IL DIRITTO DI CONTARE
CHIARIMENTI SULLA LINEA DEL PARTITO COMUNISTA

INCONTRO A ROMA TRA PARTITI COMUNISTI EUROPEI PER RIBADIRE L’OPPOSIZIONE ALL’IMPERIALISMO USA
luglio 17, 2023
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BOLLETTINO PERIODICO DEL PARTITO COMUNISTA. N°1
luglio 23, 2023

IL DIRITTO DI CONTARE
CHIARIMENTI SULLA LINEA DEL PARTITO COMUNISTA

liberi di contare

IL DIRITTO DI CONTARE

CHIARIMENTI SULLA LINEA DEL PARTITO COMUNISTA

 

Come in tutte le storie umane c’è sempre un prima, un mentre e un dopo, e questo è lo stesso per le storie politiche di un partito. Come in tutte le storie umane c’è chi guarda al prima, chi guarda al mentre e chi parte dal vedere la storia dal dopo, pochissimi sono quelli che guardano tutti e tre gli aspetti avendo le cose chiare nella loro totalità. Da molti anni, e anche nell’ultimo periodo intercorso dall’inizio della pandemia alla sua fine, (per bocca della stessa OMS) è “abitudine” di qualche organizzazione, singolo individuo, sito, giornale e tutto ciò che ruota nella “galassia comunista” gettare la “polvere dell’ignorante discredito” sul Partito Comunista per via della sua personale esperienza che viene fatta passare per “oggettiva”, “generale”, “irrecuperabile” e così via.  Individui che, transitati nel Partito e poi usciti, per riuscire a restare in vita, parlano, “ciarlano”, accusano, indicano, “blablabeano” beatamente sui social al fine di giustificare il loro, consentitemi, personale fallimento politico all’interno del Partito.

Non starò qui a dire perché, chi ha fatto cosa per cui parla nascondendosi dietro a un dito. Eviterò di elencare i casi di maleducazione, opportunismo, frazionismo, l’idiozia personale, le parole dette e non dette, le “trame” ordite, i fatti “rigirati” e fatti passare per altro, il razzismo di alcuni ecc., potrei scrivere un libro più lungo della Commedia di Dante; quello che mi preme chiarire sono gli aspetti di taluni cambi della tattica del Partito, ma non della sua strategia che rimane, e rimarrà, la presa del potere politico da parte dei lavoratori che dovrà andare verso la forma socialista dello stato. Dal nostro punto strategico parto per un’osservazione politica sulla quale potremmo essere d’accordo tutti: il fatto che non esista, negli scritti di Marx, una teoria organica della società comunista.

Mancava, quindi, un’indicazione concreta e operativa di come andasse costruita la società comunista, perché Marx fu restio a prescrivere quelle che definì spregiativamente “ricette per l’osteria dell’avvenire”, le uniche indicazioni offerte erano assai generiche: l’eliminazione della divisione delle classi e del lavoro, l’abolizione del rapporto di lavoro salariato (causa prima dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo) e della proprietà privata dei mezzi di produzione (che non doveva diventare proprietà pubblica, ossia statale, che avrebbe perpetuato in una certa misura l’alienazione e i rapporti di lavoro capitalistici); la società comunista doveva ergersi eliminando lo Stato, perché l’organizzazione statale ha senso solo quando è espressione del dominio di una classe sull’altra, e non lo ha quando sono scomparse le classi. L’obiettivo era quindi una società in cui vigesse l’uguaglianza reale tra gli uomini. Questo nei pensieri e intenzioni di Marx.

Quando i bolscevichi presero il potere nel 1917 si accorsero presto che queste indicazioni di massima non servivano a molto nella situazione apocalittica in cui si trovarono a governare. Bucharin confesserà candidamente così: «Ci immaginavamo le cose nel modo seguente: assumiamo il potere, prendiamo quasi tutto nelle nostre mani, mettiamo subito in moto un’economia pianificata, non fa nulla se sorgono delle difficoltà, in parte le eliminiamo, in parte le superiamo, e la cosa si conclude felicemente. Oggi vediamo chiaramente che la questione non si risolve così». In questo senso Lenin, dall’alto della sua esperienza e della sua capacità politica, riuscì a elaborare la teoria marxista e a portare alla vittoria la Rivoluzione Socialista Sovietica. Da questo punto dobbiamo ragionare sul senso del leninismo, ovvero sull’unità del partito e non del frazionismo; sulla possibilità di edificare il socialismo in un solo paese e non sulla sua negazione; sulla considerazione che i contadini erano la principale riserva del proletariato e non la negazione del loro ruolo nel processo rivoluzionario; la contestualizzazione e la storicizzazione delle teorie e non la loro astrazione dai contesti; lo sviluppo pianificato dell’economia nazionale.

