Draghi e la scuola: premesse di una catastrofe

I LAVORATORI DEI BENI CULTURALI E IL FUTURO DEL PAESE
marzo 12, 2021
Per una sanità efficiente, capillare, a misura d’uomo
marzo 13, 2021

Draghi e la scuola: premesse di una catastrofe

di Giovanni Moriello (Partito Comunista, Molise)

 

L’esecutivo dell’ex governatore della BCE, Mario Draghi, fin dalla sua nascita ha messo la scuola nel mirino. Sebbene in quei giorni di febbraio morissero quotidianamente circa 300 italiani, il Presidente del Consiglio ha inopinatamente pensato di dare priorità alla scuola. Il dibattito sulla DAD e sul possibile allungamento dell’anno scolastico ha occupato buona parte della discussione pubblica, come se quelle centinaia di morti non denunciassero chiaramente il ben più grave fallimento della compagna vaccinale italiana.

Ancora oggi navighiamo a vista, ma almeno siamo riusciti nel nobile intento di mettere alla berlina gli insegnati e di infangare definitivamente la reputazione della scuola! Dividere i lavoratori è stato il primo passo del Presidente Draghi.

 

Il Governo italiano, per quanto riguarda la gestione della pandemia e la politica economica per la ripresa, non ha molti margini di manovra e non intende nemmeno averli.

La campagna vaccinale è soggetta ai contratti che l’UE ha stipulato con le multinazionali del farmaco, le quali a loro volta obbediscono solo a logiche di mercato, e la ricostruzione economica dipenderà dalle valutazioni che sempre l’UE farà riguardo alle condizionalità del famoso Recovery Plan.

Detto diversamente: questo governo, espressione diretta della troika internazionale, ha ricevuto il mandato di completare la ristrutturazione globalista del nostro Paese, e la scuola pubblica, che, nonostante i suoi tanti limiti, tenta ancora di valorizzare il merito degli alunni e di dare una formazione abbastanza elevata a tutti, è uno dei pochi ostacoli rimasti alla realizzazione di questo disegno. Bisogna dunque distruggerla!

 

Tutte le riforme degli ultimi trent’anni hanno voluto trasformare la scuola in una vera e propria azienda. Su di essa si sono accaniti in molti: Bassanini, Berlinguer, Moratti, Gelmini, Giannini, tutti hanno sentito il dovere di picconarla poco a poco per introdurvi le logiche del mercato e, dato il suo particolare ruolo sociale, anche per compiere una raffinata operazione di ingegneria culturale sulle menti delle nuove generazioni.

Molti dei ministri sopra citati ora non sono più protagonisti della vita politica del Paese, ma ciò non significa che vi sia una qualche forma di discontinuità nell’attenzione che oggi la politica rivolge alla scuola e in particolare alla formazione dei giovani. Scavando sotto la superficie della retorica di coloro i quali si stracciano le vesti per la DAD e gridano allo scandalo per i danni che stiamo infliggendo alla psiche e alla formazione dei nostri ragazzi, troviamo un pressoché totale disinteresse nell’offrire a questi ultimi qualcosa che almeno rassomigli ad una sorta di educazione.

Bisogna essere oggi accorti e critici più che mai. È veramente possibile che le scuole, in un momento storico caratterizzato dall’invadenza del capitalismo in ogni ambito della nostra vita, riescano a mantenersi tanto autonome da favorire il libero sviluppo del pensiero critico degli uomini e delle donne di domani? Se pensiamo al fatto che in Italia ci sono state scuole premiate dalla Coca-cola, comprendiamo che ciò non potrà mai accadere![1]. È indegno che la libertà d’insegnamento venga tanto offesa e che gli alunni siano plagiati in questo modo! Come si possono insegnare la libertà, l’altezza di pensiero, l’indipendenza, la fede negli ideali a chi deve essere solo fornito di competenze di base facilmente spendibili? Come si può dare un’istruzione elevata e completa ad un prodotto che deve essere venduto sul mercato del lavoro? Possibile che gli insegnanti non si rendano conto del fatto che sprecano parole impotenti suggerite da altri? In classe si può dire di tutto, si può sostenere qualsiasi idea, tranne quella secondo cui il capitalismo è un sistema predatorio e barbarico!

