I LAVORATORI NON HANNO BISOGNO DI UNA SYRIZA ITALIANA, MA DI UN SINDACATO DI CLASSE E DI UN FORTE PARTITO CHE LI RAPPRESENTI.

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I LAVORATORI NON HANNO BISOGNO DI UNA SYRIZA ITALIANA, MA DI UN SINDACATO DI CLASSE E DI UN FORTE PARTITO CHE LI RAPPRESENTI.

Dalle fabbriche più importanti, dai luoghi dove il lavoro resta centrale per la ricostruzione, riceviamo un messaggio per affermare la necessità del cambio di sistema e del protagonismo di chi produce davvero la ricchezza del nostro Paese con produzione e servizi. Volentieri pubblichiamo

I LAVORATORI NON HANNO BISOGNO DI UNA SYRIZA ITALIANA, MA DI UN SINDACATO DI CLASSE E DI UN FORTE PARTITO CHE LI RAPPRESENTI.

Noi operai delle fabbriche, agricoltori, giovani lavoratori, piccoli artigiani, lavoratori della sanità e della scuola, partite iva, precari e disoccupati, considerando il contesto generale di una profonda e storicamente irreversibile crisi del sistema capitalistico, aggravato dalla pandemia del coronavirus e, prendendo in considerazione la drammatica situazione con la reale prospettiva di un’ulteriore peggioramento delle condizioni materiali e dei nostri diritti, vogliamo esprimere le nostre convinte posizioni rivolgendoci a tutto il movimento dei lavoratori, ai ceti popolari e a chi vive del proprio lavoro.

Conosciamo l’esempio negativo della Grecia. L’esperienza di Syriza in quel paese nasce come una sommatoria di forze politiche e sindacali ideologicamente eterogenee. La finalità dichiarata fu di aggregare una coalizione che riuscisse a fare massa critica, ossia riuscire a aggregare un ‘fronte unito’ di forze di opposizione sociale in grado di presentare un’alternativa.
La fraseologia rivoluzionaria non mancava: classe, lavoratori, le catene da rompere, se non ora quando, ecc.

Tantomeno l’immagine: bella ciao, bandiera rossa, pugni chiusi al vento e tutto quanto l’armamentario.
Dapprima forme blandamente unitarie e poi, in rapida successione, finirono addirittura al governo del paese. Altrettanto rapidamente si consumò il tradimento che ricacciò indietro di anni i rapporti di forza in una Grecia distrutta dal potere della UE e della NATO.

Proprio per evitare di ripetere quella amara esperienza i lavoratori italiani oggi hanno bisogno fondamentalmente di due cose: un’organizzazione politica e una sindacale.

  1. L’organizzazione politica deve essere in grado di fornire loro le basi per contrastare ideologicamente l’attacco del capitale, di fornire loro gli strumenti forti con i quali contestare le politiche borghesi. La possibilità di dire che il capitalismo non è l’unica via e che non è vero che non ci sono alternative. Di potere capire e spiegare perché e come i trattati imperialisti vanno stracciati, di quanto sia necessario svincolare il Paese dall’Unione Europea, dalla NATO, dalle morse dell’Euro e del debito e dalle politiche di austerità. Di cosa e come sostituire a questa società e quale dev’essere la forma di quella alternativa: il Socialismo. Questa prospettiva, non solo è possibile, ma è l’unica che può salvare il Paese. Questa linea non si costruisce per sommatorie di posizioni eterogenee, ma con la costruzione di una forza omogenea. Non serve L’UNITA’ indistinta e puramente numerica, serve una UNIONE coesa di intenti.
    La linea di questa forza deve incarnarsi in proposte che siano concrete, fattibili, ma che prevedano il cambio del sistema capitalistico. Va spiegato e fatto capire a ognuno in modo semplice quale sia la tempistica necessari da compiere, dalla battaglia quotidiana fino alla presa del potere politico. Una prospettiva realistica, fatta di passi concreti.
  2. L’organizzazione sindacale di classe deve invece essere in grado di dare forza ai lavoratori nei rispettivi luoghi di lavoro, di far sentire loro che sono una classe, un blocco unico e forte quando unito contro il padrone. Che si opponga nella pratica ai cedimenti dei sindacati concertativi e gialli nella politica nazionale e nelle contrattazioni aziendali e basi la propria azione nel protagonismo dei lavoratori.
    Un sindacato di classe che trovi linfa e idee per sostenere le proprie rivendicazioni e non venga sommerso dalla retorica borghese.
D’altro lato, un partito che voglia rappresentare la classe lavoratrice e le classi popolari non può svilupparsi pienamente come reparto avanzato della classe operaia e di tutti i lavoratori senza uno stretto rapporto con i lavoratori nei luoghi di lavoro.
  3. Partito e sindacato di classe possono e devono lanciare e sostenere una sfida a 360 gradi contro il sistema della globalizzazione capitalistica, contro il padronato, contro i governi di qualunque colore. Devono diventare la classe alternativa al sistema borghese davanti a tutto il popolo italiano, che deve riconoscere in esso l’unica alternativa alla barbarie.

