L’Italia pensa di investire sull’ennesimo gasdotto

La “sporcizia” nucleare da mettere sotto il tappeto
gennaio 6, 2021
Operai Sittel senza stipendio: l’erosione del lavoro nel settore delle telecomunicazioni.
gennaio 16, 2021

L’Italia pensa di investire sull’ennesimo gasdotto

Partito Comunista Molise

 

Il viaggio in Italia del gas proveniente dall’Azerbaigian attraverso le condotte TAP (Trans Adriatic Pipeline) non si fermerà in Puglia.

Per raggiungere l’Europa, il metano dovrà attraversare tutto lo Stivale, da sud a nord, passando su ben dieci regioni e incontrando le zone più sismiche del Paese.

Si chiama Rete Adriatica il proseguimento del TAP sul territorio italiano; una condotta con un diametro di 120 centimetri interrata a 5 metri di profondità, che doveva inizialmente essere installata lungo la costa adriatica (da qui il nome). Poi la Snam Rete Gas, la società nazionale di gestione del gas, decise di spostare il tracciato lungo l’Appennino “per cause ambientali, geologiche e urbanistiche”. Ma la scelta deve essere ricondotta a motivazioni economiche e sociali: “Lo spopolamento delle aree interne riduce le possibilità di resistenze popolari“. Inoltre, i terreni costano sicuramente meno rispetto a quelli sulla costa.

A vedere la mappa vengono i brividi: stando al progetto, il serpente di metano si snoda lungo zone altamente sismiche come la zona molisana, la Valle Peligna, i paesi dell’hinderland aquilano, dell’Umbria, delle Marche e dell’Emilia, toccando paradossalmente tutti gli epicentri dei più forti terremoti che hanno interessato l’Italia dal 1997 ad oggi.

Ai nuovi chilometri di metanodotto (divisi in nuovi tratti in Basilicata, Emilia-Romagna, Lazio, Molise), alla connessione con la rete per lo stoccaggio lodigiano di Comigliano, ed al lungo collegamento attraverso il Veneto tra Verona e Cervignano lungo 172 Km, si aggiunge la sorpresa della comparsa della dorsale sarda: isola non raggiunta dal metano, che non vuole sfruttare i suoi giacimenti di gas che ha nel sottosuolo e che per motivi ambientali preferisce bruciare carbone e prodotti petroliferi d’importazione. Quindi, la rete sarda sarà alimentata  con metano d’importazione che arriverà via nave ai rigassificatori da costruire lungo le coste.

I metanodotti in progetto, con annessi impianti di stoccaggio, sono parte di un progetto organico denominato “Hub del Gas”. Contrariamente a quanto sostenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico, totalmente asservito agli interessi delle multinazionali che operano nel settore dei combustibili fossili, la finalità di queste opere non è quella di diversificare le forniture di gas, tantomeno migliorare il servizio di distribuzione nella zona adriatica. Si tratta, invece, di un progetto scellerato che mira a trasformare gran parte del territorio italiano in una piattaforma logistica per il trasporto del gas in Nord Europa.

Nessun beneficio per i cittadini, a giovarne saranno esclusivamente le società che realizzeranno i nuovi impianti, dato che neppure un metro cubo di gas trasportato servirà a soddisfare i consumi interni.

Come dimostrano i dati diffusi dal MISE, nel 2019 il consumo di gas si è attestato intorno ai 74,3 milioni di mc, con una forte riduzione rispetto al 2005, l’anno in cui si è registrato il picco con 86,2 milioni (la distribuzione fu assicurata da una rete di metanodotti che aveva 1.251 km in meno rispetto a quella attuale).

Persino il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030, ennesimo favore alle lobby del fossile, prevede che nel 2030 il consumo di gas sarà pari a 59,3 milioni di mc, vale a dire il 20% in meno rispetto al 2019 e il 32% in meno rispetto al 2005. È inopinabile, dunque, che la rete infrastrutturale italiana sia abbondantemente sovradimensionata.

La domanda sorge spontanea: perché le opere in questione vengono dichiarate di pubblica utilità se, dati alla mano, il nostro Paese non ne ha alcun bisogno? La pubblica utilità è soltanto uno specchietto per le allodole: i nuovi metanodotti, così come gli impianti di stoccaggio, peseranno sulle tasche degli italiani già duramente colpiti dalla crisi economica.

Queste due grandi opere, TAP e Rete Adriatica avrebbero un unico comune obiettivo: trasformare l’Italia “nell’hub del gas europeo”. Ossia, in uno snodo commerciale di stoccaggio, transito e vendita del gas per i Paesi europei.

Però:

  • Manca un piano di sicurezza per la popolazione;
  • Sono stati rilevati livelli di inquinamento da idrocarburi e arsenico;
  • Non si è tenuto conto della alta sismicità del territorio interessato.

L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, secondo quanto previsto dalla delibera n. 119/2019, riconosce alle società che realizzano un’opera legata al gas:

  • una remunerazione base fissa del capitale investito del 5,7%;
  • ulteriori incentivi agli investimenti, se ritenuti strategici, dell’1-1,5% che si aggiunge al 5,7 %, per un totale di remunerazione fissa del 7,2%;
  • riconoscimento delle spese per oneri finanziari (tasso applicato) del 5,3%.