Se vogliamo ragionare su tutto questo (ma non lo farò qui, sarebbe troppo lungo) che è frutto di un’elaborazione durata anni e anni e che ha trovato, in anni e anni, sempre più conferma e arricchimento dall’esperienza di chi è venuto dopo Lenin, a cominciare da Stalin, possiamo allora cominciare a chiarire alcuni punti sui quali non si è compresa l’azione del Partito (o si è fatto finta di non comprendere per altri motivi). Partiamo dalla proposta di alleanza con il ceto medio proletarizzato che si sta concretizzando in una proposta politica, in un’alleanza politica con talune parti sociali che prima erano da noi distanti. Alcuni hanno gridato allo scandalo, perché, si sarebbe andato contro lo Statuto del Partito: cominciamo a chiarire che questa tesi è falsa, per alcune ragioni.

La prima ragione è di natura lessicale, ovvero c’è gente che, dall’alto della sua “cultura” e dei suoi “studi” non riesce a capire la differenza tra “statuto” e “tesi congressuale”. O forse ci giocano per nascondere altro, ma andiamo avanti e per gradi. Lo “Statuto” è «Atto giuridico politico che esprime formalmente e solennemente i principi fondamentali che riguardano l’organizzazione di uno stato o l’ordinamento di qualsiasi associazione, ente o istituto» o ancora «la struttura e la base metodologica che sta a fondamento di una disciplina scientifica o filosofica», per esempio lo “Statuto Regionale” è ciò che regola l’organizzazione politica e amministrativa di una regione oppure lo “Statuto della bioetica” è ciò che dà la struttura metodologica della disciplina stessa; la “Tesi” invece è una «proposizione di argomento filosofico, teologico, scientifico, o attinente a un problema di critica letteraria o artistica, che si enuncia e si discute per dimostrarne la verità contro altre proposizioni contrarie». Dunque, lo Statuto attiene alle regole, le Tesi all’elaborazione di contenuti, fatta questa distinzione tecnica, andiamo nello specifico.

Nelle Tesi Congressuali del III Congresso del 2020 ci sono 3 punti che indicano la linea politica di allora:

  1. ) «1.1 La rottura con l’opportunismo. La rottura con l’opportunismo (l’eurocomunismo, l’eclettismo che ha caratterizzato l’esperienza di Rifondazione Comunista fin dalla sua nascita, la politica di collaborazione con le forze borghesi del PdCI, con il movimentismo che caratterizza la galassia a sinistra del PD, l’immobilismo di formazioni che si richiamano al marxismo-leninismo o il disorientamento ideologico che fa dipendere la loro strategia dalle evoluzioni dei movimenti borghesi) fa sì che il Partito Comunista possa essere orgoglioso di quanto fatto, pur tra limiti e insufficienze, in questi anni» (capitolo 1 – La nostra storia, bilancio e compiti, 2020, p. 7)
  2. ) 1.1.3 Le elezioni e la costruzione del Partito. Il Partito ha seguito i compiti che si era dato nel II Congresso. In particolare per quanto programmato nelle Tesi del II Congresso (parte 3):
    «Il Partito Comunista deve partecipare in ogni occasione possibile alle elezioni borghesi, con proprie liste indipendenti, non legate anche in caso di ballottaggio al centrosinistra e a qualsiasi forma di forze borghesi. La presentazione alle elezioni ha l’obiettivo di utilizzare lo strumento elettorale, con funzione di tribuna, incrementando le possibilità di visibilità del Partito, per farne conoscere il programma, contribuire a rafforzarne la presa su settori di massa, rafforzarne organizzazione e capacità politiche». [tesi 49] (capitolo 1 – La nostra storia, bilancio e compiti, 2020, p. 7)
  3. ) 1.1.4 Le alleanze di classe e le campagne politiche e elettorali. Nelle Tesi del Congresso precedente leggiamo:
    «Confermiamo la validità del programma minimo realizzato in occasione del I congresso e della strategia delle alleanze di classe come elemento necessario per la conquista del potere, come fattore che consente di strappare settori delle masse popolari, della piccola borghesia all’egemonia ideologica e politica reazionaria, ponendole in alleanza con la classe operaia in direzione dell’abbattimento del capitalismo e della conquista della società socialista-comunista. La questione delle alleanze di classe diviene tanto più importante e urgente in questa fase in cui è concreta la possibilità di una saldatura reazionaria di settori della piccola borghesia con settori del grande capitale. In definitiva il carattere reazionario o progressista di questa fase politica e della gestione delle gravi tensioni generate dalla crisi economica e politica, e della crisi del disegno europeo, dipenderanno in larga parte da quale direzione prenderanno le masse popolari, se esse si legheranno a settori reazionari del capitale (come avvenne negli anni Venti) o se essere riusciranno a fare blocco con la classe operaia, la quale purtroppo sconta oggi una condizione assai arretrata per coscienza ed organizzazione». (Tesi 18)

