PIANO LETTA. UN ALTRO PASSO VERSO IL BARATRO EUROPEO

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aprile 4, 2024

PIANO LETTA. UN ALTRO PASSO VERSO IL BARATRO EUROPEO

È stato presentato il cosiddetto Piano Letta, il “New European Competitiveness Deal”, con le proposte per la riduzione della “frammentazione” del mercato europeo e la ripresa della competitività nell’Unione Europea.
Molto commenti sono stati pubblicati sulla carta stampata e in rete, ma abbiamo voluto leggere direttamente le 147 pagine che compongono il documento.
Si parte dal riconoscimento che il peso dell’economia europea negli ultimi trent’anni è diminuita, che guerre e conflitti non aiutano. Difficoltà esterne che si sommano a quelle endogene, quali la crisi demografica. Come se ne esce?
Diciamo subito che la ricetta di Letta, a nostro avviso, è completamente sbagliata anche dal punto di vista del capitalismo monopolistico europeo. Non perché non veda correttamente le cause e i conseguenti gli effetti, ma perché individua delle soluzioni del tutto inefficaci. E questo non solo nelle strategie globali, ma anche nei dettagli tecnici.
In realtà, dentro il documento è prevista una stretta reazionaria e bellicista gravissima. Si vede nel rafforzamento del mercato comune la via d’uscita, ma questa è illusoria. Mentre le soluzione concrete previste riguardano l’atteggiamento verso la produzione militare e la distruzione delle specificità nazionali.
Andiamo per ordine.
“… i mercati nazionali, inizialmente progettati per proteggere le industrie nazionali, rappresentano ora un grave freno alla crescita e all’innovazione nei settori in cui la concorrenza globale e le considerazioni strategiche richiedono un rapido passaggio su scala europea.”
O è una banalità – un mercato più grande è meglio di uno più piccolo – o non è vero in assoluto – dipende da quanto si è bravi a superare la concorrenza, con la forza o con la capacità. Il “deficit dimensionale” lamentato da Letta rispetto a USA e Cina è solo una concausa. Non vede la differenza fondamentale tra i due sistemi.
L’economia statunitense va meglio di quella europea, perché sta “cannibalizzando” quest’ultima che è stata messa tra l’incudine e il martello. L’incudine della rescissione forzata dei rapporti con la Russia e il martello della concorrenza d’oltre Oceano che rende più conveniente produrre negli USA, grazie al minor costo dell’energia e agli aiuti statali (l’Inflation Reduction Act, IRA, statunitense, che Letta dice che vorrebbe imitare). Ormai tutti hanno capito che la guerra in Europa era la guerra degli Stati Uniti contro la Germania e contro l’Europa tutta. Il miraggio dei profitti per la ricostruzione dell’Ucraina che veniva promesso agli imprenditori tedeschi, replica di quelli enormi fatti con la caduta del Muro, è ormai chiaro che va a sfumare. Naturalmente, il raffreddore che colpisce la Germania si traduce nella polmonite per l’Italia. Tuttavia ora gli economisti che popolano le Accademie juke-box americane, che (a parte qualche meritoria eccezione) scambiano la propaganda del proprio regime per la verità, creando il più colossale cortocircuito culturale mai visto, si sono svegliati e si sono ricordati di avere detto, fino a poco tempo fa, quando conveniva al padrone del vapore, che gli incentivi in un mercato protetto non vanno bene, perché sostengono anche aziende non concorrenziali. Ma fino a quando tutto ciò si paga in dollari stampati senza freno, tutto va bene. Letta avverte che i sussidi centralizzati potrebbero avere dei risvolti negativi – “sussidi dannosi”, li chiama – ma non si sa come vorrebbe evitare tutto ciò. Insomma, una ricetta data a chi non la può perseguire.
