No compagni, lasciare spazio ai fascisti è un grave errore.

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No compagni, lasciare spazio ai fascisti è un grave errore.

di Alessandro Mustillo*

Negli anni del fascismo fu chiesto a tutti i dipendenti pubblici, compresi professori universitari, insegnanti delle scuole, di giurare fedeltà al partito nazionale fascista, pena l’esclusione dalla propria professione. Alcuni intellettuali antifascisti non lo fecero. Fu un gesto tanto nobile, quanto inutile. Non c’erano le condizioni per cui quel gesto divenisse una presa di coscienza di massa che facesse avanzare realmente la lotta antifascista. Rimase un gesto isolato, nobile, ma individuale, perché non poteva essere altrimenti date le condizioni storiche. L’unico risultato pratico fu quello voluto dal fascismo: quegli insegnanti, quei pubblici impiegati antifascisti, furono rimpiazzati da docenti e funzionari di provata fedeltà fascista che così poterono compiere a pieno l’opera di penetrazione nelle strutture dello Stato e di costruzione della coscienza collettiva, specie tra le nuove generazioni.

Il Partito Comunista invece impose ai suoi iscritti di evitare gesti eclatanti e giurare come veniva richiesto dalla legge. Di fingersi fascisti per entrare in ogni organizzazione giovanile, in ogni posto di lavoro. L’obiettivo era mantenere le proprie posizioni senza arretrare, restare legati con le unghie e con i denti, ad ogni contatto con le masse popolari per utilizzare ogni spazio di azione che potesse consentire di far avanzare in concreto la lotta antifascista. Resto fedele a quella lezione. Le differenze tra ieri e oggi ci sono. Non siamo in clandestinità, ma in una democrazia, con tutte le differenze reali o solo apparenti che ciò comporta. Ma nel nucleo di questa scelta risiede una importante lezione anche per noi.

Chi ha lasciato il Salone del Libro di Torino per la presenza di una casa editrice di destra, diretta da un noto esponente fascista, ha fatto un gesto nobile. Ma assolutamente sbagliato, per una serie infinita di ragioni, contingenti e strategiche. La mia non vuole essere una polemica con questi compagni, di molti dei quali ho profondissima stima, ma una riflessione seria per discutere insieme di quello che manca oggi a sinistra: una strategia.

Il fascismo è stato già sdoganato nella nostra società. L’idea che la presenza di singoli lo “legittimi” è narcisismo intellettuale. A sdoganarlo sono state le classi dominanti del nostro Paese, e di tutta Europa, che si sono sempre servite del fascismo per far avanzare i loro interessi. Lo hanno fatto attraverso una lenta operazione culturale con il risultato che la pregiudiziale antifascista nella società non esiste più, o almeno non esiste nelle dimensioni e con le caratteristiche di qualche decennio fa. Può piacerci o non piacerci, e certamente a noi non piace, ma è così. Ignorare la realtà non la cambierà automaticamente. Fondare su presupposti sbagliati una strategia di cambiamento dell’esistente significa semplicemente farla nascere morta.

Di fronte a questa realtà arretrare vuol dire solo lasciare spazio, in ogni situazione. Quando ero studente ricordo il periodo della nascita di una nota organizzazione giovanile neofascista. Allora molti sinceri democratici, e/o compagni di movimento, ci invitavano a boicottare gli organismi di rappresentanza studentesca perché al loro interno c’erano i fascisti. Noi ci rifiutammo, e abbiamo fatto bene perché anche attraverso quegli spazi abbiamo contrastato – per quanto possibile – l’avanzata dei fascisti. Non andare in un comitato di quartiere perché ci sono i fascisti, equivale a consegnargli un quartiere permettendogli di torcere alle loro parole d’ordine e sui loro obiettivi da guerra tra poveri, la rabbia popolare. Rifiutare una trasmissione televisiva perché ci sono esponenti di estrema destra, ha come effetto non far ascoltare le nostre ragioni e lasciarli parlare indisturbati davanti a milioni di persone e fare la figura di quelli che non hanno argomenti. Non andare al Salone del libro, premendo sulle case editrici indipendenti perché facciano lo stesso, significa lasciare ai fascisti campo libero indisturbato e invece abbandonare le proprie posizioni, compromettendo anche le possibilità di avanzamento di quei coraggiosi progetti, a cui invece dobbiamo dare sostegno.

Rubare terreno, non lasciare terreno. I neofascisti in Italia si sono dotati di proprie strutture, anche culturali. Mentre sui social fiocca ironia sulla sconfitta del fascismo con la cultura – solo un’ennesima prova di spocchia intellettuale – molti non si sono accorti che i fascisti hanno creato un proprio gruppo di intellettuali pienamente organici a un progetto politico. Questo sarebbe il passo giusto da fare, e per farlo si dovrebbe rinunciare a quell’idea di indipendenza e purezza tipica della sinistra, che non volendo compromissione, finisce in realtà nelle mani dei grandi gruppi editoriali e non sedimenta un proprio tessuto sociale, economico e culturale che marci di pari passo con le lotte.