Anche questa indicazione – pur tra insufficienze, incertezze e ritardi – è stata perseguita. Il nostro Partito ha sempre cercato di rivolgere un’attenzione particolare non solo verso il proprio principale riferimento di classe, ossia la classe operaia, ma anche verso tutti i lavoratori, anche quelli autonomi, che subiscono oggi sempre più il peso della crisi. Come si indica nelle Tesi, questi ceti vanno strappati alla destra “sovranista” e nazional-sciovinista, nei quartieri popolari, nei piccolissimi luoghi di lavoro, dove il conflitto capitale-lavoro è mascherato dalla situazione in cui si trova anche il piccolo padroncino. Una situazione difficile che non può essere affrontata con superficialità, anche e soprattutto per la particolare ricattabilità del lavoratore in quei contesti. (capitolo 1 – La nostra storia, bilancio e compiti, 2020, p. 8)

Nelle Tesi Congressuali del IV Congresso del 2023 i punti che indicano la linea politica di adesso sono:

  1. ) «II. Contro il “politicamente corretto”. la nuova identità dei comunisti. I processi di instaurazione e vittoria del pensiero unico in Occidente datano, nel nostro Paese, già dalla mutazione genetica del Pci (eurocomunismo, compromesso storico, diritti civili in sostituzione di quelli sociali e scelta dell’ombrello della NATO) e dalla fine del sindacato conflittuale e di classe (linea dell’Eur e inizio della concertazione). Il mutamento è stato graduale ed in tutti i settori, ma è andato avanti con tale profondità che oggi, anche e soprattutto culturalmente, la cosiddetta “sinistra” risulta essere la più conseguente al governo della finanza e delle multinazionali. Ed è per questo motivo che scegliamo un approccio teorico e culturale per segnalare gli errori e gli orrori da cui staccarsi al più presto ed in maniera irreversibile e definitiva. Il termine “politicamente corretto” è l’indicazione che più ci aiuta a far capire la cesura che dobbiamo praticare per ricostruire una forte identità chi dovrà esser l’avanguardia del popolo dei lavoratori e del ceto medio impoverito che dovranno, e già possono, costituire l’ampia maggioranza quantitativa e qualitativa per il processo di mutamento radicale che tanto necessita al nostro paese». (capitolo 2 – Contro il “politicamente corretto”. la nuova identità dei comunisti, 2023, p. 6)
  2. ) «Il Partito Comunista lavora oggi per la costruzione di una nuova Italia popolare, libera dalle strutture imperialiste dell’UE e della NATO. Vogliamo un’Italia in cui un lavoro equamente ripartito torni ad essere protagonista in una nazione capace di relazionarsi con i popoli di tutto il mondo, sviluppando rapporti di cooperazione economica pacifica nel rispetto reciproco con tutti. Il Partito Comunista lavora inoltre assiduamente per la ricomposizione del movimento comunista internazionale a partire dalla lotta contro il revisionismo nelle sue varietà (borghese, trockijsta, ecc.) ribadendo il valore di costruire un intellettuale collettivo internazionale capace di unire le organizzazioni politiche che oggi combattono in paesi borghesi e che siano consapevoli degli apporti positivi dati da Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao».(capitolo 2, 2023, p. 13)
  3. ) «Si tratta di riconoscere che la dicotomia tra salario da un lato e profitto e rendita dall’altro, che definiva chiaramente lo scontro di classe nel XX secolo, nel XXI secolo ha spostato strati di lavoratori che oggettivamente nel XX secolo svolgevano una funzione di riproduzione del capitale, ma che oggi da quello stesso capitale vengono stritolati e ne subiscono le stesse dinamiche di estrazione. È questo il ceto medio in via di proletarizzazione che, nell’agenda politica dei partiti comunisti occidentali, deve essere inclusa e riconosciuta come categoria sociale da associare, sotto l’egemonia del proletariato, per programmare e attuare il rovesciamento dei rapporti di forza ideologici e politici all’interno delle società capitalistiche per la transizione al socialismo. Dobbiamo ragionare sulla necessità di rivolgerci complessivamente al popolo, radicandoci in profondità nello stesso, senza snaturarci, ma riuscendo ad allargare una comunità di resistenza politica e sociale». (capitolo 4 – L’atteggiamento dei comunisti e le prospettive di lotta, 2023, p. 42)

Queste sono le tesi congressuali del 2020 e del 2023 dalle quali si evince:

  1. ) che il Partito Comunista è contro l’opportunismo, l’eurocomunismo, l’eclettismo, la politica di collaborazione con le forze borghesi, l’immobilismo e il disorientamento ideologico di supposte formazioni marxiste-leniniste;
  2. ) che il Partito Comunista ritiene le alleanze di classe come elemento per la conquista del potere, come fattore che consente di strappare settori delle masse popolari, della piccola borghesia all’egemonia ideologica e politica reazionaria, ponendole in alleanza con la classe operaia in direzione dell’abbattimento del capitalismo e della conquista della società socialista-comunista;
  3. ) che il Partito Comunista partecipa alle elezioni borghesi, quando è possibile, con proprie liste indipendenti da qualsiasi forma di forze borghesi, il tutto nella prospettiva di utilizzo dello strumento elettorale, con funzione di tribuna, incrementando le possibilità di visibilità del Partito, farne conoscere il programma, rafforzarne la presa su settori di massa e l’organizzazione e capacità politiche;
  4. ) che il Partito Comunista ritiene necessario strappare ceti sociali alla destra “sovranista” e nazional-sciovinista e alla sinistra socialdemocratica imperialista, nei quartieri popolari, nei piccolissimi luoghi di lavoro, dove il conflitto capitale-lavoro è mascherato dalla situazione in cui si trova anche il piccolo padroncino, il quale non è che sia per forza un alleato sociale, ma è semplicemente un “elemento sociale” all’interno di una visione generale, spetterà al singolo padroncino capire la prospettiva migliore e prendere coscienza dei suoi errori ed “orrori” (se poi non lo fa o “ne approfitta” sarà compito di chi guida il movimento “metterlo a posto” in quanto “disturbartore”);
  5. ) che il Partito Comunista è contro la Nato, contro l’Unione Europea (e quindi contro l’euro), contro il politicamente corretto della sinistra, contro il revisionismo ecc;
  6. ) che il Partito Comunista lavora per la ricomposizione del movimento operaio internazionale e per l’allargamento, del rivolgersi a quanti più strati sociali popolari possibili per indirizzare l’azione sotto l’egemonia della classe dei Lavoratori, e tra questi strati sociali popolari, oggi, vi è il ceto medio in via di proletarizzazione. Bisogna radicarsi in profondità nella società, senza snaturarci, ma riuscendo ad allargare una comunità di resistenza politica e sociale al sistema capitalista.

Queste sono le Tesi, cosa diversa dallo Statuto dove non c’è scritto che non si può fare un’alleanza politica e che dobbiamo fare, per forza, da soli. Le tesi congressuali e politiche, possono cambiare in base all’elaborazione dovuta al periodo storico, ovviamente dopo una discussione e una votazione in seno al Comitato Centrale, dove la maggioranza decide e la minoranza si attiene, così come da centralismo democratico. Su questo punto di vista è incredibile come certi che, fino a ieri, dicevano che andava tutto bene e poi, quando sono finiti in minoranza, sono usciti dal Partito dicendo che le cose non andavano più bene: queste persone dovrebbero fare pace con la loro onestà intellettuale e capire che la “democrazia” non va bene solo quando si dice e si fa quello che ci piace, ma deve essere accettata anche quando non si allinea esattamente alla nostra volontà. Ma questo lo possono accettare solo i veri e sinceri democratici e non quelli che si comportano come “bambini ai quali è stato tolto il giocattolo”… Fatta questa lunga premessa è bene chiarire degli aspetti politici intorno alla “controversa” proposta dell’alleanza politica con determinati settori politici che erano lontani da noi se non contrari, e chiariamo anche l’utilità della “tattica” politica della concretezza in certi contesti politici.

 

PUREZZA RIVOLUZIONARIA O CAPACITÀ DIALETTICA DI ANALISI E PROPOSTA?

