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Partito Comunista: i diritti dei lavoratori dell’istruzione vanno di pari passo col diritto allo studio

Il Partito Comunista da sempre ritiene la scuola un servizio pubblico essenziale che deve contribuire nel lungo periodo a colmare le differenze di classe volute e create dal sistema capitalistico.

Per far ciò bisogna ribaltare le politiche degli ultimi anni sugli insegnamenti e sul personale scolastico.

In particolare, da tempo è in corso un processo di indebolimento della scuola pubblica implementato tramite azioni politiche quali:

  • il tentativo privatizzazione della scuola con la legge 62/2000 che ha istituito le scuole paritarie, in alcuni casi veri e propri “diplomifici” laici e cattolici, che assorbono denaro pubblico in favore delle classi più agiate;
  • la modifica dei quadri orari negli istituti tecnici e professionali voluta dal governo Berlusconi nel 2008 allo scopo di ridimensionare quegli insegnamenti (Storia, Geografia, Diritto, Filosofia, Scienze biologiche, Laboratori delle discipline tecnico-pratiche ecc.) che favoriscono la formazione della coscienza di classe nelle nuove generazioni dei ceti popolari, i quali per lo Stato borghese non devono essere consapevoli dei processi socio-economici che li vedono soccombere a vantaggio dei ceti più ricchi;
  • la precarizzazione degli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado (siamo già arrivati ad oltre 170000 cattedre coperte da docenti precari su un totale di poco più di 780000) e del personale ATA che ha lo scopo di rendere agevole quel taglio di posti di lavoro pubblici “necessario” per lo Stato a far cassa quando il Capitalismo entra in una fase congiunturale negativa;
  • la sottostima da oltre un decennio dell’organico di diritto degli insegnanti di sostegno necessari per assicurare un degno servizio pubblico agli alunni disabili (oltre il 30% delle cattedre è coperto da precari con l’organico in deroga);
  • la riduzione degli investimenti a favore dell’istruzione pubblica sia in termini di “capitale umano” (i docenti italiani hanno tra gli stipendi più bassi di Europa) che di strumenti tecnologici (circa un terzo delle famiglie italiane non ha dispositivi o connessione in grado di garantire la Didattica a Distanza in una situazione di emergenza come quella che stiamo attraversando).

Alla luce di quanto è avvenuto, il Partito Comunista denuncia con forza che tutte le politiche attuate dai governi di centro-destra e centro-sinistra negli ultimi 30 anni fanno parte di una strategia che ha come obiettivo da un lato l’indebolimento culturale dei ceti popolari, dall’altro la parcellizzazione del mondo del lavoro ivi compreso quello del comparto scuola della Pubblica Istruzione.

Il Partito Comunista ritiene che questo stato delle cose non sia più tollerabile e che lo Stato, per uscire dalla grave crisi economica che si profila all’orizzonte, debba investire sulla scuola pubblica partendo dal personale, dall’edilizia scolastica e dagli strumenti didattici.

Innanzitutto, è necessaria una pianificazione centralizzata per quanto riguarda il reclutamento di docenti e personale ATA, necessario per fare correttamente funzionare la scuola pubblica e ridurre il gap culturale tra ceti borghesi e ceti popolari. In particolare, occorre ripristinare le 81000 cattedre ed i 44500 posti di personale ATA tagliati con la riforma Gelmini del 2008 e trasformare in organico di diritto le 15000 cattedre in organico di fatto, le 52000 cattedre di sostegno in organico in deroga e gli almeno 20000 posti di personale ATA attualmente in organico di fatto.

Il Partito Comunista ritiene che l’assunzione a tempo indeterminato del personale docente e quello ATA debba avvenire attraverso due canali di reclutamento (o “doppio canale”): con il primo canale dovrebbe essere stabilizzato tutto il personale precario con almeno tre anni di servizio attraverso una procedura non selettiva per titoli e servizi, a cui dovrebbe seguire un esame orale (ripetibile in caso di esito negativo) al termine dell’anno di prova; con il secondo canale si dovrebbe reclutare, tramite concorso ordinario e limitatamente alle regioni con gravi carenze di organico, il personale con meno di tre anni di servizio necessario per coprire gli insegnamenti e le qualifiche che si presume rimangano scoperte a seguito delle assunzioni con il primo canale. In particolare, il primo canale consisterebbe nella creazione di una Graduatoria Permanente con punteggi da aggiornare annualmente e con l’inserimento di coloro che nel frattempo hanno maturato i requisiti per accedervi (tre anni di servizio); il secondo canale invece prevedrebbe concorsi ordinari da bandire periodicamente al termine dei quali verrebbero compilate delle graduatorie da scorrere fino all’esaurimento. Questo meccanismo di assunzioni dovrebbe entrare subito in vigore nelle province e regioni che vedono già ora le Graduatorie ad Esaurimento (GaE) e le Graduatorie di Merito (GM) esaurite (Centro-Nord Italia), per poi estendersi nel tempo nelle regioni meridionali dove tuttora permangono grandi “sacche di precariato” dovute alla mancata pianificazione delle assunzioni a tempo indeterminato.

