“Majakovskij è stato e rimane il poeta migliore e più dotato della nostra epoca sovietica”

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“Majakovskij è stato e rimane il poeta migliore e più dotato della nostra epoca sovietica”

“Sono poeta. E per questo sono interessante. E di questo scrivo.” [1]

Sono passati novant’anni da quando Vladimir Vladimirovic Majakovskij – nato il 7 luglio 1893 a Bagdati (Georgia), figlio di un guardaboschi e di una casalinga – si suicidò nel suo appartamento di Mosca il 4 aprile del 1930, accecato dall’amore passionale per l’allora giovanissima attrice Veronica Polonskaja.

La vita del poeta – è stato anche scrittore, drammaturgo, regista, attore, pittore e giornalista per l’URSS – si fa trasportare, fin dalla sua adolescenza, dalla travolgente scintilla rivoluzionaria che scoppiò nel 1905 con la prima rivoluzione russa: essa segnerà profondamente lo stile e la poetica di Majakovskij e nel 1908 a Mosca, dove viveva insieme alla madre da un paio d’anni, si iscrisse al Partito Operaio Socialdemocratico Russo; nel 1912, dopo essere stato arrestato per la terza volta dalla polizia zarista, comporrà le prime poesie nel carcere dove era recluso.

Sempre nel 1912 entra a far parte della corrente artistica del “cubofuturismo” russo e firma – insieme ad altri noti artisti dell’epoca – il manifesto Schiaffo al gusto del pubblico nel quale si dichiarano gli intenti rivoluzionari della nuova arte che stava nascendo in Russia, distaccata dalle formule poetiche del passato. La continua ricerca della nuova arte proletaria, figlia della rivoluzione sovietica, sarà, infatti, un leitmotiv nella produzione artistica di Majakovskij.

Durante i primi mesi della rivoluzione nel 1917, il poeta si impegnò attivamente e con entusiasmo, partecipando direttamente alla diffusione della nuova letteratura nelle fabbriche, collaborando al giornale di Gor’kij Novaya Zhizn, dove poté pubblicare una sua celebre poesia intitola Revoljuija [La rivoluzione].

È in questo periodo che Majakovskij scrive sia il suo capolavoro teatrale Misterija-buff [Mistero buffo], messo in scena nel 1918 da Mejerchol’d, sia il poema 150.000.000. In queste due opere egli elogia il ruolo di avanguardia rivoluzionaria della classe operaia nella lotta dell’emancipazione dell’umanità e dell’edificazione di una nuova società, nella quale Majakovskij avrebbe dato il suo massimo contributo di artista per la futura umanità.

Nelle parole di Majakovskij possiamo trovare il legame che il poeta ha con la rivoluzione:

Ottobre. Aderire o non aderire? La questione non si pone per me (e per gli altri futuristi moscoviti). È la mia rivoluzione […]”. [2]

Negli anni che seguono l’Ottobre Rosso e la guerra civile, Majakovskij sarà in prima linea nelle attività letterarie e nelle associazioni di artisti che nascevano in tutta l’Unione Sovietica per dare il suo contributo nella divulgazione della cultura rivoluzionaria e proletaria. Scrive nuove opere teatrali e si cimenta attore nel cinema muto russo, nella quale vede la nuova arte rivoluzionaria intesa come ulteriore sviluppo e perfezionamento del movimento d’avanguardia futurista. Mette tutto il suo impegno in riviste artistiche come il LEF (Levyi Front Iskusstva, Fronte di Sinistra delle Arti), da lui fondata, e lavora alla ROSTA, agenzia pubblica di comunicazioni.

La vita di Majakovskij è anche stata piena di passioni amorose e tormentate che lo hanno talmente condizionato nella sua arte e nella vita privata tanto da portarlo alla morte. Lilja Brik, il primo e vero amore di Majakovskij, tanto da essere una figura ingombrante per tutte le relazioni amorose del poeta, rimase sempre la sua amica più intima e leale fino al fatidico suicidio, avvenuto subito dopo che Veronika Polonskaja abbandonò l’appartamento del noto poeta rivoluzionario.

Majakovskij si spara con un solo colpo alla tempia e lascia una breve lettera, rivolta a tutti, dove chiede di non fare pettegolezzi, di non incolpare nessuno e prega al “Compagno Governo” di occuparsi della sua famiglia, ossia Lilja Brik, sua madre e le due sorelle, di modo da dar loro un’esistenza decorosa. La lettera si conclude con la sua ultima poesia che riportiamo di seguito:

“Come si dice,

l’incidente è chiuso:

La barca dell’amore

Si è spezzata contro gli scogli banali della

[quotidianità.

La vita e io siamo pari,

inutile elencare

offese,

dolori

torti reciproci.

Voi che restate siate felici”

12 / IV – 30

Stando alle parole di Lilja Brik, il pensiero del suicidio fu la malattia cronica di Majakovskij; leggendo, infatti, le sue poesie, i suoi poemi e le sue opere teatrali, possiamo trovare quel sentimento angoscioso che provò il poeta nella sua esistenza.

Disse di lui Stalin: “Majakovskij è stato e rimane il poeta migliore e più dotato della nostra epoca sovietica”.

[1] tratto da Vladimir Majakovskij, Io stesso.

[2] ibidem.

1 Comment

  1. Eugenio ha detto:

    Majakovskoij è il mio poeta sovietico preferito

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