L’economia cinese va meglio perché la forte spinta all’innovazione e alla capacità concorrenziale è sostenuta e diretta da una visione centrale e capace che ha studiato per decenni il sistema capitalistico e ora sa operare al meglio sul mercato internazionale, mettendo a frutto la ricerca e l’innovazione al servizio della concorrenza. Nel report del Kiel Institute [1] si legge: «il 99% delle società cinesi quotate in Borsa hanno ricevuto sovvenzioni governative dirette nel 2022». Questi sussidi, «spesso impiegati in modo strategico per far progredire le tecnologie chiave, fino a renderle pronte per il mercato», facendo sì che «le aziende cinesi siano rapidamente cresciute in vari settori della tecnologia verde, dominando il mercato interno e penetrando sempre più nei mercati della Ue». Per esempio, in Cina nell’automotive tra il 2016 e oggi, l’offerta è aumentata di ben 50 nuove “sigle”, consentendo ai consumatori cinesi di scegliere oggi tra un totale di 99 marchi diversi di auto. Se vediamo cosa ha fatto l’Occidente nel frattempo, ha ridotto a dismisura il numero di aziende produttrici di auto. Oggi i cinesi vendono più auto di tutti gli altri produttori. Quindi non è affatto il fattore di scala, ma come integrare la velocità di innovazione dei piccoli coi grandi e dirigerli efficacemente.
Pertanto, i lambicchi di Letta su regolamenti come il “Codice di diritto commerciale”, fantasie come il “28 regime di mercato” europeo a fianco dei 27 mercati nazionali, e altre che vedremo, sono prive di ogni efficacia.
In verità, dietro ai fumosi piani di riduzione della “frammentazione” del mercato, vi sono elementi velenosi nascosti negli anfratti della relazione.
1 – L’idrovora europea
“un meccanismo di contributo agli aiuti di Stato, che imponga agli Stati membri di destinare una parte dei loro finanziamenti nazionali al finanziamento di iniziative e investimenti paneuropei.” “Gli Stati membri e le istituzioni dell’UE devono prendere in considerazione una serie di meccanismi di finanziamento innovativi per sostenere iniziative di difesa collettiva”
Quindi ancora una volta un esproprio da parte delle burocrazie centrali a danno dei cittadini.
2 – Accorpamento della produzione militare
Letta si accorge che nel periodo 2022-2024 per sostenere l’infame guerra degli USA fino all’ultimo ucraino si sono spesi fondi e normi e che “circa l’80% di questi fondi furono spesi in materiali non europei. Al contrario, gli Stati Uniti hanno acquistato circa l’80% dell’equipaggiamento militare utilizzato per sostenere la guerra in Ucraina direttamente da fornitori americani, una netta differenza che evidenzia la debolezza del nostro approccio. Sostenere l’occupazione e le industrie in Europa, piuttosto che finanziare lo sviluppo industriale dei nostri partner o rivali, deve essere un obiettivo primario quando si spende il denaro pubblico”. Come se riconvertire l’economia di pace in una di guerra fosse una opzione semplice, soprattutto con 27 stati differenti. In ogni caso, al di là di quello che si potrà fare concretamente, il punto è che si aumenterà a dismisura la spesa militare e ce la si farà passare come un fattore di progresso economico.
Ma la soluzione è pronta. “Promuovendo un approccio di pianificazione a lungo termine… stimolare in modo significativo le economie di scala… l’utilizzo del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). In risposta alla pandemia di COVID-19, il MES ha introdotto il Pandemic Crisis Support, una linea di credito dedicata volta ad aiutare i paesi membri del MES a coprire le spese sanitarie legate alla crisi.” Visto che occorre stimolare e garantire la continuità degli investimenti militari, si faccia come per i vaccini. Se non bastasse, ci infiliamo pure il meccanismo del MES, così i decisori avranno pure l’immunità penale (non dalla pandemia) al contrario dei guai che passerà (forse) la von der Leyen.
3 – La ricerca sempre più finalizzata alla produzione militare
Rafforzare “la domanda europea di attrezzature prodotte a livello nazionale, favorendo la creazione di attori europei in grado di competere con i giganti globali della difesa. Inoltre, facilita un migliore accesso al mercato per le PMI, la spina dorsale dell’innovazione nel settore”. “un migliore accesso al capitale di rischio e agli incubatori per le startup e le PMI innovative, le grandi imprese primarie potrebbero anche essere incentivate a integrare e guidare progressivamente queste ultime, al fine di aiutarle ad espandersi.”
