Il fallimento del riformismo e della politica di conciliazione di classe in America Latina e in Brasile

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Il fallimento del riformismo e della politica di conciliazione di classe in America Latina e in Brasile

Intervento del Partito Comunista Brasiliano (PCB) all’Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Rivoluzionari dell’America Latina e dei Caraibi a Lima, Perù.

Il Comitato Centrale del Partito Comunista Brasiliano (PCB) saluta tutti i partiti comunisti e rivoluzionari in questo incontro internazionale dell’America Latina e Caraibi e si complimenta con i due partiti ospitanti, il Partito Comunista del Perù e il Partito Comunista del Perù – Patria Rossa, per l’organizzazione di questo importante incontro dei comunisti e rivoluzionari di tutta la nostra regione. Vogliamo inoltre evidenziare il nostro rispetto a queste due valenti organizzazioni del proletariato peruviano e impavidi partiti nella lotta contro l’imperialismo e per il socialismo.

Questo nostro incontro si realizza in un momento molto complesso e difficile per l’umanità e, specialmente, per i lavoratori dell’America Latina. Per comprendere questa congiuntura, è fondamentale basarci nel mondo in cui viviamo. Il sistema capitalista mondiale è colpito da più di 10 anni da una crisi sistemica che ha messo in discussione tutte le basi del processo di accumulazione capitalista. Per tanto che i gestori del capitale hanno realizzato ogni tipo di misure, la crisi continua ad approfondirsi, con la stagnazione economica generale, la caduta delle Borse, la fragilità del sistema bancario, l’aumento della recessione, fallimento di imprese e crescita della disoccupazione.

In altre parole, la crisi economica e sociale è generale e riguarda tutte le economie legate ai Paesi leader dell’imperialismo. Questo può esser osservato più chiaramente in Europa, dove questi fenomeni emergono di forma esplicita in praticamente tutte le economie della regione, ma la crisi colpisce anche il Giappone, la cui economia da due decenni è in processo di stagnazione economica, e anche gli Stati Uniti, nonostante la manipolazione dei mezzi di comunicazione nel presentare un quadro di stabilità in quel paese. Gli USA possiedono il maggior debito esterno del mondo, la sua infrastruttura è a pezzi, l’economia è in stagnazione e la disoccupazione effettiva è molto maggiore di quella che le statistiche ufficiali annunciano.

Disperati davanti all’incapacità di uscire dalla crisi, ritornare alla crescita e collocare il sistema in funzione, i capitalisti realizzano un’offensiva globale contro i lavoratori e approfondiscono la politica di guerra, cercando di collocare sulle spalle dei lavoratori tutto l’onere della crisi, promuovere guerre e destabilizzare governi che non sono complici con i loro ordini. Marciano sul fondo pubblico, tagliano diritti, garanzie e salari dei lavoratori e pensionati, licenziano funzionari pubblici e seminano la barbarie in tutto il sistema capitalista, ottenendo una perversa concentrazione di rendita, nel quale l’1% dei più ricchi possiede più reddito che il 99% delle persone del pianeta.

All’inizio della crisi i lavoratori sono stati presi di sorpresa e praticamente sono stati spettatori del processo, ma dal momento in cui hanno cominciato a perdere i loro diritti, hanno iniziato un processo di resistenza in praticamente tutti i paesi che applicavano queste misure. In tutta Europa i lavoratori hanno realizzato mobilitazioni o scioperi generali contro gli aggiustamenti neoliberisti e addirittura è stato realizzato uno sciopero internazionale, che ha coinvolto lavoratori di 25 paesi, realizzato in Europa. Anche in altre parti del mondo c’è stata la resistenza dei lavoratori e della gioventù. Questi movimenti, anche se difensivi e senza una direzione classista, indicano una prospettiva di intensificazione della lotta di classe a misura che la crisi mondiale si approfondisce.

Un’uscita per la nostra America Latina

In America Latina, l’imperialismo sta realizzando una poderosa offensiva per recuperare il terreno perso negli ultimi decenni, per un insieme di misure prese dai governi latinoamericani con il rafforzamento del Mercosul, la creazione dell’Unasul e Celac, come della Banca del Sud. Queste iniziative, nonostante siano nel quadro del capitalismo, sono state profondamente scomode agli Stati Uniti, abituati a trattare l’America Latina come un’estensione dei suoi interessi economici e politici. Inoltre, i processi di lotte popolari sviluppati in Venezuela, Ecuador e Bolivia, legati alle iniziative di integrazione latinoamericana, hanno dato dure battute d’arresto alla politica degli Stati Uniti nella regione.

