Fenomenologia sociale e politica della capitale europea. La Tangentopoli blu; Capitolo primo.

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Fenomenologia sociale e politica della capitale europea. La Tangentopoli blu; Capitolo primo.

Il Coccodrillo Rosso   

 

Se mai vi ritrovaste a passeggiare tra e piccole vie de “La Grande Place” di Bruxelles (una delle pochissime zone storiche rimaste intatte dalla furia dell’inguardabile urbanistica progressista), nei negozietti turistici troverete numerosissimi accessori vari che parlano di Bruxelles come “La capitale d’Europa”. Quella frase, la prima volta che la vidi, mi fece riflettere.

Per quanto ingiusta e pomposa possa sembrare, nella realtà dei fatti, quella frase è vera. E questa sua effettiva arroganza, fa sicuramente al caso nostro. Perché questa arroganza europeista è fortemente simbolica. Rappresenta una classe politica che si è autoproclamata dalla parte del giusto senza mai aver dimostrato di aver qualità politiche e morali impeccabili. Rappresenta una classe politica che si è arrogata il diritto di decidere delle sorti dei popoli europei (e non) trattandoli con sdegno e senza aver mai compreso le loro agonie; anzi il loro lavoro è stato quello di incrementare le sofferenze di lavoratori e cittadini. Rappresenta l’arroganza di un gruppo di politici che si riunisce in un parlamento o in una commissione volutamente schiavi di vincoli economici che in nome di un progetto che hanno dichiarato essere un sogno, impone politiche che da anni risultano essere un incubo. Mezzi governanti privi di percezioni della politica reale e privi di sentimenti, morale e compassione per gli ultimi; se non per categorie affini ai loro ridicoli progetti politici.

È mia intenzione questa volta analizzare la natura dei prevedibili fattacci avvenuti lo scorso dicembre a Bruxelles che hanno portato all’arresto di Parlamentari europei e di uno dei suoi quattordici (sottolineo quattordici) vice presidenti, Eva Kailī senza risparmiare il suo assistente parlamentare nonché compagno Francesco Giorgi. Non è tutto. La maggior parte degli arresti include europarlamentari del gruppo S&D ovvero “socialisti e democratici per il progresso” (vale a dire il secondo gruppo parlamentare per numero di eurodeputati) e automaticamente membri del Partito Democratico in rappresentanza a Bruxelles e nientedimeno che membri del Partito Socialista belga. Sarebbe troppo deludente se finisse qui la lista degli indagati: la corruzione non risparmia le ONG, le principali sospettate tra queste l’americana “Human rights foundation”, “No peace without justice“ della radicale Emma Bonino (da sempre amante del mondialismo capitalista che profuma di aiuti umanitari) e infine “Fight impunity” dell’eurodeputato ex piddino e attualmente Articolo 1, Antonio Panzeri, arrestato ad inizio indagini per poi aver visto sotto arresto tutta la sua famiglia. La figlia, sembra avere ricevuto ingenti somme di denaro sul suo conto; a quanto pare originarie del Qatar. Ma non è la sola: sui conti esteri, ingenti somme sembrano essere state versate alla Kailī stessa che ha delicatamente depositato denaro in paradisi fiscali. E ciliegina sulla torta; il filo conduttore tra la vicepresidente, Panzeri, i deputati e le ONG sembra essere stato proprio il giovane Giorgi. Il 35enne aveva lavorato per anni alla “Delegazione UE per le relazioni con i paesi del Maghreb” affiancando come assistente il deputato PD (e dunque S&D) Andrea Cozzolino attualmente sospeso dai partiti di cui è membro. Cozzolino dichiara di non avere nulla da nascondere e di essere estraneo. Nel frattempo tornando a Giorgi, il giovane assistente ha anche lavorato per anni nell’Ufficio di Antonio Panzeri e sembra aver fatto da tramite. I soldi illeciti a quanto pare arrivano anche dal Marocco: ciò rafforzerebbe l’ipotesi del ruolo svolto da Giorgi, i parlamentari, le ONG e la delegazione. Come leggiamo da alcuni articoli, in realtà, Giorgi ha già confessati in data 15 dicembre e ha ammesso il giro illecito di denaro qatariota e marocchino, immigrazione e ONG. Nel frattempo Panzeri, da qualche giorno, patteggia con i PM.

Lo so cosa sembrerebbe genuino pensare: non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. Ed è vero, è un ottimo presupposto. Ma il modello politico europeo si manifesta come un sistema dove ogni suo attore in intensità diversa, volontariamente o no è coinvolto o schiavo. Uno schema piramidale di pessima politica e burocrazia. Per non parlare in aggiunta di come è necessario ribadire come queste vergognose sinistre mondialiste, liberali e progressiste infanghino nuovamente il nome del socialismo. È già abbastanza nauseante pensare come politici del genere usino il termine “socialista” per classificarsi in un’area politica di un parlamento dalla discutibile etica; figuriamoci se inoltre compiono crimini del genere atteggiandosi da borghesi lupi della finanza.