Altro che “dual use” dei progetti, prima il militare e poi, se resta qualche cosa a cascata, il resto. Addio quindi ai finanziamenti alla ricerca libera e di base.
4 – Sanità e pandemie
“… dare priorità alla vaccinazione degli europei come strumento fondamentale per prevenire virus e malattie.” Nonché “l’implementazione di un passaporto europeo per i vaccini” “Un fattore decisivo per garantire la sostenibilità del settore sanitario è la tecnologia.” “L’esperienza dell’approvvigionamento congiunto di vaccini durante la pandemia di COVID-19 dimostra una strategia che potrebbe essere replicata per alcuni altri medicinali.”
Non poteva mancare la stretta sulla sanità, tutta orientata verso i vaccini e gli obblighi vaccinali e nulla su sanità di prossimità e medicina di base. Ossia, si spinge sui settori dove si fanno più profitti e non su quello che universalmente è ritenuto il primo bastione della salute pubblica.
5 – Energia.
Si cita più volte una fonte di trasporto dell’energia, e non di produzione, quale l’idrogeno, che ha tanti e forse irresolubili problemi tecnologici ed economici, mentre tutti i veri problemi energetici sono del tutto ignorati. Il gas lo riceviamo (anche quello russo via altri paesi fornitori) pagandolo molto di più rispetto al trasporto via gasdotto, le fonti solari sono ritenute perse perché i cinesi ci hanno preceduto di gran lunga, idroelettrico neanche menzionato. Non ci resta che la “modalità di trasporto attive, come andare in bicicletta e camminare, sistemi di trasporto collettivo e pubblico e opzioni di mobilità condivisa”. Quindi, andate a piedi o in autobus o in autostop che vi fa bene!
6 – Abitazione
“Ci sono anche segnali che negli ultimi anni gli investitori sono stati sempre più attivi sui mercati immobiliari urbani, utilizzando gli alloggi come veicolo di ricchezza e investimento, piuttosto che considerarli un bene sociale.”
È vero che la casa dovrebbe essere un bene sociale e non un investimento, ma in un paese come l’Italia essa è sempre stata il bene rifugio per eccellenza del piccolo risparmiatore. Sappiamo bene cosa sta preparando l’Europa per essi con la scusa della “transizione” verde
7 – Protezione sociale.
Anche qui, parole demagogiche sulle diseguaglianze, ma nessuna azione concreta proposta, se non “estendere la rappresentanza dei lavoratori nei consigli di amministrazione basandosi sui vari esempi già presenti in diversi paesi”, cioè la compartecipazione dei sindacati gialli.
E poi “la tessera europea di assicurazione malattia”, come soluzione per “limitare il dumping sociale”, ma di sicurezza sul lavoro e distruzione di quello che chiamano “mercato del lavoro” non una parola.
8 – Paradisi fiscali
“Affrontare la pianificazione fiscale aggressiva, l’elusione e l’evasione fiscale” non si capisce bene come. “Le istituzioni dell’UE dovrebbero dare inequivocabilmente priorità all’uso dei regolamenti nella formulazione delle norme vincolanti del mercato unico”, ma questo non metterà alle corde il dumping fiscale che altri paesi europei ci fanno. In ogni caso, è la tassazione delle grandi multinazionali che proprio non viene presa in considerazione.
9 – Addio al made in Italy in particolare per i prodotti agricoli
“La rinazionalizzazione dell’approvvigionamento e del commercio è destinata a incidere in ultima analisi sui benefici che i consumatori traggono dal mercato unico.” “La libertà di vendita non è quindi un obbligo di vendita purché i venditori non discriminino, in particolare in base alla nazionalità e al luogo di residenza”
Quindi avanti con le etichettature che non proteggono il consumatore né il piccolo produttore, ma solo il grande venditore.

Concludiamo dicendo che la ricetta Letta è da respingere come un ulteriore passo verso la militarizzazione dell’Europa in vista di una guerra sempre più vicina. Non ci salverà dal cannibalismo statunitense, né ci darà la possibilità di entrare nel vasto ambito che il multipolarismo sta realizzando. Ci chiuderà nella fortezza Europa, succube degli interessi statunitensi ancor più di prima.

[1] https://www.ifw-kiel.de/publications/news/chinas-massive-subsidies-for-green-technologies/

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