 

Benjamin Franklin diceva che il tempo è denaro. E certamente è così: più tempo ci vuole per produrre una merce, più essa costa. È una delle leggi fondamentali dell’economia di mercato. Ebbene, quando il signor Draghi e i suoi ministri, nelle scorse settimane, hanno parlato di recuperi scolastici, lo hanno fatto sposando proprio una visione produttivistica dell’istruzione.

Sono molti decenni che la scuola pubblica ha l’altissimo ruolo sociale di formare i lavoratori di domani, non certo i cittadini.

Ma che cosa succederebbe se questi lavoratori, finito il ciclo produttivo, dovessero risultare difettosi? Se necessitassero di un certo tempo per essere riparti, prima di essere venduti alle aziende? Cosa accadrebbe, poi, se queste dovessero spendere tempo e risorse per colmare le loro lacune; per perfezionarli? Senza dubbio il costo dell’alunno-merce sarebbe molto elevato, sia per il formatore (lo Stato) sia per l’imprenditore.

Pertanto ecco facilmente spiegata la necessità che molti hanno di recuperare; di rimettere in carreggiata questa macchina produttiva.

 

Spesso le maggiori organizzazioni internazionali esprimono la propria opinione sulla scuola italiana. E lo fanno sempre criticandone impianto gentiliano, da loro considerato ormai arcaico. Tra queste ricordiamo l’OCSE, che l’accusa di limitarsi a valorizzazione gli alunni migliori. Infatti, per questa organizzazione internazionale, la scuola dovrebbe avere il ben più nobile fine di limitarsi a fornire a tutti una formazione di base, ovviamente concordata con aziende e società private.

D’altronde è noto ad ognuno di noi il fatto che il grande capitale ami l’altezza di pensiero… Non chiediamo a Draghi, ai suoi ministri e alle forze che lo sostengono in Parlamento di sposare le tesi del più avanzato marxismo-leninismo oppure di sostenere che anche i figli degli operai dovrebbero avere la possibilità di arrivare alla Presidenza del Consiglio; né ci sogniamo di immaginare che ai docenti sia concesso di educare dei raffinati e pericolosi intellettuali, ma vorremmo almeno che dalle nostre aule provenisse la classe dirigente del Paese!

 

Non ci convinceranno mai che un banchiere possa desiderare il bene delle classi popolari, ciò sarebbe del tutto contrario alle dinamiche sociali del capitalismo.

Basti pensare, ad esempio, all’espressa volontà del Presidente del Consiglio di far fallire le piccole imprese per favorire le multinazionali straniere e italiane. Un vero approccio darwinista.

Pensiamo un po’ se questo pensiero fosse applicato anche ad altri ambiti, come per esempio alla distribuzione dei vaccini. Se ad esempio li dessimo ai giovani e non ai vecchi, sarebbe scandaloso! Giusto? Eppure, in fondo, l’idea di scuola che balugina dalle parole del Banchiere non è molto lontana da una tale aberrazione.

Se Draghi sostiene che valorizzerà l’istruzione tecnica e che addirittura fonderà un nuovo umanesimo, noi dobbiamo quantomeno temere il fatto che costui abbia una visione classista della società; infatti va comunque ricordato che ha fatto parte di Goldman Sachs, una grande banca d’affari statunitense, e che è stato tra quelli che hanno permesso la depredazione della Grecia[2]!

Non sappiamo quali provvedimenti saranno presi nelle prossime settimane, ma non ci aspettiamo nulla di buono e siamo pronti a far sentire la nostra voce.

[1] https://abruzzo.cityrumors.it/notizie-teramo/cultura-spettacolo-teramo/319822-coca-cola-premia-scuolacastelnuovo-al-vomano.html

[2] https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-i_miracoli_di_draghi_in_grecia_dato_per_dato/29278_39858/

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *