Due parole ulteriori sul senso della copertina: non c’è alcuna intenzione di screditare o sottovalutare il diritto delle donne a vivere in sicurezza, dignità e in maniera paritaria rispetto agli uomini. Il patriarcato è stato una realtà storica per migliaia di anni in ogni società esistita su questo pianeta, e per quel che riguarda la nostra società italiana continua ad avere sopravvivenze culturali, seppur residuali, dovute al peso storico del diritto romano e della filosofia e teologia cristiane. Fino a quando la Chiesa cattolica non avrà il coraggio di riconoscere alle donne la possibilità di votare il proprio capo di Stato, essa continuerà ad esercitare un ruolo nefasto sul tema, bollando la donna come santa o come strutturale peccatrice, come monaca o come moglie e madre, senza riuscire ad inquadrarla come una donna sociale e politica, che vive nel mondo e non solo per il mondo. Torneremo sul tema, perché la questione femminista è lungi dall’essere conclusa; continua a creare interesse e mobilitazione, ma va incanalata nei binari giusti: non quelli limitati di un “femminismo liberale”, che promuove la donna individualista, imprenditrice e consumista, ma quelli di un “femminismo sociale”, che riconduce ad un adeguato rapporto tra diritti civili e sociali. I liberali (e le liberali) sono giustamente sempre in prima fila a contestare le generalizzazioni populiste e gli stereotipi etnici, ma poi eccoli a denunciare le colpe e le violenze “di tutti gli uomini”. Per quanto ne dicano le compagne più avanzate e coscienti, è indubbio che la gran parte del movimento femminista è almeno dagli anni ’80 egemonizzato dall’ideologia liberale, non mancando nelle sue punte fondamentaliste di tratti misandrici. Il regime sfrutta questo come altri temi quando gli fa comodo per distrarre l’opinione pubblica da questioni più gravi e pregnanti per il peso politico che rivestono (e che riguardano anche le donne). Il primo pensiero va alla striscia di Gaza, che dopo la fine della tregua è tornata a subire una “situazione apocalittica” (dichiarazione ONU): oltre 16 mila i morti e quasi l’intera popolazione (1,9 milioni su 2,2 milioni di abitanti…) gli sfollati. Statisticamente la metà di questa popolazione è composta da donne, ma a buona parte delle donne italiane questo non frega niente, perché il razzismo, il classismo e l’ideologia imperialista sono diffusi in entrambi i generi della popolazione italiana. È per questo che un femminismo slegato da un’ottica di classe rafforza il regime borghese, piuttosto che indebolirlo. D’altronde è o non è una donna a guidare l’attuale governo reazionario che ha appena bocciato la pur debole e insufficiente proposta di legge sul salario minimo? È non è una donna a guidare l’inconsistente opposizione politica del Partito Democratico? Ha gioco facile la Meloni a criticare le sinistre e i sindacati confederali sulla questione. Sono cose che i comunisti veri denunciano da anni, così come questo teatrino delle parti che serve a mobilitare e ridare fiato alle relative tifoserie di centrodestra e centrosinistra. La CGIL non ha promosso mezzo sciopero quando il PD era al governo e non ha fatto nulla di concreto per il mondo del Lavoro.
Ciononostante il ritorno alla conflittualità promosso dalla CGIL è un fatto positivo, perché tiene vivo un messaggio di lotta che può risvegliare dal torpore migliaia di lavoratori. A tutti costoro vanno però dette le cose chiaramente e senza ambiguità: la CGIL è palesemente subalterna al PD ed è parte del problema, così come il resto del sindacalismo confederale (ancora peggio) e perfino buona parte del sindacalismo di base, con poche lodevoli eccezioni. Il problema vero è che al supermercato un litro d’olio extravergine ormai costa 10 euro, con un aumento del 100% rispetto al periodo pre-pandemico. È un esempio spettacolare del carovita a cui non si è accompagnato un adeguato aumento dei salari. Gli operai e i lavoratori salariati ne hanno risentito di più. La deregolamentazione del mercato energetico farà aumentare secondo varie stime i prezzi di almeno il 40-50% nel giro di pochi mesi. Queste sono le conseguenze delle politiche neoliberiste propugnate da Bruxelles e della politica estera di Washington. Il popolo soffre e la Meloni balbetta, anzi ribadisce il proprio supporto all’Ucraina e approva silenziosamente brevi comunicati che annunciano l’abbandono ufficiale della Via della Seta cinese da parte del nostro paese. La Schlein su questo non dice niente.
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