Da più o meno un decennio, il governo nordamericano va realizzando una politica in contumacia per sovvertire il processo di integrazione, realizzare accordi di libero commercio per ampliare la sua area di influenza, deporre dirigenti politici che contraddicono i suoi interessi e sabotare i governi più impegnati con una politica indipendente. Questa strategia si somma alla creazione della IV Flotta per intimidire i paesi latinoamericani, fatto che si rende più pericoloso con la costruzione di basi militari in vari paesi della regione. Questa struttura militare costituisce una terribile minaccia per i paesi latinoamericani, poiché rende possibile interventi in qualsiasi dei nostri paesi.

Ma le manovre e offensive dell’imperialismo non ci devono impedire di realizzare un bilancio dei governi progressisti in America Latina. La maggioranza di questi governi denominati progressisti ha operato in pratica una politica che ha rafforzato gli interessi del grande capitale, nonostante abbiano realizzato alcune politiche di compensazione sociale. Buona parte di questi governi hanno portato alla cooptazione del movimento operaio e popolare, alla passivizzazione delle grandi masse e molti altri hanno realizzato misure oggettivamente contro i propri lavoratori. Alcuni di questi, come in Brasile, sono stati scartati quando non servivano più alla borghesia, sia in funzione dell’approfondimento della crisi sistemica globale sia per disastrose pratiche di politica interna.

Per quanto riguarda il Venezuela, Bolivia e Ecuador, dove i processi di mobilitazione popolare furono più avanzati e sono state prese misure effettive di sovranità nazionale e antimperialiste, il risultato di questi processi anch’esso non ha conseguito di incamminare i loro i popoli nel sentiero delle trasformazioni sociali. Come non si è approfondito il processo di controllo dell’economia e della democrazia popolare, con la statalizzazione dei settori strategici e il controllo degli spazi pubblici con i Consigli Popolari, hanno finito per aprire uno spazio alla riarticolazione della borghesia che, in alleanza con l’imperialismo, sta mettendo in pericolo le conquiste finora realizzate da questi governi.

In termini politici, significa che il riformismo, sia quello di facciata quanto quello di carattere social-democratico, non hanno rappresentato opzioni reali per la liberazione dei popoli della nostra America Latina e Caraibi. Il primo crea illusioni istituzionaliste, confonde e disorienta il proletariato, depoliticizza la società e porta effettivamente a sconfitte demoralizzanti, come sta accadendo in Brasile. Il secondo, nonostante avanzamenti istituzionali e misure popolari, non approfondendo il processo di trasformazioni, con il controllo dell’economia e l’istituzione del potere popolare, apre lo spazio per la riorganizzazione della borghesia e all’imperialismo che destabilizzano l’economia e invertono il processo di cambiamenti.

Pertanto, il cammino per le trasformazioni sociali della nostra America Latina è il rafforzamento e l’unità delle organizzazioni rivoluzionarie del movimento operaio e popolare e la costruzione di un programma minimo anticapitalista e antimperialista capace di collocare le ampie masse in movimento per rovesciare le borghesie locali e l’imperialismo e costruire la democrazia popolare.

La crisi brasiliana

In Brasile la situazione non è molto differente. Il Paese vive la sua più grave crisi degli ultimi cinque decenni. Dopo 13 anni di governo, dove il Partito dei Lavoratori (PT) ha realizzato una politica che ha favorito essenzialmente il grande capitale, la borghesia e l’imperialismo hanno deciso di scaricarlo e costituire un governo puro sangue. Questo processo è avvenuto a causa dell’aggravamento della crisi mondiale e le sue ripercussioni in Brasile, gli errori disastrosi in politica interna, oltre al fatto che il PT non riusciva più a controllare i movimenti di massa: nel 2013 ampi settori della gioventù e del proletariato precarizzato realizzarono grandi manifestazioni in più di 600 città del Brasile, fuori dalle istituzioni politiche e sindacali. Questi fatti hanno acceso la luce rossa della borghesia, che ha deciso di assumere il governo per impiantare un aggiustamento predatorio in modo rapido, misura che il PT andava realizzando in maniera più lenta.

Siamo adesso davanti ad un governo illegittimo e usurpatore, che sta implementando un attacco brutale contro i lavoratori, pensionati e la popolazione in generale. Un governo pieno di corrotti, nel quale c’è una divisione del lavoro abbastanza chiara tra essi: da un lato, i grandi ladri, rappresentati dal fior fiore dell’oligarchia finanziaria, che prenderanno d’assalto i ministeri d’area economica e sociale per saccheggiare il Paese in favore dei redditieri, degli oligopoli, agribusiness e dell’imperialismo. Dall’altro lato, i ladri di polli, rappresentati dalle oligarchie regionali, settori pentecostali oscurantisti, oltre da reazionari in generale, espressi nel basso clero, cui obiettivo è rubare le casse pubbliche come vanno facendo da tutta la nostra storia.