 

Lungi dall’utilizzare citazioni di chi, prima di noi, ha tracciato la via verso la Rivoluzione per giustificare quello che, secondo alcuni, è ingiustificabile, facciamo una premessa partendo da Lenin e alcune considerazioni poste in Estremismo, malattia infantile del Comunismo:

«negare “per principio” i compromessi, negare in generale ogni ammissibilità di compromessi, di qualunque genere essi siano, è una puerilità, che è perfino difficile prendere sul serio. Un uomo politico, che desideri essere utile al proletariato rivoluzionario, deve saper distinguere i casi concreti appunto di quei compromessi che sono inammissibili, nei quali si esprimono opportunismo e tradimento, e indirizzare tutta la forza della critica, tutta l’acutezza di uno spietato smascheramento e di una guerra implacabile contro questi compromessi concreti, e non permettere agli espertissimi socialisti “affaristi” e ai gesuiti parlamentari di evitare e sfuggire la responsabilità con dissertazioni sui “compromessi in generale”».

e ancora:

«Vi sono compromessi e compromessi. Si deve essere capaci di analizzare le circostanze e le condizioni concrete di ogni compromesso e di ogni specie di compromesso. Si deve imparare a distinguere l’uomo che ha dato denaro e armi ai banditi per ridurre il male che i banditi commettono e facilitarne l‘arresto e la fucilazione, dall’uomo che dà denaro e armi ai banditi per spartire con essi la refurtiva. Nella politica, questo non è sempre così facile come nel piccolo esempio che ho citato e che un bambino può comprendere. Ma chi volesse escogitare una ricetta per gli operai, che offrisse loro decisioni preparate in anticipo per tutti i casi della vita, o promettesse loro che nella politica del proletariato rivoluzionario non ci saranno mai difficoltà e situazioni complicate, sarebbe semplicemente un ciarlatano».

Per concludere: «Naturalmente a rivoluzionari molto giovani e inesperti, come pure a rivoluzionari piccolo-borghesi, anche se di età veneranda e molto esperti, sembra straordinariamente “pericoloso”, incomprensibile, sbagliato, “permettere i compromessi”». Fatta questa premessa, facciamo degli esempi che vanno nella direzione di quanto detto da Lenin, sempre su Estremismo, malattia infantile del Comunismo, per esempio su alcuni “accordi politici” con altre parti politiche non comuniste, in questo caso con il Partito Laburista inglese:

«Parlerò in modo più concreto. I comunisti inglesi, secondo me, devono unificare tutti i loro quattro partiti e gruppi in un solo Partito comunista, sul terreno dei principi della III Internazionale e della partecipazione obbligatoria al Parlamento. Il Partito comunista propone agli Henderson e agli Snowden un «compromesso», un accordo elettorale: marciamo insieme contro il blocco di Llooyd George e dei conservatori; dividiamo i seggi parlamentari proporzionalmente al numero dei voti dagli operai al Partito laburista o ai comunisti (non nelle elezioni, ma in una votazione particolare); riserviamoci piena libertà di agitazione, di propaganda, di attività politica. Senza quest’ultima condizione, si intende, non si deve entrare nel blocco, perché sarebbe un tradimento. (..) Noi avremo guadagnato perché porteremo la nostra agitazione fra le masse nel momento in cui sono state «messe in effervescenza» da Lloyd George stesso, e non soltanto aiuteremo il Partito laburista a formare più presto un proprio governo, ma aiuteremo anche le masse a comprendere più rapidamente tutta la nostra propaganda comunista».

Questo diceva Lenin nel 1920. Marx nel 1848, nel Manifesto del Partito Comunista a proposito dei rapporti con i partiti d’opposizione di allora:

«I comunisti lottano per raggiungere gli scopi e gli interessi immediati della classe operaia, ma nel movimento presente rappresentano in pari tempo l’avvenire del movimento stesso. In Francia i comunisti si uniscono al partito socialista democratico contro la borghesia conservatrice e radicale, senza rinunciare perciò al diritto di serbare un contegno critico di fronte alle frasi e illusioni derivanti dalla tradizione rivoluzionaria. In Svizzera sostengono i radicali, senza disconoscere che questo partito è composto di elementi contraddittori, e cioè in parte di socialisti democratici nel senso francese, in parte di radicali borghesi. Fra i polacchi i comunisti appoggiano il partito che mette come condizione del riscatto nazionale una rivoluzione agraria; quello stesso partito che suscitò l’insurrezione di Cracovia nel 1846. In Germania il partito comunista lotta insieme con la borghesia, ogni qualvolta questa prende una posizione rivoluzionaria contro la monarchia assoluta, contro la proprietà fondiaria feudale e contro la piccola borghesia reazionaria.[…] In una parola, i comunisti appoggiano dappertutto ogni moto rivoluzionario contro le condizioni sociali e politiche esistenti».

Quindi, se dovessimo ragionare come ragionano taluni “giovani” o “piccoli borghesi”, forse che dovremmo indicare sia Marx che Lenin come dei “traditori” e “venduti” e quindi indicare i “marxisti leninisti” come tali? Niente affatto, solo chi non è marxista-leninista può ragionare così.