Oltre che garantire la soluzione al precariato storico della scuola pubblica italiana, il piano di stabilizzazione proposto dal Partito Comunista consentirebbe di riportare a casa quella parte dei 28000 docenti costretti ad emigrare dal Sud al Centro-Nord Italia, a seguito del piano assunzionale ideato nel 2015 dal governo Renzi, e che ad oggi non sono ancora rientrati nelle province di residenza. Infatti l’incremento di organico proposto dal Partito Comunista consentirebbe il definitivo trasferimento nelle province di residenza di tutti i docenti truffati prima dai governi di centro-sinistra, nella passata legislatura, e poi recentemente ingannati con false promesse dai governi M5S-Lega e M5S-PD. Infine è importante sottolineare come un tale piano di riorganizzazione degli organici, oltre che avere effetti positivi per la popolazione scolastica, ed in particolare per gli alunni provenienti dai ceti popolari, non richiederebbe grandi oneri per lo Stato poiché l’aumento di spesa sarebbe annualmente inferiore a 4 miliardi di euro (cioè meno dello 0,5 % delle uscite del bilancio statale).

Poiché non è possibile eliminare completamente le supplenze, in particolare quelle brevi, riteniamo che debbano continuare ad esistere le Graduatorie di Circolo e di Istituto, le quali dovrebbero diventare provinciali, dovrebbero essere aggiornate con l’utilizzo di piattaforme digitali e dovrebbero prevedere periodicamente l’aggiornamento del punteggio dei precari storici e l’inserimento del personale neo-laureato e neo-diplomato. Al contrario, dovrebbero essere abrogate per sempre le domande di messa a disposizione (MAD), un meccanismo poco trasparente che consente a molti Dirigenti Scolastici l’assunzione diretta di personale a seguito dell’esaurimento delle Graduatorie di Circolo e/o di Istituto. L’uso delle Graduatorie provinciali di Circolo e di Istituto e la convocazione per tutte le supplenze centralizzata presso l’Ufficio Scolastico dell’Ambito Territoriale provinciale servirebbero a garantire un ridimensionamento del fenomeno delle assunzioni con le MAD ed una maggiore trasparenza nell’assegnazione delle supplenze.

Se il reclutamento e la stabilizzazione del personale sono fondamentali per far funzionare bene la scuola pubblica, altrettanto importante è dotare i docenti, il personale ATA e gli studenti di tutti gli strumenti informatici utili ad agevolare l’apprendimento dei concetti base dentro e fuori la scuola. Per questo lo Stato dovrebbe distribuire gratuitamente computer, tablet, hardware e software sia agli studenti appartenenti alle famiglie a basso reddito sia ai precari della scuola che attualmente non hanno diritto ai bonus riservati ai soli docenti di ruolo. Inoltre lo Stato dovrebbe fare un grande investimento per migliorare la qualità della connessione alla rete internet in molti comuni d’Italia, e garantire abbonamenti a prezzi agevolati al personale della scuola e agli studenti appartenenti alle famiglie a basso reddito.

Il Partito Comunista da tempo si batte per un necessario e forte investimento statale nell’edilizia scolastica con la messa a norma di tutte le scuole, con la riqualificazione energetica di tutti gli edifici scolastici, con la ristrutturazione e il riutilizzo di tutti gli edifici (comunali, regionali, demaniali ecc.) abbandonati e di tutte le caserme e gli immobili militari dismessi. Solo con un investimento immobiliare dello Stato indirizzato a tale scopo si potrebbe eliminare le così dette “classi pollaio”, ridurre il numero di alunni per classe e rispettare le norme di sicurezza a favore di studenti e docenti.

Il Partito Comunista è a fianco di tutti i lavoratori della scuola e sarà in prima linea per ottenere una scuola pubblica di qualità che garantisca materialmente l’universalità del diritto allo studio che sappia formare la coscienza di classe delle nuove generazioni.

 

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