È così ora di analizzare le cose per come sono realmente. Ma non possiamo analizzare il tutto senza fare una bella esposizione sociale e storica di Bruxelles, la gioventù europea, i tecnocrati, l’economia, la burocrazia e la società europeista. Dobbiamo comprendere sin da subito che questa è solo una parte di come le cose vanno e di come le cose vengono realmente dipinte da narrazioni politiche e mediatiche. In poche parole vi mostrerò che dove si crede fermamente che tutto sia puro e candido, è dove realmente risiede il marcio.

Non nascondo la mia intolleranza verso lo stupore di agenzie politiche, stampa, partiti ed opinione pubblica nell’apprendere la notizia. Ma che cosa realmente si aspettavano da istituzioni internazionali dove lobby, multinazionali e agenti esterni politici hanno un diretto contatto con i policy makers e politici? In una città dove capitali e progresso economico non hanno controlli o paletti; anzi la fanno da padrone incessantemente? Da decenni ci è stato insegnato a non dubitare delle politiche progressiste e internazionali; e il piano ha funzionato. Ma per i pochi rimasti con un minimo di materia grigia, cultura, dignità e senso critico non solo uno scandalo del genere era estremamente prevedibile, ma è addirittura emerso troppo tardi.

A mio avviso, Bruxelles prima del malato progetto europeista poteva essere una bellissima città. Poi arrivò il Trattato di Bruxelles nel 1948, le speculazioni edilizie degli anni 60 nel quartiere di Marolles, la creazione e del bruttissimo quartiere europeo (anche se va detto che nella sua architettura esprime una cupa solennità autorevole) e infine il trattato di Maastricht. Ma socialmente, la capitale belga è sempre stata discutibile: è una capitale del liberalismo e di quello che fu il mercantilismo. Eppure Bruxelles ha ospitato molti ribelli e ha avuto un forte Partito Socialista in passato, e il quartiere Molenbeek ha la nomina di “quartiere ribelle“ avendo ospitato Victor Hugo in esilio dal Secondo Impero ed esuli della Comune di Parigi. Pensate che nella già citata Grand-Place troverete un piccolo edificio (adesso ristorante) con lo stemma di un cigno. Lì Karl Marx alloggiò dal 1845 al 1848 e con il sostegno economico dell’amico Engels stese la maggior parte del nostro amato manifesto. Ma anche nel Novecento ospitò ribelli di tutto rispetto.

Il compagno Lenin tenne lì nel 1903 una parte del secondo congresso del Partito Operaio

Socialdemocratico russo. Insomma, cosa è andato storto in una città che la storica Anne Morelli definì “dei rivoluzionari”? Non è mia competenza ora parlarvi della storia belga dal 1830 ad oggi; ma continuerò l’analisi con un paradosso che studiosi di scienze politiche hanno sempre dovuto affrontare: sono le istituzioni a influenzare la società o sono le società ad influenzare le istituzioni? La risposta è sempre ardua ma facile sarà la conclusione che trarremmo dal caso belga, che presenta una forte dipendenza e ambivalenza tra istituzioni europee e gli abitanti della città. La società europeista di Bruxelles è tutto quello che c’è di sbagliato nella politica del continente. È una società autolesionista che disprezza i poveri spesso con gaudio e a volte con finta compassione. È intollerante verso qualsiasi forma di reale riforma delle direttive economiche europee, adora e mai mette in discussione politiche elitarie dall’alto verso il basso, si ritiene inclusiva e discrimina lavoratori o studenti provenienti da classi meno agiate ed è piena di ridicoli tecnocrati senza alcuna ideologia e pronti a servire ogni istituzione europea solo per un avanzamento di carriera mentre promuove politiche vuote di contenuti che abbiano cura della società.