La seconda idea sbagliata è che ci sarebbe un’entità superiore (lo Stato, le istituzioni, le case editrici…) che dovrebbero intervenire per fermare l’avanzata del fascismo. Lo Stato – borghese – non ha interesse a fermare i fascisti, perché le stesse forze che lo comandano vedono nelle forze di estrema destra un possibile piano alternativo per l’uscita dalla crisi. Le fondazioni, le istituzioni culturali sono fatte degli stessi uomini che entrano e escono dai consigli di amministrazione dei grandi gruppi editoriali, delle fondazioni bancarie, delle istituzioni locali e nazionali. Non c’è alcuna diversità, o superiorità intellettuale, o reale “autonomia” di questi soggetti. Ogni volta che ci appelliamo a queste entità rinunciamo al nostro lavoro e otteniamo un effetto persino controproducente, perché i fascisti vengono associati – pur non essendolo – a qualcosa di diverso, di altro rispetto a questo sistema.

L’ultimo errore è non capire il peso della battaglia mediatica che oggi si affronta, e non capirlo specialmente a ridosso delle campagne elettorali. I fascisti sono stati bravissimi su questo, come la Lega stessa. Chi avrebbe mai consentito a Polacchi di poter fare quella dichiarazione di fascismo a reti unificate, se non fosse stato la principale notizia del giorno? Quanti italiani hanno potuto ascoltare e leggere le sue parole? Credete davvero che la stragrande maggioranza degli italiani si sia indignata e che invece la retorica del vittimismo non consenta ai fascisti di legittimarsi come forza addirittura “democratica”? Perché questo è l’effetto che sta producendo, fuori dai nostri circoli minoritari. Renzi scelse Salvini come suo avversario per togliere voti a Berlusconi: oggi è ministro dell’Interno. La Boschi decise di elevare Casapound a comune denominatore dell’opposizione referendaria per i suoi interessi contingenti, consegnandogli le prime pagine dei giornali. Il futuro a queste condizioni è già scritto. La loro è una strategia chiarissima e chi urla il loro migliore alleato.

Il PD grida al fascismo ad ogni elezione. Ottiene e otterrà anche a questo giro, come risultato qualche “voto utile” contro la destra che avanza, argomento sempre utile a distrarre dalla natura reale del PD, a diffondere l’idea di una svolta a sinistra che nei fatti non c’è, a mascherare le responsabilità del suo nuovo gruppo dirigente. Il prezzo? Sdoganare ancora di più i fascisti. Fare l’ennesima campagna elettorale dove per metà del tempo il fascismo sarà il tema principale, sovraesponendo ancora di più i fascisti, anche quando – come oggi – sono in difficoltà evidenti. Nessuno nega il pericolo, nessuno nega il fenomeno. Ma da una parte c’è chi vuole combatterlo, dall’altra chi vuole amplificarlo per i suoi scopi immediati, e per trasformarlo in una coperta utile a mascherare le proprie assenze.

In un mondo improntato a ritmi di comunicazione velocissimi, in cui il meccanicismo e la polarizzazione in campi prevale su qualsiasi forma di dialettica, e di riflessione, su ogni capacità di vedere il mondo fuori dalle lenti dell’ideologia dominante, facciamo attenzione. Perché il messaggio che passa non è il nostro antifascismo, ma quello del PD, carico del suo europeismo e della sua fedeltà alle banche, della cancellazione dell’art. 18 e dei diritti dei lavoratori, del sì alla TAV e delle cariche della polizia. E siccome il popolo odia il PD l’equazione di stare dalla parte di chi dal PD è odiato è un passo breve.

La soluzione è come ai tempi della clandestinità sotto il fascismo, nelle forme e nelle modalità maggiori che oggi sono possibili. Il lavoro nei quartieri, nelle scuole, nei posti di lavoro, anche nei luoghi della cultura, che non lascia nulla a fascisti, che tanti di quei compagni in realtà fanno davvero (e lo riconosco). Un lavoro però che è realmente efficace se marcia unito in un progetto di costruzione di una società alternativa, che noi comunisti abbiamo, con le sue strutture e la sua autonomia, che rifiuta di prestare il fianco alla strumentalizzazione e confondersi con chi dell’avanzata del fascismo presente – e futura – è già oggi responsabile.

 

*ufficio politico Partito Comunista

3 Comments

  1. […] microfoni Alessandro Mustillo del Partito Comunista ha ribadito dopo un articolo pubblicato su “LaRiscossa” la sua posizione sull’abbandono da parte di alcuni autori degli spazi al Salone del Libro di […]

  2. Agnese Vittoria Vitale ha detto:

    Condivido parola per parola!!! Mi chiedo: come mai quando il Pd era al governo non ha fatto niente contro i movimenti e gruppi neofascisti? Dove sono stati finora magistratura e governi visto che casapound per esempio esiste dagli inizi degli anni’2000? Perchè appunto come si dice benissimo nell’articolo sono tutti complici e corrotti, i neofascisti non sono altro che i soldati del sistema criminale borghese, capitalista, eteropatriarcale, razzista, xenofobo, sessista, omofobo, antisemita.

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