Dunque, ammesso e compreso, secondo anche le parole dei maestri del socialismo, che non è detto che i comunisti non debbano ricercare alleanze politiche che spingano in avanti le proprie idee, è bene anche dire una cosa: la nostra linea politica, cambiata in base a cambiamenti politici, economici e sociali, visibili a tutti tranne a chi vive sulla Luna o è rimasto intrappolato in un videogioco, si muove all’interno di un contesto in cui una parte della popolazione comincia a “ridestarsi” da un torpore politico da un lato “auto-imposto”, dall’altro ben costruito dallo stesso sistema capitalistico: prima della pandemia tante persone vivevano in una sorta di “auto-isolamento” dovuto al fatto che o non si riconoscevano in nessun blocco politico-sociale determinato oppure hanno seguito la “grande illusione” dei Movimento 5 Stelle che, guarda caso, predicava il “superamento delle ideologie”, il tutto con un sistema politico che faceva di tutto per non fargli cambiare idea e tenere questa grande massa di popolazione nel solco, appunto, dell’illusione della “rivoluzione a 5 stelle”.

Tutto questo è cambiato in seguito allo scontro sociale che c’è stato durante la pandemia, il sistema capitalistico ha adottato una linea politica assolutamente violenta, denigratoria e vessatoria verso tutti coloro che mettevano in discussione la gestione della pandemia: così facendo ha “costretto” alla “guerra” quanti erano “rimasti delusi” o stavano ancora “per conto loro”, ha trasformato i “singoli”, i “civici”, i “non  politici” in una collettività che si è ritrovata con le “armi puntate addosso”, in un “partito” di “no vax”, in attori politici che rivendicavano, e rivendicano, una libertà contrapposta alla gestione dominatrice e prevaricatrice del sistema politico che ha rotto l’isolamento di parte della popolazione sociale, col quale si garantiva il dominio nella società, in nome dello stesso Dio per il quale isolava gli stessi ai quali ha “portato guerra”: ovvero il denaro, o meglio il guadagno delle lobby del farmaco anteposto alla salute dei cittadini.

Una collettività che ha molti limiti, dovuti a un pensiero parzialmente borghese individualista che in parte permane, ma che ha la potenzialità di poter andare oltre il “pensiero unico” capitalista.

Non è la socialdemocrazia verso la quale andiamo: questa, rappresentata coerentemente dalla sinistra, ha deciso di stare dalla parte dell’imperialismo e della borghesia nazionale pro-UE.

Non è verso la destra che andiamo: questa ha deciso, come sempre, di essere il “negro da cortile” dell’imperialismo e della borghesia nazionale in generale.

Non sono più i reticolati di una narrazione politica che ha fatto il gioco delle élite che possono tenerci imbrigliati: è la riscoperta di “bandiere” lasciate cadere da chi ha fatto finta di tenerle in alto che perseguiamo.

 

LA RISCOPERTA DI SOVRANITÀ, PATRIA, UMANITÀ, SOCIALISMO

 

Concetti quali “sovranità”, “patria”, “umanità”, “socialismo”, lasciati nell’oblio di una memoria che ora riaffiora, non possono che essere le bandiere che pensavamo di non avere più ma che non possiamo che tenere alte. La sovranità, ovvero la qualità giuridica pertinente allo stato in quanto potere originario e indipendente da ogni altro potere; è un concetto che è apriori dall’interpretazione della destra o della sinistra: noi Comunisti ne abbiamo fatto sempre una bandiera da contrapporre all’imperialismo, prima con Marx ed Engels, poi con Lenin quando parlava dell’autodeterminazione dei popoli[1] e poi ancora con Ernesto “Che” Guevara che parlava della sovranità di Cuba e Thomas Sankara che parlava contro il debito estero occidentale.[2] Ne parlava anche Gramsci quando diceva: «L’Italia è diventata un mercato di sfruttamento coloniale, una sfera di influenza, un dominion, una terra di capitolazioni, tutto fuorché uno stato indipendente e sovrano. […] Quanto più la classe dirigente ha precipitato in basso la nazione italiana, tanto più aspro sacrificio deve sostenere il proletariato per ricreare alla nazione una personalità storica indipendente». (Antonio Gramsci, Italiani e cinesi, L’Avanti!, 18 luglio 1919)

