Venezuela. L’imperialismo non va in quarantena

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Venezuela. L’imperialismo non va in quarantena

Neanche una pandemia globale ferma l’eterna manovra imperialista a stelle e strisce, anzi. Sembra infatti che Washington abbia intenzione di approfittare dell’instabilità prodotta dal Covid-19 per sferrare gli attacchi più infami.

Il 26 marzo il Dipartimento di Giustizia statunitense ha messo una taglia di 15 milioni di dollari sulla testa di Nicolàs Maduro, affermando addirittura che il legittimo presidente venezuelano sia a capo di un’operazione di narcotraffico. Accade così che il 31 marzo, in piena crisi sanitaria, Mike Pompeo (Segretario di Stato U.S.A.) presenta formalmente al Venezuela una proposta di “governo di transizione” che vedrebbe escluso ovviamente Maduro, ma anche l’ormai improponibile Guaidò. Come è giusto che sia, Caracas ha rigettato da subito la proposta statunitense aggiungendo che, se attaccati, la “furia bolivariana” non risparmierà gli invasori.

Con questo pretesto, Trump ha chiamato alle armi marina, aeronautica e truppe di terra, accerchiando il Venezuela a nord e schierando soldati nel confine colombiano. Caracas denuncia la preparazione dell’aggressione, già tangibile in precedenza, rendendo noto un incidente avvenuto in acque venezuelane il 31 marzo stesso (ossia prima della risposta di Maduro), in cui una nave sospetta battente bandiera portoghese avrebbe speronato e affondato una nave militare venezuelana, per poi andare a rifugiarsi nel porto di Willemstad a Curaçao (un territorio autonomo dei Paesi Bassi).

Appare evidente come, ancora una volta, la macchina di guerra e distruzione nordamericana sia in funzione a pieno regime, trascinando con sé tutti i servi tirapiedi di questa economia di conquista. Il copione di offensiva è sempre lo stesso: infamare, isolare economicamente, premere e corrompere su forze armate e opposizione.

Ma in questi ultimi due punti Washington ha non pochi problemi stavolta: il mondo non sta abbandonando i rapporti con il Venezuela e le forze armate restano fedeli alla rivoluzione bolivariana.

Tant’è che questo sabato sono uscite pubbliche due dichiarazioni, rispettivamente di Elliott Abrams (inviato nordamericano in Venezuela, criminale di guerra di cui vi invitiamo a cercare il CV) e Donald Trump.

Abrams, spazientito, ha detto che se Caracas continuerà a rigettare la proposta del 31 marzo, Washington forzerà una transizione di governo più “pericolosa”. Ha anche aggiunto che, strategicamente, avevano previsto una respinta ufficiale alla proposta, che era infatti rivolta in realtà alle forze armate venezuelane. Questo criminale ha inoltre aggiunto, rivolgendosi al popolo venezuelano come solo uno strozzino può fare, che l’accettazione di questa proposta è “l’unico percorso verso la revoca delle sanzioni statunitensi e la democrazia”. Immaginate quale democrazia, se queste sono le premesse.

Donald Trump ha infine ammesso che è talmente preoccupato e dispiaciuto della collaborazione cinese e venezuelana nella lotta al Covid-19 da “levargli il sonno” (ricordiamo che grazie a questo collegamento il Venezuela sta aiutando anche altre Paesi dell’America Latina con materiali e personale).

Così l’imperialismo non si ferma neanche di fronte ad una crisi umanitaria del pianeta, attaccando quello che insieme a Cuba e pochi altri rappresenta l’ultimo baluardo di speranza nel continente.

Il governo italiano – dopo aver usufruito di aiuti cinesi, cubani e averne richiesti anche al Venezuela – che intenzione ha? Continuerà ad essere complice di questo imperialismo sfrenato nel nome del profitto di pochi sulla sofferenza di tutti?

Siamo davvero intenzionati a restare alleati di chi vessa i nostri soccorritori, oltraggiando Pechino, assaltando Caracas e perfino bloccando l’arrivo di respiratori a La Habana?

Da quest’altra parte della barricata, nel frattempo, si registrano tutt’altre operazioni, con la partenza domenica 12 aprile della seconda brigata medica cubana con direzione Piemonte.

Eduardo de Dominicis

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