Il giorno della Vittoria a Minsk

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Il giorno della Vittoria a Minsk

Diario di viaggio di un compagno alla ricerca di (un po’ di) verità

di Pasquale Belmonte

 

E’ una domenica pomeriggio come tante, qualche birra al pub di un compagno, un po’ di musica ska in sottofondo, con la mente lontana dal lavoro e da quei martellanti notiziari sempre pronti a sindacare su quanto sia disumana la Russia e quanto sarebbe giusto e opportuno estendere i confini dell’alleanza atlantica a tanti Stati “bisognosi” di protezione.

Ordino al bancone l’ennesima pinta e I. mi dice: “stiamo organizzando una spedizione militante in Bielorussia, perché non ti unisci?”.

Così comincia questa storia, così ha inizio la mia avventura nella Brigata Internazionale Nikolaj Gastello.

Ma andiamo con ordine. I compagni di Patria Socialista, insieme al Comitato di Solidarietà alla Bielorussia, hanno deciso di mettere in piedi un gruppo di persone, accomunate dall’idea militante che laddove c’è una Patria minacciata dall’Imperialismo, lì è necessaria l’azione e la testimonianza dei Comunisti.

E così, 18 compagni, provenienti da varie esperienze della sinistra patriottica, di diverse parti della penisola, si sono ritrovati insieme, dal 7 al 10 maggio, per festeggiare con il glorioso Popolo bielorusso il Den’ Pobedy, la giornata della Vittoria.

Quando, per arrivare in Bielorussia non puoi volare su Minsk -aeroporto chiuso dall’Occidente ai voli internazionali da e verso i Paesi del blocco atlantico- ma ti ritrovi ad atterrare a Vilnius, dove le bandiere blu e gialle sovrastano il colorato tricolore nazionale lituano e, quando per arrivare nella bianca Minsk, devi percorrere oltre 200 km su una marshrutka (taxi collettivo di sovietica memoria), allora lì capisci che quello che finora ti hanno raccontato nei tuoi telegiornali è una menzogna, o quanto meno il dubbio ti viene. C’è chi assedia, emargina, isola e criminalizza, e c’è chi resiste. Noi siamo lì per quello.

La nostra spedizione scopre, si meraviglia, apprende e approfondisce grazie all’accoglienza riservataci dal Partito Comunista di Bielorussia che, dopo averci invitato nel Paese, ci accompagna durante tutta la permanenza.

Quattro sono i momenti fondamentali che quando rientri a casa, nella “tua” Unione Europea dove internet certamente funziona meglio, non puoi fare a meno di appuntarti, di raccontare agli amici, di mantenerne memoria: Katyn’, la festa della Bandiera, il giorno della Vittoria, il museo della Grande Guerra Patriottica.

 

Katyn’

Katyn’, villaggio raso al suolo dai nazisti nel 1943. Uno dei tanti, purtroppo, in un Paese che ha visto un terzo dei suoi figli cadere durante la Grande Guerra Patriottica.

Katyn’ non è un museo, Katyn’ non è un cimitero, Katyn’ è l’essenza, è il modo di essere e il modo di sentire del Popolo bielorusso, della Patria bielorussa. Quando entri in questo luogo/non luogo, capisci subito che un Popolo senza memoria semplicemente non è, per questo i bielorussi non solo la rispettano la memoria, ma la rendono viva e parte fondante del loro sentirsi Nazione.

Entriamo a Katyn’, in una parte dell’enorme campo verde vediamo dei lavori in corso, ci spiegano che il tutto fa parte proprio di come è stato concepito il polo museale. Bisogna rinnovare, creare spazi nuovi, installazioni, in modo ricorrente, perché la memoria, se non alimentata, rinverdita, diventa solo ricordo e non dà prospettive future.

 

Festa della Bandiera

E’ già l’8 maggio, festa della Bandiera nazionale. Famiglie, bambini, giovani in numero superiore rispetto agli anziani -in un Paese che in occidente definiamo “l’ultima dittatura d’Europa”, ma che registra un tasso di disoccupazione inferiore al 2% e una percentuale di alfabetizzazione del 99,8%-  si riversano in piazza, per ascoltare il discorso del “satrapo” Lukashenko.

Due sono le cose fondamentali che Lukashenko ricorda al suo Popolo. La prima è la “nezavisimost’’”, l’indipendenza, la volontà da parte della Bielorussia di mantenere la propria libertà dalle interferenze straniere. Preservare il proprio modo di essere Stato democratico e partecipativo, difendere la propria scelta di modello di sviluppo, la via bielorussa al Socialismo, fatta di concorrenza, dinamismo ed estro individuale, all’interno di un percorso condiviso di crescita economica, sociale e culturale collettiva.