La Patria, ovvero l’ambito territoriale, tradizionale e culturale, cui si riferiscono le esperienze affettive, morali, politiche dell’individuo, in quanto appartenente a un popolo; concetto che molti compagni, sbagliando, rimandano alla destra la quale ha sempre definito sé stessa “nazionalista”, cosa ben diversa dall’essere patriottico: il nazionalista ritiene che la sua nazione sia superiore alle altre, giustificando quindi l’imperialismo; il patriota ritiene che ogni nazione ha il diritto di essere trattata come pari dalle altre perché riconoscendo il senso di Patria “per sé” lo estende a tutte le altre nazioni e quindi è contro l’imperialismo. Per cosa hanno lottato i soldati dell’Armata Rossa durante la Grande Guerra Patriottica? Per la Patria, per la Unione Sovietica! Cosa ha spinto i Partigiani Italiani durante la Guerra di Liberazione contro i nazi-fascisti? Quello che dice una canzone partigiana: l’amor per Patria nostra.[3] Come si chiama il giornale dell’Associazione Nazionale dei Partigiani Italiani? Patria indipendente! Qual è una delle frasi più famose di Ernesto “Che” Guevara? Patria o morte!

Al concetto di Patria, come la intendeva Guevara, Argentino e Cubano, si unisce il concetto di Umanità, come diceva Josè Martì, Eroe della Patria Cubana, fondatore del Partito Rivoluzionario Cubano, colui che ha lavorato per l’unità dei cubani. Come diceva Armando Hart Davalos, Rivoluzionario ed ex Ministro della Cultura e dell’Istruzione di Cuba:

«Nel ricordare la sua espressione “La patria è l’umanità”, viene spontaneo dire che Martí faceva politica per l’umanità. […] Martí voleva che la guerra venisse diretta secondo il criterio politico, “con tutti e per il bene di tutti” […]. Nella cultura di Martí palpitavano il pensiero e la sensibilità cristiane nella loro espressione più pura ed autentica. Aveva detto “sulla croce morì un giorno l’uomo e nella croce deve imparare a morire l’uomo tutti i giorni”. La dignità della sua condotta si può comprendere quando si considera che non era un guerriero, ma a sua volta, era cosciente che la guerra era una necessità reale per l’indipendenza di Cuba, e comprendeva di dover insegnare con l’esempio. In ciò sta l’essenza della sua virtù educativa, la prova definitiva della conseguenza della sua vita e la ragione ultima della sua tragedia».[4]

Umanità come esempio e sacrificio, che sia cristiana, atea o altro. Queste sono alcune delle bandiere che altri hanno lasciato cadere e che noi dobbiamo riprendere a sventolare mostrandole a coloro che hanno voglia di cambiare lo stato di cose presenti.

 

SULLE ELEZIONI E I REFERENDUM

 

Voglio concludere con un’ultima analisi, quella riguardo i vari “mezzi” con i quali facciamo politica soffermandomi su due: le elezioni e i Referendum. Come detto altre volte, le elezioni sono un mezzo per accrescere la pressione sul sistema capitalista, entrare in Parlamento serve semplicemente a conoscere meglio i piani del nemico e informare i lavoratori delle malefatte di chi li tradisce ogni giorno. Sappiamo che in Italia ci sono “avventurieri” che spingono all’astensionismo pensando che in questo modo arriverà la rivoluzione socialista, ci sono poi altri che semplicemente non si riconoscono in nessun partito e decidono di non votare, ci sono altri che non vanno a votare perché “non cambia niente”. Posizioni che denotano la confusione che c’è sull’argomento, ma ancora una volta ci giunge in soccorso Marx, il quale nell’opera Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 (1850), scrive:

«Lo stato era alla fine del suo spartito, gli operai appena all’inizio del loro. (..) Ma gli operai tedeschi avevano reso alla loro causa anche un altro grande servizio (..) Mostrando ai loro compagni di tutti i paesi come si maneggia il suffragio universale, essi li avevano dotati d’una nuova arma, una delle più affilate. (..) Già il Manifesto comunista aveva proclamato la conquista del suffragio universale, della democrazia, come uno dei primi e più importanti compiti del proletariato militante, e Lassalle aveva ripreso questo punto(..) E da quel giorno essi hanno utilizzato il diritto di voto in un modo che ha recato loro vantaggi infiniti e che è servito di esempio agli operai di tutti i paesi. Secondo le parole del programma marxista francese, il diritto di voto è stato da essi trasformato da strumento d’inganno, quale è stato sino ad ora, in strumento di emancipazione. (..) diventando il nostro miglior mezzo di propaganda (..) Ma il suffragio universale ha fatto molto di più. Nell’agitazione elettorale ci ha fornito un mezzo che non ha eguale per entrare in contatto con le masse popolari là dove esse sono ancora lontane da noi».

Queste parole di Marx, scritte nel 1850, penso che definiscano, con buona pace di certi finti marxisti leninisti, a cosa servono le elezioni.

