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Infrastrutture e “quistione” meridionale

Una delle cause del sottosviluppo del Mezzogiorno è sempre stata attribuita al ritardo che le infrastrutture meridionali hanno rispetto al resto del Paese.

Dell’enorme farsa del Ponte di Messina abbiamo già parlato (vedi) e non abbiamo nessuna voglia di tornarci e tediare ancora il lettore discutendo di queste favole.

Recentemente un report  [1] della Banca d’Italia ha presentato alcuni dati, di cui riportiamo un grafico riguardante l’accessibilità alle infrastrutture ferroviarie, che tiene conto della popolazione, dei costi e delle distanze.

Indici di dotazione di infrastrutture di trasporto ferroviario

Col nuovo PNRR si prevedono interventi per cui, si dice, che la maggior parte dei fondi per l’Alta Velocità sarà destinata al Sud. Il documento che illustra il piano commerciale RFT annuncia trionfalisticamente: «altri dodici milioni di residenti nella rete dell’Alta velocità grazie all’arrivo dei nuovi treni veloci in nove province (Palermo, Messina, Catania, Reggio Calabria, Bari, Battipaglia, Brescia, Verona, Vicenza). Di questi 12 milioni, 9 sono al Sud e 3 al Nord.»

In particolare, gli interventi sulla rete ad Alta Velocità previsti nel Sud permetteranno di ridurre i tempi di percorrenza e di aumentare la capacità, come illustrato di seguito:

  • Palermo-Catania-Messina: saranno realizzate le tratte intermedie del progetto, al completamento del quale si otterrà una riduzione del tempo di percorrenza di oltre 60 minuti sulla tratta Palermo-Catania (231 km) rispetto alle attuali 3 ore: velocità media 115 km/h

  • Napoli-Bari (260 km): al completamento del progetto la tratta sarà percorribile in 2 ore, rispetto alle attuali 3 ore e 30 minuti; velocità media 130 km/h (progetto peraltro già finanziato negli esercizi degli anni precedenti)

  • Salerno-Reggio Calabria: al completamento dell’intero progetto, il tempo di percorrenza sarà ridotto di 80 minuti: 2h30’ per 421 km, velocità 168 km/h

Per confronto, Milano-Roma si impiega 3h10’ per 584 km: velocità 184 km/h

Parigi-Lione: 480 km in 1h58’: velocità 240 km/h

Ora i casi sono due: o il tempo scorre diversamente man mano che si va verso sud, oppure ci stanno prendendo in giro.

In ogni caso i 9 milioni di residenti del sud, chiamati in causa dal piano, sono meridionali ma non sono stupidi. Forse sono troppo rassegnati, ma cos’è l’Alta Velocità lo sanno e sanno che non è certo quella che viene qui sbandierata.

In ogni caso questi dati fanno crollare definitivamente la sceneggiata sulla necessità del Ponte che, a detta dei “pontisti”, dovrebbe essere il completamento dell’Alta Velocità da nord a sud. Al sud non c’è e non ci sarà nessuna Alta Velocità.

Il sud non ha bisogno dell’Alta Velocità né tanto meno del Ponte, ma non vuole essere ancora essere preso in giro. I meridionali non sono selvaggi che possono essere turlupinati con pietruzze di vetro spacciate per diamanti.

Il sud ha bisogno di investimenti seri, duraturi, stabili, di qualità, diffusi sul territorio e che restino sul territorio.

Primo. Non opere isolate, realizzate da società estranee al territorio e che poi riportano fuori i profitti realizzati nel Mezzogiorno.

Secondo. Opere che mettano fine alla devastazione del territorio e che lo ripaghino degli scempi compiuti in questi decenni. Bonifica di siti industriali avvelenati e poi dismessi, messa in sicurezza idrogeologica e forestale del territorio, adeguamento di tutta la viabilità stradale e ferroviaria interna e non solo quella principale, protezione del paesaggio e sviluppo di un turismo in armonia col territorio.

Terzo. Opere che inneschino sviluppo duraturo. Sanità, scuola, ricerca, università, giustizia. Il Sud è in credito da decenni col resto del Paese.

Solo così si potrà dare occupazione di qualità e stabile, rafforzando il ruolo dello Stato.

Lo spopolamento del Meridione, in particolare dei giovani laureati, è un dato drammatico, tipico di tutti i territori colonizzati, dall’Irlanda del diciottesimo secolo alle odierne regioni Orientali della Germania (ex DDR).

Il capitalismo italiano, e per la verità non solo quello, ha relegato il proprio sud a un mercato protetto, improduttivo, condannato al perpetuo sottosviluppo, sentina di ogni malaffare politico ed economico dove poter accumulare consensi a buon mercato.

È importante che la classe operaia del nord e tutti i lavoratori italiani si rendano conto che questa situazione va a svantaggio di tutti, non solo dei cittadini meridionali.

Un sud sottosviluppato impedirà sempre a tutta la Nazione di poter contrastare efficacemente lo strapotere delle classi dominanti, si porrà sempre come manodopera a buon mercato, soprattutto con lo sviluppo del lavoro a distanza, le risorse improduttive che verranno dirottate al sud, pagate coi soldi pubblici, verranno poi riassorbite dal grande capitale monopolistico e non andranno né a beneficio dei lavoratori del nord né di quelli del sud.

Solo una nuova società può risolvere questa “quistione”, come la chiamava Gramsci, che il nostro Paese si porta fin dall’Unità. Non è una disgrazia biblica, ma un preciso interesse del capitalismo italiano ed europeo tenere nel sottosviluppo interi pezzi di nazioni.

Per questo solo il socialismo, come ha dimostrato in quei paesi dove è andato al potere, può risolvere le diseguaglianze territoriali insieme a tutte le altre. Solo una società costruita dai lavoratori e per i lavoratori e non per il profitto di pochi.

 

[1] I divari infrastrutturali in Italia: una misurazione caso per caso di M. Bucci, E. Gennari, G. Ivaldi, G. Messina e L. Moller

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