Il Partito Comunista del Venezuela rifiuta il rapporto Bachelet: «Pieno di falsità e manipolazioni»

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Il Partito Comunista del Venezuela rifiuta il rapporto Bachelet: «Pieno di falsità e manipolazioni»

In una conferenza stampa il Partito Comunista del Venezuela (PCV) ha espresso la sua posizione sul rapporto redatto dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Michelle Bachelet, sulla situazione del Venezuela, valutando che «è pieno di falsità, di manipolazioni e imprecisioni e affermazioni che non hanno fondamento», così ha giudicato il membro dell’ufficio politico, Pedro Eusse.

Il rapporto, ha proseguito, mette in evidenza «come da questi organismi si stia lavorando per contribuire a favorire l’aggressione contro il Venezuela. Questo fa parte dell’espediente che serve per avanzare in una politica di ingerenza negli affari interni del paese, per creare le condizioni per una soluzione violenta a favore del capitalismo monopolistico statunitense ed europeo, come parte della politica che sviluppano gli USA in America Latina e Caraibi con la Dottrina Monroe», ha spiegato, ribadendo che «contro questo noi ci battiamo e denunciamo al mondo il carattere e il contenuto di questo rapporto che non è altro che il consolidamento di una politica integrale contro la sovranità e il diritto di autodeterminazione del popolo venezuelano».

Nel rapporto redatto in giugno dall’ex presidente del Cile, nota per le sue politiche antipopolari e neoliberiste, per la repressione dei movimenti popolari e indigeni nel suo paese durante il suo mandato (così come avviene ancora oggi), si menzionano presunte violazioni di diritti economici e politici in Venezuela, autoritarismo, repressione, esecuzioni arbitrarie ed extragiudiziarie, corruzione, persecuzione ideologica e censura dei media, una crisi umanitaria e deterioramento dei diritti umani che avrebbero come responsabile unico il governo. Nessuna prova viene presentata a supporto delle accuse ma tutto il rapporto si basa su 558 interviste, di cui 460 condotte all’estero (Spagna, Argentina, Messico, Perù, Cile, Colombia, Ecuador, Brasile) – ossia l’82% degli intervistati non viveva nel territorio venezuelano e la restante parte tenuta in considerazione nel rapporto fa parte dei partiti dell’opposizione.

Il PCV aveva tempestivamente messo in guardia il popolo e il governo nel non riporre alcuna “fiducia” sull’imparzialità dell’operato della Bachelet durante la sua visita in Venezuela il 19-21 giugno. «Il rapporto è privo di obiettività e imparzialità. Ma a noi questo non sorprende, perché come avevamo già detto, questo organismo del sistema delle Nazioni Unite, essenzialmente, è uno strumento a favore della politica egemonica degli USA nel mondo», precisa il dirigente comunista che prosegue affermando che «la Bachelet si è prestata a questo perché essenzialmente questa è la sua posizione ideologica e politica».

Eusse ha sostenuto che il popolo venezuelano e i popoli dell’America Latina e Caraibi,«devono respingere questa manipolazione, affrontarla e smontare la menzogna, e approfondire, rafforzare il processo di cambiamento con la partecipazione protagonista della classe operaia e i contadini», ha aggiunto, concludendo che in «Venezuela come in ogni paese capitalista e Stato borghese c’è violazione dei diritti umani del popolo lavoratore, ma questo non interessa il rapporto in quanto l’obiettivo di questo organismo non sono i diritti umani dei lavoratori e dei contadini ma di coloro che sono al servizio della politica della destra filo-imperialista».

In questa direzione, ha evidenziato che le sofferenze del popolo venezuelano sono un prodotto della crisi e della decandenza del capitalismo e della mancanza di una uscita rivoluzionaria da essa, ed ha segnalato che il PCV insiste nella necessità di produrre profondi cambiamenti nelle politiche economiche e lavorative.

L’ultimo plenum del CC del PCV dello scorso fine giugno ha infatti espresso dure critiche nei confronti del governo e del PSUV, valutando che l’accordo unitario firmato lo scorso 26 febbraio 2018 tra il PCV e il PSUV, con il quale si definivano le condizioni di sostegno del PCV alla candidatura di Maduro alla Presidenza della Repubblica,«non è stato rispettato nella sua interezza» pertanto non più valido. Il partito comunista ha chiamato il popolo, le organizzazioni sociali e popolari di massa a combattere sia contro l’imperialismo euroatlantico e l’oligarchia venezuelana sia contro le posizioni riformiste e disfattiste nel processo di liberazione nazionale.

Ad annunciare gli esiti del CC del PCV, è stato il suo segretario generale Oscar Figuera che ha fatto riferimento alla politica interna evidenziando che il «documento su cui si basava il sostegno alla sua candidatura (di Maduro) non è stato rispettato. Su questa base il Partito Comunista aveva espresso il suo sostegno alla candidatura (…), senza entrare nel dettaglio, vogliamo inviare questo messaggio: se c’è un accordo tra due parti per avanzare in una direzione e una delle due parti non lo rispetta, questo segnala il fatto che non vuole avanzare in questa direzione: e l’altra parte è libera di continuare il suo cammino.» Figuera ha proseguito esplicitando i termini di rapporti all’interno del processo politico venezuelano appellandosi «ai fronti politici di massa e ai movimenti popolari, ad approfondire la linea di confronto, demarcazione e accumulazione di forze per poter avanzare nella direzione di affrontare e sconfiggere l’aggressione sostenuta, sistematica e multiforme dell’imperialismo statunitense, dell’UE e della destra mondiale. Ma anche di avanzare nella direzione di affrontare gli sviluppi delle politiche disfattiste, riformiste, che con un discorso rivoluzionario e socialista applicano misure che corrispondono alle politiche di carattere liberale. E che favoriscono in questo cammino il capitale». Figuera annuncia pertanto «una doppia linea di confronto, demarcazione e accumulazione per avanzare: contro l’imperialismo e i suoi alleati e contro il riformismo disfattista che, sotto apparenze socialiste, applica una politica liberale a favore del capitale.»

Questa politica – secondo i comunisti – si esprime nei processi di privatizzazione delle imprese statali, nella violazione dei diritti collettivi fondamentali dei lavoratori e lavoratrici, nella polverizzazione del salario e delle prestazioni sociali, nella criminalizzazione dell’organizzazione sindacale e negli attacchi contro il movimento contadino, «che favoriscono il processo di sfruttamento capitalista dei lavoratori e lavoratrici di questo paese».

Secondo Figuera «in generale non c’è la volontà di promuovere una politica che difenda gli interessi delle masse popolari venezuelane» di fronte alla grave crisi del modello capitalista venezuelano. In tal senso il PCV rivendica la necessità di rafforzare i processi produttivi, nella campagna e nell’industria e il diritto «all’esercizio del controllo operaio, contadino, comunitario e popolare come strumento fondamentale per avanzare nei processi di cambiamento del nostro paese».

Il PCV chiarifica che non si tratta di una rottura con il “Grande Polo Patriottico” ma di un “avvertimento” al governo e alla direzione del PSUV da parte della seconda forza politica dell’alleanza.

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