Veniamo allo strumento del Referendum, il quale è uno strumento con il quale i cittadini possono chiedere l’abrogazione totale o parziale di una legge; se il referendum ha un esito positivo ne consegue che la norma oggetto della consultazione popolare sarà espunta dall’ordinamento (la Costituzione italiana disciplina il referendum abrogativo all’art. 75). C’è chi dice, a ragione o torto, che per le vie legali/istituzionali non si fa nulla, che se ti è concessa questa azione dal sistema vuole dire che l’azione è vantaggiosa per il sistema stesso. Se analizziamo i referendum che ci sono stati in Italia, possiamo vedere che le cose non stanno propriamente così: quando nel 1946 ci fu il Referendum tra Repubblica e Monarchia. L’Italia cessò di avere una forma monarchica; nel 1974 l’87,7% degli italiani votò il referendum sull’abolizione del divorzio: vinsero i contrari, con il 59%; nel 1981 si votò per l’abolizione della legge 194, quella sull’aborto: anche qui vinse il no e dunque la legge rimase. Ricordiamo invece che nella stessa occasione la proposta di abrogazione di stampo liberista, promossa dai radicali, di alcune parti della 194 fu respinta anch’essa. Così si salvaguardò l’impianto di quella ottima legge dagli attacchi concentrici, legge oggi ahimè largamente inapplicata.

Questo mezzo nuovo ha, sotto la spinta dei partiti progressisti di sinistra, in particolar modo il Partito Comunista Italiano e il Partito Socialista Italiano di allora, portato in avanti la storia politica sociale italiana, andando a minare il vecchio tessuto ideologico a favore di uno nuovo e più “democratico”. E se parliamo dei referendum sulla scala mobile, perso per volontà della sinistra, ci si rende conto che il Referendum, così come tanti mezzi istituzionali, ha una sua valenza. Di qui la conclusione che non è tanto ciò che ti concede il nemico di classe la questione primaria, bensì la capacità di saper usare i mezzi legali borghesi contro la borghesia stessa, così come gli operai tedeschi nell’800 fecero contro la reazione prussiana: è la capacità di ribaltare i rapporti di forza la vera questione.

Su questi aspetti il Partito Comunista si è interrogato e sta agendo in conseguenza di quanto successo negli ultimi 3 anni, cosa che invece molti altri della nostra “area” non fanno. Ci sono parecchi “intellettuali” che si sprecano in giudizi da salotto senza fare niente; “intellettualloidi” dispensano sentenze dall’alto delle loro tastiere, dei loro libri, delle loro “poltrone morali”; compagni e compagne che, per via della loro ignorante supponenza, non si pongono domande perché pensano di avere già la risposta; persone che non si rendono conto che non si finisce mai di imparare e di fare che liquidano il loro “impegno” dicendo che “hanno già dato” o che “odiano” il Partito per via di chissà quale tradimento. Parole, soltanto parole quando servirebbe un po’ di umiltà cercando di fare quello che diceva Gramsci: «cercare la verità insieme, arrivare alla verità insieme» facendo un’azione «comunista e rivoluzionaria». E mentre ci si perde nelle parole e nei “giudizi finali” si perde la possibilità di costruire qualcosa di diverso dall’ordinario, di essere protagonisti nella storia: si perde il diritto di contare, facendo ciò è giusto e necessario fare, lasciando perdere la mentalità da “bimbi duri e puri”.

 

Gennaro Thiago Nenna

 

[1]               R. Caputo, Lenin e il diritto dei popoli all’autodeterminazione, La Città Futura, 3 agosto 2019.

[2]               Si vedano ad esempio Youtube, Che Guevara, Discorso all’ONU sulla sovranità, o Youtube, Thomas Sankara – Il discorso sul debito 29 luglio 1987.

[3]               Youtube, Modena City Ramblers – Siamo i ribelli della montagna.

[4]               A. H. Dàvalos, José Martí: un punto di riferimento attuale per il movimento internazionale dei lavoratori, Proteo, n°1, 2002.

4 Comments

  1. Fabio Rontini ha detto:

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  2. Stefano Ghio ha detto:

    Mi sembra che fare qualche nome magari aiuterebbe a capire meglio di chi si parla.

  3. Luigi ha detto:

    Magistrale Gennaro Thiago Nenna.
    Esaustivo. Un validissimo contributo contro la memoria corta.

  4. Mario Eustachio De Bellis ha detto:

    Lo studio e la conoscenza di Mao può aiutare il Partito a superare limiti ideologici e culturali, insufficienze e incertezze.
    Mao dovrebbe essere considerato parte e sviluppo della nostra storia.

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