La seconda è che finché il Presidente sarà responsabile del suo mandato, la Bandiera nazionale sarà sempre quella che ricorda il sacrificio dei propri martiri nella guerra contro la bestia nazista, simbolo dello Stato, simbolo di libertà. Non potrà esserci spazio alcuno per i disonorevoli vessilli dei collaborazionisti, tirati fuori al bisogno dalle potenze che non riescono a concepire che possa esistere un mondo multipolare, dove ogni Popolo può e deve essere artefice del proprio destino e del proprio sviluppo, all’interno di uno scacchiere internazionale dove si sia liberi di scegliere quando e con chi rapportarsi, senza agende dettate dall’esterno.

 

Giorno della Vittoria

Siamo al 9 maggio, il giorno della Vittoria, le campane delle cupole a cipolla delle chiese ortodosse della città suonano a festa. Non esiste Stato contro la Chiesa, non esiste Chiesa contro lo Stato. Esiste la Bielorussia, esiste il Socialismo, con il suo Popolo e le sue Tradizioni, parti integranti del modo di essere bielorussi.

A Minsk -città che vogliamo ricordare essere stata sede delle trattative di pace tra il governo ucraino, il martoriato Donbass e gli altri attori internazionali- non sfilano carri armati, artiglieria pesante e testate nucleari.

Il silenzio sacro della piazza in mistica attesa, viene spezzato dall’ “Urrà” del Reggimento Immortale. Una voce scadenzata, marziale, quasi liturgica, in una sorta di litania laica che abbraccia i caduti sovietici nella Grande Guerra Patriottica e il Popolo lavoratore di oggi, in marcia insieme verso il Sol dell’avvenire, nel solco della responsabilità di essere stati coloro che hanno combattuto e sconfitto il nazismo in Europa. Consci che il proprio destino potrebbe essere quello di doverlo fare ancora una volta, qualora la storia dovesse chiederglielo nuovamente.

Il Popolo sovietico è stato visceralmente antifascista, il Popolo bielorusso continua ad esserlo nel profondo, tutti i figli della slava Madre-Patria lo saranno, portando con gioia il peso di questa gloriosa eredità, nonostante l’artificio del divide et impera messo in atto dall’Occidente per separare Popoli fratelli, compagni. Questo i bielorussi lo hanno capito bene, e il rappresentante del loro Popolo non manca di ricordarlo alla Nazione tutta, radunata in piazza il 9 maggio.

 

Museo della Grande Guerra Patriottica

Prima di ripartire, la Brigata Nikolaj Gastello (intitolata all’eroe sovietico che in giovane età scelse, esaurite le munizioni, il sacrificio estremo di sé stesso pur di abbattere una colonna nemica) non può non visitare il museo della Grande Guerra Patriottica. Polo museale che si innesta alla tangente del bellissimo Parco della Vittoria, un po’ l’equivalente della nostra Villa Borghese per intenderci, ma qui la storia della Patria è il sangue vivo dell’odierno Stato a trazione socialista, non sono impolverati bronzei busti di un Risorgimento sbiadito che nel vedere la salute (materiale e spirituale) del nostro Paese griderebbe vendetta.

All’ingresso l’addetta mi controlla il biglietto, “prokhodite pozhalujsta, isuchajte”. Non mi indica solo l’inizio del percorso, ma aggiunge “istruitevi”.

E’ così, laddove lo Stato ha la responsabilità della crescita materiale ed intangibile delle proprie persone, è lì che anche un momento di svago, un luogo di cultura, diventa motivo di progresso ed emancipazione, individuale e collettiva.

Anche in queste cose sta la differenza tra l’Occidente, un impero opulento ma agonizzante, militarista, arrogante, atomizzato e atomizzante… e le Patrie. Quegli Stati in cui il destino e il benessere di ogni singolo sono interesse della comunità tutta.

 

 

Torni dalla Bielorussia arricchito. Non si tratta di tifoserie, Russia vs Ucraina, Occidente vs Oriente, siamo tutti vittima della macchina trita Popoli imperialista.

Si tratta di chi vuole imporre un mondo con un unico centro di potere e chi vuole mantenere la propria sovranità ed indipendenza, nel rispetto della propria storia.

Di chi vuole esportare valori e modelli socio-economici e chi vuole preservare la propria identità e libertà.

Di chi vuole sfruttare risorse per ingrassare le tasche dei gruppi di interesse che dettano le agende degli Stati e chi vuole provare a destinare i benefici derivanti da queste risorse al Popolo che realmente produce la ricchezza.

Sono due visione del mondo, c’è l’impero che avanza e ci sono le Patrie che resistono. Questa è la resistenza della Bielorussia, e come la sua, quella di tanti altri Popoli e Nazioni, una resistenza antimperialista e popolare, internazionalista e patriottica.

 

Noi stiamo con le Patrie, a presto cara Bielorussia!

 

 

 

 

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