Questo è un governo fragile, ma profondamente pericoloso perché non necessita di dar conto alla popolazione, ma solo ai suoi patrocinatori, visto che il presidente ad interim è ineleggibile per otto anni. Hanno già realizzato un congiunto di misure regressive sociali e economiche, come il taglio e congelamento delle spese pubbliche per un periodo di vent’anni; il “Reddito Svincolo dell’Unione” (DRU), a partire dal quale il governo può utilizzare liberamente fino al 30% del bilancio per pagare gli interessi del debito interno, che vuol dire più tagli alla sanità e istruzione; l’estinzione del Fondo Sovrano e misure per tagliare diritti e garanzie dei lavoratori.

Ma il peggio dell’aggiustamento predatorio è pianificato per dopo l’approvazione dell’impeachment, quando si vedrà il vero volto di questo governo antinazionale e antipopolare. Il governo prevede di realizzare la riforma della previdenza, riducendo ulteriormente i diritti e garanzie dei pensionati; la riforma del lavoro, per distruggere i diritti inscritti nel Consolidamento delle Leggi sul Lavoro e consolidare le esternalizzazioni; la consegna del pre-sale alle multinazionali; ulteriore privatizzazione generale di quel che resta delle imprese pubbliche. Tutto questo congiunto di politiche ha un obiettivo chiaro: trasferire risorse e patrimonio pubblico al settore privato e ingrassare l’oligarchia finanziaria.

Fine di un ciclo e inizio dell’altro

E’ importante comprendere anche che questa crisi avviene alla fine di un lungo ciclo di vita sociale brasiliana, che ha avuto inizio con gli scioperi dell’ABC alla fine degli anni ’70 e che adesso si sta drammaticamente esaurendo. Inoltre è importante comprendere che a partire dal 2013, con le straordinarie giornate di giugno, la gioventù e i lavoratori precarizzati sono emersi nella scena politica con manifestazioni di massa in più di 600 città brasiliane, fuori dalle istituzioni sindacali e politiche, dando inizio così, anche se in modo embrionale, a un nuovo ciclo di lotte sociali in Brasile.

Pertanto, stiamo vivendo nell’attuale congiuntura quell’intervallo gramsciano nel quale il vecchio sta morendo, il nuovo sta emergendo ma ancora non si è consolidato e, in questo spazio, sorgono gli elementi più inaspettati, imponderabili o bizzarri della congiuntura. Ma inoltre questo è un periodo pieno di opportunità. Come ogni finale di processo, il disfacimento di questo ciclo potrebbe aprire un congiunto di fenomeni nuovi nella realtà brasiliana, come la possibilità di ascesa del movimento sociale dopo duri scontri con la borghesia e la riorganizzazione della sinistra a un nuovo livello:

All’inizio del ciclo che si sta esaurendo furono create varie organizzazioni sociali e politiche, orientate dal movimento operaio, come il Partito dei Lavoratori (PT) e la Centrale Unica dei Lavoratori (CUT), per parlare solo delle due principali. Queste organizzazioni, combattive all’inizio del ciclo, hanno poi praticato la conciliazione di classe, il modus operandi della vecchia politica, si sono adattati all’ordine, fino a trasformarsi in principali operatori dell’ordine, anche contro gli stessi lavoratori.

Pertanto, vanno esaurendosi con questo ciclo. Potranno ancora continuare a sopravvivere formalmente, ma saranno solo una caricatura di quello che sono stati nel passato, nell’impossibilità che realizzano una autocritica sincera degli errori e tradimenti commessi lungo il loro percorso. Queste organizzazioni sono così vincolate all’ordine e all’istituzione che è praticamente impossibile una virata nell’attuale congiuntura, poiché i movimenti che hanno realizzato durante il periodo di governo li ha resi prigionieri del loro stesso destino.

In parallelo, il nuovo ciclo che si sta aprendo ancora embrionalmente contiene un enorme potenziale di lotta e prospettiva per i lavoratori e le forze di sinistra. Nato fuori dalle istituzioni dell’ordine, con naturali confusioni di ogni inizio ciclo, già ha prodotto un congiunto di fenomeni nuovi in vari Stati del Paese; e l’aumento degli scioperi dal 2013. Bisogna ricordare che tutti i grandi movimenti sociali brasiliani sono stati preceduti dalle lotte della gioventù.