Tutto ciò con arroganza e vanto di essere smart, professionali e al passo con i tempi. Questa classe di individui, i veri arrivisti della nostra storia, lavora unicamente per il proprio tornaconto senza mai avere vero spirito critico verso le politiche a cui lavora. In poche parole, le istituzioni europee creano tecnocrati ad hoc figli di una borghesia che non ha nulla a cuore se non il progredire del proprio status personale. O se non fanno parte di essa, vogliono scimmiottarla cercando di prendersi una fetta della torta. Per dirla in maniera più pragmatica, Bruxelles crea e vuole avere tra le proprie file di questo esercito freddi esecutori senza identità, ideologia, schieramento, spirito e coscienza. La quasi totalità di loro viene da università private (che spesso hanno contatti diretti con parlamento e commissione), ha le spalle ben coperte da famiglie ridicolosamente benestanti con saldi contatti politici e parla unicamente di carriera a svantaggio di mantenere posizioni politiche. Nulla conta più del proprio tornaconto, e per dirla tutta, le loro competenze sono spesso penose e sono il risultato unicamente derivante dalle rate dei loro ricchissimi studi privati che rilasciano prestigiose lauree. Il loro inglese è penoso, la loro conoscenza della storia politica è inesistente rispecchiando unicamente il potere del possedimento di denaro. È un ambiente politico dove non si parla mai di dottrine o ideologie. Carriera, arricchimento o e finti miti di progresso creati ad hoc sono le uniche costanti di cene e lamentele di Assistenti parlamentari, tirocinanti o studenti autolesionisti lacchè sfruttati dal sistema politico. Ovviamente il “lecchinaggio” (passatemi il termine) in questa scala sociale è scandalosamente alla luce del sole. Gli uffici dei deputati e di chi lavora nelle commissioni è spesso pieno di giovani. Ed è proprio la gioventù a rendersi autolesionista in questa triste storia.

Nel febbraio dello scorso anno, il Parlamento Europeo ha bocciato la proposta legislativa che vietava i i tirocini non retribuiti e apprendistati nelle istituzioni europee (tra i votanti nostrani elenchiamo Forza Italia, Lega, Italia viva, Calenda e il francofono Sandro Gozi). Questo indica come la gioventù lavoratrice delle istituzioni sia già completamente schiava conscia di un sistema al quale non solo non si ribella perché dannoso per il proprio futuro e i propri diritti, ma è incline al servilismo e l’ammirazione più totale. È vero, ci sarà sicuramente una parte di questi ragazzi che ce l’ha fatta con dedizione e senza raccomandazione; ma nella quasi totalità dei casi sono i politici europei ad approvare ragazzi per un tirocinio o direttamente un posto di lavoro. Così facendo spesso i deputati si accaparrano voti per le elezioni prossime offrendo opportunità di lavoro determinato, creando più totale sottomissione lavorativa da parte dei tirocinanti, che pur di rinnovare sono disposti a comportamenti adulatori di ogni genere. Da questo malsano ambiente nascono così esecutori di un sistema politico privi di ogni identità, etica e ideologia. Nella migliore delle ipotesi, parliamo di robot, nella peggiore di promotori di un sistema del quale sono vittime. Ovviamente il compenso è spesso garantito da alcuni parlamentari. Ma la logica di sottomissione che alimenta la classe burocrate europea, rimane la stessa.

Il dogma europeista è così un leviatano maligno che ingloba ogni formazione politica. Anche i gruppi politici del parlamento più euroscettici, alla fine, giocano un ruolo di finta opposizione e non mettono mai in discussione le direttive economiche della moneta unica e dell’elitista ma immensamente influente Commissione. L’unica ad avere l’ultima parola su tutto quello che accade a Bruxelles e nel continente. David Sassoli affermò che “L’Unione Europea non è un errore della storia” e in un certo senso non ha avuto torto. Se la intendiamo come piano politico, no: l’Unione Europea non è un errore. È l’imposizione coatta di un modello sociale liberale che la sua capitale parzialmente aveva come direzione dal primo post guerra. Per ricchi solamente, fluida, politicamente vuota e piena di capitali in quantità inimmaginabili. In un altro senso, è un errore perché non rappresenta nulla delle promesse che ha compiuto nel suo processo di integrazione che ha coperto decenni della storia dei paesi che sfrutta. È a metà tra un errore e un capitolo che la storia dovrà dimenticare.

Dal 1992, con Maastricht e Tangentopoli, abbiamo avuto una demonizzazione delle politiche nazionali e delle loro classi dirigenziali e una esaltazione incondizionata del progetto europeo; sempre puro e impeccabile tanto quanto tecnico e mai capace di errori morali o politici. Lo scorso dicembre abbiamo visto solo la punta di un Iceberg che ha dimostrato di poter fallire e che ha del marcio in sé. Ma c’è ancora molto da scoprire nelle nostre analisi. Lobby, ONG e politici dalle discutibili capacità mitizzati dalla stampa. Insomma, tutto quello con cui Panzeri, Giorgi e Kailī hanno avuto a che fare.

Questo è il volto della Tangentopoli blu: più grande, più affarista, più competente e più globale di quella italiana. Ma ne parleremo meglio nel prossimo capitolo.

 

 

 

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