Il settore agroalimentare paga il prezzo più pesante

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Il settore agroalimentare paga il prezzo più pesante

Il focolaio che ha colpito la nostra provincia, presso un’azienda agricola che produce e commercializza soprattutto meloni ed occupa esclusivamente manodopera straniera, è l’emblema della crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo, anzi definisce con immediatezza chi sono le vittime predestinate della crisi stessa. Sempre e solo i lavoratori. Eppure la soluzione sarebbe a portata di mano: il proprietario dell’azienda è sbottato con la stampa locale affermando “Come farò senza i lavoratori?” E’ detto tutto, i lavoratori potrebbero mandare avanti il paese da soli,  senza il padrone;  quest’ultimo da solo non va lontano. Eppure non è così o perlomeno non lo è ancora.
La crisi aumenta l’acquisizione di consapevolezza fra i lavoratori e permette che emerga  e si possa conoscere la realtà del mondo del lavoro. Il precedente caso di focolaio verificatosi in un macello del viadanese ha permesso di apprendere come questi lavoratori dipendenti da coop che si aggiudicano l’appalto presso diversi macelli della zona, lavorano su più stabilimenti, si spostano a seconda delle necessità e quindi, nel caso del Covid -19, hanno probabilmente fatto da inconsapevoli vettori, trasferendosi in ambienti di lavoro dove lavoro a catena, ritmi e forzata vicinanza impediscono che le misure preventive possano funzionare e contrastare il virus.
Il settore agroalimentare sta pagando ora il prezzo già pagato in precedenza dal settore manifatturiero: le difficoltà poi si moltiplicano perché quasi tutti i lavoratori sono stranieri e parlano lingue diverse, abitano in luoghi isolati e spesso vivono in condizioni critiche, il loro grado di sindacalizzazione è pari a zero e la loro forzata rappresentanza è in mano ai sindacato che soli possono avere voce in capitolo. Una voce tuttavia che conta molto poco.
La CGIL di Mantova, oggi sulla stampa, si lamenta che nel settore una forma unica e vincolante  di protocollo sanitario non ha potuto essere assunta per la contrarietà degli imprenditori. Ci chiediamo quale ruolo abbia svolto a tempo debito un sindacato che, nonostante  nemmeno  sia stato chiamato mai a far parte  dei vari comitati tecnico scientifici di gestione dell’emergenza, si è ben guardato dall’opporsi ad una gestione della crisi che trascurasse completamente i rappresentanti del mondo del lavoro!
Il caso di Rodigo ha potuto manifestarsi ed essere prese in considerazione tempestivamente  grazie all’intervento immediato dei medici dell’AST a riprova din quanto sia importante e fondamentale per le azioni di prevenzione, la medicina territoriale.
Il potenziamento dei servizi sanitari di prossimità, dei consultori, il rafforzamento della medicina di base solo pilastri intoccabili per il futuro di una  società dove il diritto alla salute è esigibile da parte di una sanità pubblica e di qualità. Eppure, a dispetto della paura dovuta all’emergenza e dopo le profusione della  retorica espressa nei tempi bui, Governo e Regione sono tornati sui propri passi. Il primo ha accettato i finanziamenti europei a strozzo, impegnandosi nelle consuete riforme che altro non sono che ulteriori tagli a sanità, servizi, pensioni oltre alla preannunciata tassazione su prima casa e depositi bancari mentre la seconda ha già diramato un avvio pubblico per esternalizzare ben 11 reparti fra cui cardiochirurgia e pneumologia (sic!) in quanto senza i finanziamenti necessari per mantenere le strutture.
Solo la nostra idea di società  socialista  può  garantire  una vita degna  a chi vive  del proprio  lavoro.
L’attuale  sistema  capitalista  non farà   mai sconti. E noi non ci arrendiamo  alle ingiustizie.
Monica  Perugini
Partito  comunista  Mantova

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