Altresì, cresce l’indignazione nella società, sebbene ancora da diffondere, contro questo governo illegittimo e usurpatore, fatto che si esprime nelle proteste sia nelle strade che nelle curve calcistiche negli stadi, negli spettacoli musicali e teatrali e nelle proteste davanti ai parlamentari e ministeri del governo negli aeroporti, negli aerei, in eventi pubblici. Se queste manifestazioni già avvengono nel momento in cui il governo ancora non ha mostrato il suo vero volto, è facile immaginare il potenziale della lotta dopo l’interim. Siamo nella prossimità di un momento di intensificazione della lotta di classe e probabilmente di una repressione molto dura contro i lavoratori e i movimenti sociali, poiché difficilmente le misure barbare del governo saranno realizzate senza lotta, ma potremmo esser davanti anche alla possibilità della costruzione di una correlazione di forze favorevole ai lavoratori.

Riorganizzazione della sinistra e del movimento popolare

Ma il grande imperativo di questa congiuntura complessa in Brasile è la necessità di riorganizzazione della sinistra rivoluzionaria e del movimento sindacale e popolare di classe. La stessa congiuntura di intensificazione della lotta di classe indica questa direzione. Chi vuol seguire per il cammino dell’arroganza, del settarismo auto-proclamatorio, delle illusioni che un’unica organizzazione sarà capace di egemonizzare la rivoluzione brasiliana è condannato all’isolamento e a un ruolo insignificante nel nuovo ciclo che si apre.

Le crisi generalmente sono momenti di verità per tutti. Nelle crisi non ci sono spazi per mezzi termini, per opportunismi, per rimanere nel recinto. Le crisi mettono a nudo la verità in faccia alle organizzazioni politiche e sociali. Qualsiasi grande errore può costare caro alle organizzazioni. Questo spiega le grandi dissidenze che stanno avvenendo in varie organizzazioni politiche di sinistra e i processi che avvengono nelle basi del Partito dei Lavoratori, che vengono fuori da questo processo in profonda contraddizione con la loro direzione burocratizzata e, certamente, cercheranno un nuovo percorso per la militanza in altre organizzazioni politiche. Il prossimo periodo sarà di intensa riorganizzazione della sinistra brasiliana.

Riteniamo che, nonostante la difficile congiuntura, c’è un grande spazio per la riorganizzazione della sinistra rivoluzionaria e del movimento sindacale e popolare. Tutte le iniziative che si stanno realizzando attualmente fanno parte di questo processo, come i fronti e blocchi della sinistra socialista, il Fronte del Popolo Senza Paura, lo Spazio di Unità e Azione. Comprendiamo che è fondamentale che questo processo avanzi, ampli le sue aree d’attuazione, coinvolga il proletariato avanzato e il movimento popolare per lavorare nel senso della costruzione del potere popolare.

Inoltre è necessario fuggire dall’orbita delle vecchie organizzazioni che stanno morendo come il vecchio ciclo in cui si forgiavano e, specialmente, dalle trappole del Lulismo, che cerca di collocare le lotte delle strade al servizio delle disputa elettorale del 2018, nel quale Lula sa di esser candidato. E’ fondamentale cercare di costruire un cammino che rigetti sia la conciliazione di classe sia la destra. La costruzione di questo terzo campo è il cammino più difficile, me è l’unico che può costruire una alternativa dei lavoratori alla crisi.

Tutto porta a credere che a partire da questo secondo trimestre avremo una disputa aperta del proletariato e della gioventù contro la borghesia e il suo apparato. Il risultato di questo processo dipenderà dalla capacità delle organizzazioni politiche e sociali di sinistra di trovare punti in comune, sia dal punto di vista organico che programmatico. Una buona idea in questo senso è la proposta di costruzione di un grande Blocco di Lotte, consolidato nell’Incontro Nazionale dei Lavoratori e del Movimento Popolare, che riunisce le organizzazioni politiche e i movimenti sociali di classe e sia capace di forgiare un programma minimo che possa collocare in movimento i lavoratori, la gioventù e il popolo povero dei quartieri nella lotta per le trasformazioni sociali e per il potere popolare.

Per avere successo in questa lotta è necessario partire dalle sue rivendicazioni concrete contro l’aggiustamento fiscale, gli attacchi ai diritti dei lavoratori e pensionati, il pagamento degli interessi e ammortizzazioni del debito interno, per la terra, lavoro e casa, in difesa del patrimonio nazionale. Queste proposte sono collegate con la vita quotidiana dei lavoratori e potranno collocare in movimento milioni di persone nelle strade, luoghi di lavoro, abitazioni e studio e portare ad un processo che ci tira fuori dalla crisi e apre la possibilità per una transizione nell’interesse dei lavoratori.

Osare lottare, osare vincere

Partito Comunista Brasiliano (PCB)

*traduzione a cura di Salvatore Vicario

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