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Israele: continua il massacro in Medioriente

di Francesco Fustaneo

A innescare le proteste dei palestinesi e la spirale di violenza che ne è seguita è stato l’ennesimo tentativo delle autorità israeliane di cacciare dalle loro legittime case le famiglie palestinesi che vi abitavano.

La cosa non deve stupire, da tempo oramai a Gerusalemme ed in numerose altre città della Palestina, finanche coloni israeliani occupano case palestinesi supportati e fiancheggiati dalle forze di polizia.

È da più di settanta anni che i palestinesi oramai vivono sotto assedio; larghe frange di loro sono ridotti allo status di profughi; numerose le famiglie di agricoltori delle zone lontane dalla costa a cui sono stati sottratti i terreni, tagliati gli alberi secolari di ulivo, derubati delle proprie risorse e confinati spesso nelle zone meno fertili.

La striscia di Gaza dal canto suo è una vera e propria prigione a cielo aperto e i quartieri un po’ ovunque dove i palestinesi sono confinati, somigliano a veri e propri ghetti.

La discriminazione di Israele nei confronti dei palestinesi non ha cessato nemmeno in piena pandemia: mentre nelle nostre tv veniva decantato il modello vaccinale israeliano, nessuno si curava dell’anello debole della catena, il martoriato popolo palestinese. Eppure, persino Matthias Kennes, medical adviser per i Territori palestinesi di Msf non aveva risparmiato le critiche alla gestione israeliana della pandemia nei territori: «Israele è una potenza occupante e possiede milioni di vaccini. La Palestina è un territorio occupato e ne ha appena poche migliaia. In qualità di medico non mi riguarda chi risolverà il problema. Come medico mi preoccupa profondamente che venga data la priorità ai più vulnerabili.»

L’agenzia per i diritti umani dell’Onu si è premurato di rilasciare una dichiarazione in cui precisa che è responsabilità di Israele offrire un accesso paritario ai vaccini anti-Covid 19 per i palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza ed in Cisgiordania.

I vaccini da Israele non sono arrivati, in compenso sono giunti i raid arei in risposta ai razzi lanciati da Hamas.

Ritornando allo scenario odierno, la situazione è sempre più fuori controllo per il governo israeliano: contestualmente per risolvere le loro crisi interne, gli israeliani alimentano la guerra.

L’esercito di Tel Aviv, infatti, sta effettuando vari preparativi, inclusi piani per una possibile operazione di terra nella Striscia di Gaza, ha recentemente dichiarato il portavoce delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), il generale di brigata Hidai Zilberman.

Anni di soprusi, pesano come piombo sulla pelle dei palestinesi, umiliati dal riconoscimento degli Usa di Gerusalemme come capitale in luogo di Tel Aviv.

Negli scontri recenti ovviamente i numeri messi a confronto, come sempre sono impietosi: secondo quanto ha riferito il ministero della Salute palestinese, il bilancio delle vittime dei raid aerei israeliani su Gaza è salito ad oggi a 69 morti, tra cui 17 minori e sei donne, i feriti sono invece 388, tra cui 115 minori e 50 donne. Le vittime israeliane sono invece sette, tra cui un militare.

In Cisgiordania, invece sarebbero circa 40 i palestinesi arrestati nella notte dall’esercito israeliano; centinaia poi gli arresti tra i palestinesi di cittadinanza israeliana.

Diversi commentatori nostrani parlano di conflitto, come se sul piatto della bilancia si contrapponessero due forze comparabili: la definizione corretta è un massacro e le vittime sono i palestinesi. Per fare una metafora sarebbe come mettere il Tyson dei tempi d’oro a combattere contro una vecchietta e parlare di incontro pugilistico.

Netanyahu, cerca la guerra, la insegue: sul versante diplomatico poi ogni tentativo di raggiungere una tregua viene ostacolato non solo dalle autorità israeliane ma anche dagli Stati Uniti.

Ma la cosa imbarazzante proiettandoci in Italia è il totale asservimento del sistema informativo a una narrazione che vede Israele come vittima che reagisce per difendersi dai terroristi palestinesi o nel migliore dei casi assistiamo alla narrazione di un “conflitto” in cui occorre essere equidistanti tra le parti.

Di certo la politica è appiattita in difesa di Israele: da Tajani a Salvini, passando per Letta e la Boschi, quasi ci fanno rimpiangere in politica estera gente di ben altro spessore politico, come Craxi o Berlinguer.

Un tempo la presenza di un Partito Comunista forte, di movimenti di protesta che riuscivano a tenere e indirizzare comunque una controinformazione, bilanciavano anche una propaganda di sistema a favore di Israele, fedele alleato degli Stati Uniti e per questo osannato dai partiti di centro destra e centro sinistra nostrani.

Oggi si fatica a rompere la narrazione dominante per l’asservimento pressoché totale della politica italiana agli interessi europei e statunitensi.

Un’Europa che non esita ad alzare la voce con la Russia e la Cina ad ogni occasione, sanzionando e mettendo anatemi di accusa, che tace poi sui golpe in Sud America, sul massacro in Colombia e ovviamente si volta dall’altra parte di fronte ai crimini del governo israeliano.

Accantonata ormai nei fatti da molto tempo la famosa frase d’intenti “due popoli, due stati”, tanto musicale, quanto evanescente, proseguono le stragi comminate a danno dei palestinesi e così gli arresti e i soprusi diventano notizie solo perché raccontate da pochi e piccoli coraggiosi mezzi di stampa indipendenti.

Una narrazione sulle cause e sulle analisi che prosegue da anni, ma che non pare mai portare a identificare chi abbia ragione, anche se noi alla fine della fiera in politica come nella guerra abbiamo imparato che la ragione ce l’hanno sempre i più forti.

E Israele, superiore militarmente, può agire impunemente per la vicinanza al blocco occidentale, è più forte e dunque può imporre la sua di ragione.

Nel frattempo la politica estera italiana in Medioriente così come nel Mediterraneo è divenuta irrilevante, non si ha una bussola, ma si ubbidisce a decisioni prese da altri. Siamo schierati ma lo siamo a discapito della nostra politica e della nostra economia.

Occorre più che mai un cambio di sistema, politico come informativo ma le due cose vanno di pari passo.

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