Uniti. Perfino la Banca Mondiale ha dichiarato che la sua delegazione, in visita nello Xinjiang, non ha rilevato nessuna aberrazione di diritti umani.

Lo Xinjiang inoltre, si ricorda che nel 2019 ha ricevuto circa 200 milioni di turisti, regione dove peraltro, grazie al programma economico cinese, il tasso di povertà è passato dal 19,4% del 2013 all’1,24% attuale.

Nel luglio del 2020 gli USA hanno imposto sanzioni globali al Corpo di produzione e costruzione dello Xinjiang per accuse di collegamento ad abusi dei diritti umani contro le minoranze nello Xinjiang.

Il 9 settembre del 2020 il dipartimento di stato USA ha creato una pagina per «propagandare le atrocità del “PCC” nello Xinjiang, oltre a pubblicare un video di condanna» (http://youtu.be/i30uOWbkb44).

Una serie di foto e di video documentati con link, che sono stati dimostrati falsi, sono stati utilizzati per narrare deportazioni e prigionie perpetrate sugli uygur in Cina: un trasferimento di routine di prigionieri in quella che sembra essere la prefettura autonoma mongola di Bayingolin; un trasporto di criminali da Shanghai a Taiyuan da parte della polizia di Taiyuan; una foto di archivio di una fabbrica cilena di scarpe del 2010 pubblicata già da Getty Images (https://www.gettyimages.it/detail/foto/people-working-in-a-shoe-factory-immagine-royalty-free/82659764); diversi video di denuncia di violenze cinesi su prigionieri uygur (http://grainoftruth.ca/chinese-police-beat-up-muslim-uighur-for-hiding-quran-at-home/) provenienti da Taiwan e Indonesia (https://factcheck.afp.com/no-not-video-chinese-soldier-beating-uighur-muslim-having-copy-koran).

 

Con questi ed altri dati la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti il 3 dicembre ha approvato la carta umana dei diritti Uygur che richiede all’amministrazione Donald Trump di imporre sanzioni contro la Cina per le accuse secondo cui Pechino ha arrestato milioni di uiguri a maggioranza musulmana nella regione occidentale dello Xinjiang.

 

Queste sono solo alcune delle cose più eclatanti che dimostrano una chiara volontà di operare una balcanizzazione della Cina utilizzando quelli che in Cina sono nemici, non perché uygur oppure musulmani, ma bensì terroristi (come raccontato in questi servizi (https://youtu.be/fuj5yUNW7rg).

 

Lo Xinjiang è una regione strategica perché collega la Cina con una rotta terrestre al mercato interno asiatico. Un interessante rapporto datato sull’allora situazione nello Xinjiang, fu scritto da un ex vicepresidente del Consiglio nazionale dell’intelligence e capo stazione della CIA a Kabul.

Qui si tenta di usare il radicalismo religioso per destabilizzare un’area dove non c’è nessun problema etnico o religioso, a testimonianza diversi video della perfetta integrazione operata in centri educativi studenti di religione islamica (https://www.youtube.com/watch?v=ZI2HEpCd3PA).

 

La stessa Costituzione della Repubblica popolare cinese stabilisce: «Tutti i gruppi etnici nella Repubblica popolare cinese sono uguali. Lo stato protegge i diritti e gli interessi legali delle minoranze etniche e sostiene e sviluppa un rapporto di uguaglianza, unità e mutua assistenza tra tutti i gruppi etnici cinesi. La discriminazione e l’oppressione di qualsiasi gruppo etnico sono proibite».

 

Il quadro composto racconta una realtà assai diversa da quella propinata dai media, notoriamente inquinata dall’imperialismo.

Grazie per l’attenzione.

 

 

 

The Brief: Xinjiang, China: Where the CCP Uses Forced Labor on the Uyghur Community

Spokesperson Ortagus: No one should be forced to work against their will. Yet, the CCP detains, indoctrinates, and forces Uyghurs and members of relig…

 

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