I servizi di rete (trasporto e stoccaggio) corrispondono ormai al 20% della bolletta del gas.

Non è un caso che soprattutto in Italia il gas, pur non essendo un’energia pulita, avrà un ruolo chiave nella transizione energetica, con buona pace dell’Accordo di Parigi che ha come obiettivo la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. A loro i profitti, a noi i costi e i rischi.

Il Molise, definito dalla Snam “poco incline alla protesta” è interessato dalla realizzazione di diverse opere:

  • il metanodotto Larino-Chieti autorizzato nel 2018 dal MISE nonostante le gravi irregolarità che hanno caratterizzato l’iter autorizzativo. I lavori nel tratto molisano sono pressoché terminati, eccezion fatta per il bosco Corundoli di Montecilfone;
  • l’ampliamento del metanodotto San Salvo-Biccari, spacciato per rifacimento dalla Snam, il cui iter autorizzativo è alle battute finali (in primavera dovrebbero iniziare i lavori);
  • il centro di stoccaggio “Sinarca”, impianto a rischio di incidente rilevante in base a quanto previsto dalla direttiva Seveso sulla prevenzione e la gestione degli incidenti. Si tratta del progetto che desta maggiore preoccupazione poiché l’attività di stoccaggio, come dimostrato da diversi studi scientifici e per stessa ammissione del MISE, è potenzialmente in grado di generare eventi sismici anche di magnitudo elevata. L’iter autorizzativo è sostanzialmente concluso, ma è fermo dal 2010.

Le opere in parola attraverseranno aree naturali protette, quali SIC (Siti di Interesse Comunitario) e ZPS (Zone di Protezione Speciale), oltre che zone agricole di pregio. I lavori particolarmente invasivi comporteranno l’espianto di migliaia di uliveti, vigneti e frutteti. I danni per un territorio a vocazione agricola sarebbero incalcolabili. 

Si contano sulle dita di una mano i proprietari terrieri che coraggiosamente hanno deciso di non concedere la servitù di passaggio, a riprova del fatto che il settore agricolo continua ad essere uno dei più colpiti dalla crisi economica. Inoltre, i lavori interesserebbero diverse aree in cui il rischio idrogeologico è elevatissimo. Situazione aggravata, in Molise, dall’attivazione della faglia responsabile degli eventi sismici del 2018.

È del tutto evidente l’inopportunità di realizzare siffatte opere in un territorio fragile come quello molisano. Negli ultimi anni in Basso Molise si sono sviluppate vere e proprie forme di resistenza territoriale. Associazioni e comitati si sono opposti con fermezza e determinazione a questo folle progetto. La strenua difesa del bosco Corundoli di Montecilfone è divenuta il simbolo della lotta contro le devastazioni territoriali dopo anni in cui il Molise è sembrato anestetizzato, rassegnato ad un infausto destino. Dopo aver impedito che il bosco Corundoli venisse deturpato dal passaggio dei metanodotti LarinoChieti e San Salvo-Biccari, che inevitabilmente ne avrebbe impedito ogni tentativo di valorizzazione, le realtà impegnate nella lotta stanno lavorando alacremente alla riattivazione della Comunanza Agraria, essendo l’area gravata da uso civico.

Se il verificarsi di un terremoto è solo una possibilità (seppur non trascurabile), i danni causati dalle emissioni della centrale e lungo il gasdotto sono cosa certa. L’Associazione Medici Cattolici Italiani, avverte la non presa in considerazione del fenomeno dell’inversione termica e la mancanza dello studio del particolato secondario, quest’ultimo escluso perché non prodotto direttamente dalla centrale ma che andrà a formarsi quando i fumi della centrale, ricchi di ossidi di azoto, reagiranno con l’aria e i componenti inquinanti presenti, siano questi originati dall’agricoltura, dal traffico o da altre fonti.

Tale inquinante è altamente dannoso per la salute perché aumenta i rischi di malattie respiratorie, cardio-respiratorie e di tumori. Secondo quanto stimato dall’ARPA Emilia Romagna, una tonnellata di ossidi di azoto dà luogo alla formazione di 880 chili di particolato secondario (PM 10).

L’International Society of Doctors for Environment (ISDE) sottolinea che le quantità di emissioni fuggitive del metano (perdite che avvengono inevitabilmente durante le fasi di estrazione, trasporto e stoccaggio) fanno sì che il metano ha un effetto clima-alterante circa 84 volte più potente del carbone nel breve termine e circa 30 volte nel lungo.

L’utilità dell’opera è ulteriormente messa in discussione dai dati sui consumi nazionali: Eurostat mostra una riduzione dei consumi del gas pari al 20% nell’ultimo decennio.

Inoltre, dovremmo considerare i costi di simili infrastrutture: costi che verrebbero ammortizzati solo con decenni di attività. La Rete Adriatica prevede un investimento di oltre 2,5 milioni di euro a chilometro e altri 200 milioni per l’impianto di compressione.

La realizzazione di tutti questi nuovi gasdotti e stoccaggi dannosi e inutili comporta che il loro costo ricadrà sulla bolletta degli italiani e l’unica cosa certa è che i costi aumenteranno all’aumentare del percorso compiuto dal gas e, quindi, paradossalmente, non solo gli italiani verranno danneggiati da tale progetto, ma pagheranno anche per un servizio che non utilizzeranno.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *