Intervista con una delegata sindacale, ausiliaria nelle scuole

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Intervista con una delegata sindacale, ausiliaria nelle scuole

Siamo in provincia di Brescia e l’intervistata è una delegata sindacale che di mestiere è ausiliaria nelle scuole.

Lungi dagli alti livelli dei più noti, osserviamo come la situazione sia diversa, anche in una provincia nota per lavorare senza rimuginare troppo.

– Da quanti anni sei rappresentante sindacale?

Sono nove anni. Con la CGIL, nella quale sono rientrata, pur avendo continuato fuori la mia attività sindacale, dopo esserne stata espulsa perché aderente alla linea allora più radicale “il sindacato è un’altra cosa”.

– Perché hai preso la decisione di divenire rappresentante sindacale?

Furono le colleghe, le mie compagne di lavoro, a propormi e anche per questo per me è importantissimo rispettare le loro necessità. Che poi sono le nostre necessità.

– In questo momento particolare, molti lavoratori lamentano l’atteggiamento remissivo dei sindacati; secondo te non era possibile tutelarli meglio?

Si può sempre fare qualcosa di meglio. Per la questione dei diritti dei lavoratori si è visto che ci son stati momenti durissimi della storia passata in cui le condizioni lavorative miglioravano comunque. I problemi concreti nel rappresentare sindacalmente sono tantissimi, spesso sembra che certa politica li voglia aumentare. Ad esempio il mondo del lavoro è troppo frammentato, tanto che alcuni lavori son difficili anche solo da inquadrare sindacalmente, si pensi al fatto che il mio contratto, il contratto multiservizi, è lo stesso della mia categoria e degli addetti museali, ma anche dei facchini; questo è stato reso possibile da scelte politiche. Altro esempio consta nel fatto che moltissimi lavoratori si rivolgono al sindacato solo per questioni personali e mi spiego: una richiesta di aumento individuale di busta paga, che non è un’iniziativa di classe; è difficilissimo coinvolgerli in uno sciopero invece. Ma così facendo cosa si ottiene? nel migliore dei casi un aumento per qualche anno, cui segue comunque una diminuzione prima o poi.

– Cosa pensi abbia causato questo?

Questa cultura della competizione sicuramente ha un ruolo non secondario. Ci hanno messo tutti in competizione, e il risultato è che non si lavora come compagni; la conseguenza ovvia è che non si agisce come classe. Eppure confindustria agisce perfettamente coesa, e si vede che risultati ottiene anno dopo anno. Lo si vede anche in questi giorni no? Non andrebbe mai dimenticato che confindustria rappresenta una e una sola classe, in particolare gli interessi di questa classe. Si pensi anche alla marcia dei quarantamila a Torino, già quello fu un chiaro segnale; i colletti bianchi marciarono contro i lavoratori. Da lì il sindacato secondo me non si è più ripreso, degenerando di continuo. Ormai sembra di essere un’azienda di servizi. Ti faccio un esempio: se una mia collega subisse mobbing secondo te qualche compagna di lavoro sciopererebbe? Ovvio che no, la supporterebbero per telefono, ma esporsi no. E non è cattiveria, è paura. Paura del licenziamento. Paura di essere spostati in un luogo più distante per rendere la vita più difficile, vita non semplice già di partenza. Paura di subire mobbing. Insomma, chi ha il coltello dalla parte del manico ne ha di modi per attuare la sua rappresaglia. Come si fa a fare la lotta di classe, così da soli, senza nessun supporto?

– Pensi che qualche influenza possa averla anche il fatto che non si creda nelle capacità del sindacato?

Certo, ma è un gatto che si morde la coda. Ci si mobilita solo a licenziamento in mano, e lì non c’è già più niente da fare; il massimo che si ottiene è una ritirata strategica, ovvero ottenere gli ammortizzatori sociali per più tempo possibile. Ma così non si fa altro che essere in costante ritirata. Questa debolezza la si vede subito anche quando si stipula un contratto, ti faccio l’esempio del mio: quando le scuole chiudono in estate, il mio contratto è sospeso. Niente stipendio, niente contributi; vuol dire che per andare in pensione a me servono cinque anni ulteriori prima di andare in pensione con quarantadue anni contributivi. E non è un abuso del datore di lavoro, è proprio così nel contratto.Tutto ciò è legale. Le bollette e i mutui tuttavia non vanno in sospensione. Nemmeno l’alimentazione. Le mie colleghe più anziane mi raccontano sempre che una volta non era così, non era nemmeno immaginabile.

-Visto che l’hai accennato, e il ruolo della politica quanto è incisivo?

Molto. Governo dopo governo c’è sempre una legge che peggiora leggermente la situazione, e col tempo è un continuo accumularsi di peggioramenti. Inoltre nessuna forza politica attualmente parlamentare vuole cambiare la situazione. Serve necessariamente e urgentemente una forza politica comunista. Nel migliore dei casi si va avanti con sta storia del male minore. Ed è facile per il datore di lavoro vincere con questa connivenza: una volta avanza cinquanta richieste, gliene passano cinque; quella successiva ne presenta sessanta e gliene passano sei e via dicendo.

– Questo atteggiamento troppo conciliante verso la parte padronale non trova opposizioni sistematiche in una parte dei rappresentanti sindacali?

Certo, le riunioni sono come un piccolo parlamentino. In questo periodo particolare, in cui l’azione sindacale deve farsi sentire, mi viene in mente che ad esempio un sindacalista della CGIL di lunghissimo corso, a Verona, si è dimesso perché non riesce nemmeno a credere che questo sindacato possa essere di lotta. Ci si sente addirittura frenati dai propri dirigenti. Fortunatamente essendo una persona capace non ha abbandonato l’ambito ed è passato a USB. Più in generale è da vedersi. Il sindacato è chiuso da due mesi. Quando riaprirà ci saranno sicuramente altri scontri. Questo “immobilismo” del sindacato, come mi piace chiamarlo, spero venga smosso. Penso che i lavoratori con questa pandemia abbiano preso coscienza di cose che avevano dimenticato.

-Tuttavia, se anche il sindacato fosse più combattivo, non credi che sarebbe comunque poco efficace se la politica parlamentare e governativa rimanesse in toto conforme alla parte padronale?

Certo. Ad esempio, per quella questione sulle pensioni per la mia categoria, mi riferisco ai contratti sospesi in estate, ci siamo rivolti a tutti pur di poter ottenere qualcosa: al PD, al movimento cinque stelle, addirittura alla lega. Per tre volte ci hanno promesso che avrebbero fatto un emendamento in legge di bilancio; eppure, nonostante questi tre partiti compongano una maggioranza, non si è ottenuto nulla. Per le spese militari invece va sempre tutto liscio… Ci serve un partito che sostenga le lotte dei lavoratori, e non un sostegno finto e temporaneo per qualche voto. Serve qualcuno che sostenga i lavoratori nelle lotte e che lo ritenga parte integrante del suo agire politico, che chiaramente è diverso dall’agire sindacale. Ma entrambi gli organismi possono funzionare solo se i lavoratori a loro volta li sostengono. Dopotutto sono entrambi su base volontaria. Anche perché alla fine le leggi chi le fa? non le fa il sindacato. Per avere un’azione sindacale efficace serve che almeno una forza politica non le stia remando contro.Vado oltre: se anche una forza politica non fosse avversa al sindacato a prescindere, di fronte alle pressioni di confindustria, che abbiamo visto benissimo in questi giorni, se non si dispone di una adeguata preparazione ideologica/teorica per contrastare le loro menzogne, ci si fa ingannare facilmente.

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