Da qui la necessità di una alleanza strategica con tutti i ceti in via di impoverimento e di proletarizzazione, per aggregarli ad un blocco sociale maggioritario, per far riconoscere a tutti che le parole d’ordine e le soluzioni sono per tutti i lavoratori e per l’intero Paese. Affinché non solo quelli di sopra non possano governare come prima, ma anche che tutti quelli di sotto non vogliano più essere governati come prima e vogliano esser invece protagonisti del loro futuro.
Questa è la rotta che ci hanno insegnato i maestri, Lenin in testa. Non dobbiamo inventarci nulla di nuovo. Tutte le volte che le rivoluzioni hanno trionfato è perché si è risolto in modo corretto il problema delle alleanze di classe tra proletariato e gli altri strati sociali: Russia, Cina, Vietnam, Cuba. Tutte le volte che questa alleanza non è stata affrontata nel modo corretto, la rivoluzione è stata battuta.

In questo senso, ogni scorciatoia, ogni tentativo di allargare il fronte non su una base sociale la più ampia e combattiva possibile, ma come sommatoria di figure politiche o organizzazioni eterogenee ha portato alla sconfitta.
In Italia, come in Grecia, non è l’unità che fa la forza, ma l’unione. Non è aggregando forze eterogenee, che entrano in contraddizione tra di loro alla prima curva, che si può risultare credibili agli occhi di chicchessia, men che meno dei lavoratori. Già questa strada è stata tentata per decenni dopo la Bolognina e dagli esperimenti che covavano dalle sue ceneri, così come da una parte consistente del sindacalismo di base che ha finito per dilapidare le sue potenzialità accettando il protocollo di rappresentanza del 10 gennaio 2014 e stando di fatto sulla scia del sindacalismo confederale concertativo. Ciò che fa la forza è la coerenza, che è l’unica moneta spendibile davanti ai lavoratori. La coerenza significa avere un progetto omogeneo, comprensibile, che colpisce al cuore gli interessi del grande capitale monopolistico e globalizzato. Non ricette pasticciate che non potranno che essere quelle di una coalizione di movimenti e gruppi in cui il minimo comun denominatore è ben poca cosa. Una sommatoria di tal genere cosa può dire davanti ai cancelli di una fabbrica? E cosa dire anche ai milioni di uomini e donne in carne ed ossa che vivono il dramma della proletarizzazione del ceto medio? È meglio un progetto credibile di cambio reale della società in senso socialista o un caravan serraglio in cui ognuno dice una cosa diversa?
In poche parole, serve il Partito e non coalizioni che vorrebbero coordinare e mobilitare forze sindacali e politiche , sulla base di una piattaforma movimentista. Non ci scorderemo mai di ricordare che i movimenti vanno e vengono: il partito resta.
Non c’è una scorciatoia, una via di mezzo, una elaborazione politica senza il partito.
Facciamo un accorato appello a tutti i nostri fratelli e sorelle di classe per sostenere da una parte il sindacalismo di classe coerente e dall’altra a rafforzare il nostro insostituibile strumento rivoluzionario, il Partito.
Non c’è vittoria, non c’è conquista, senza un forte Partito Comunista.

9 Maggio 2020

  • Salvatore Improda – operaio FCA MIRAFIORI.
  • Franco Melardi – TASSISTA TORINO
  • Antonio Tommasi – operaio IVECO TORINO.
  • Erika Alessandra Furci – OPERATRICE SOCIO SANITARIA GENOVA.
  • Gianluca De Rulando -operaio FINCANTIERI Riva Trigoso GENOVA.
  • Filippo Capitanini – operaio WHIRLPOOL 28 anni VARESE.
  • Gaspare Seu – autotrasportatore BERTSCHI ITALIA Busto Arsizio-VARESE.
  • Claudio Signore – autoferrotranviere ATM MILANO.
  • Daniele Pertici – Insegnante LICEO CLASSICO CARDUCCI MILANO.
  • Alberto Vallicelli – operaio ELECTROLUX Solaro-MILANO.
  • Stefano Gargiulo – operaio MORETTI ACCIAI 22 anni BRESCIA.
  • Ciro Mazzaro – operaio THYSSENKRUPP 34 anni Visano BRESCIA.
  • Corrado Tria – FOTOGRAFO 31 anni Legnago VERONA
  • Walter Blasutti – EDUCATORE UDI d d E.
  • Milo Marsili – titolare PICCOLA IMPRESA SERVIZI Rovereto-TRENTO.
  • Alessandro Bertinelli – operaio IGIENE AMBIENTE 30 anni PARMA.
  • Matteo Montanari – OPERAIO AGRICOLO 33 anni BOLOGNA.
  • Francesco Fioranelli – BRACCIANTE AGRICOLO 33 anni MACERATA.
  • Jacopo Giordani -operaio GRUPPO SCANDOLARA 30 anni ASCOLI.
  • Alessio Azzarà – EDUCATORE precario 29 anni FIRENZE.
  • Elena Marrone – LAVORATRICE PRECARIA SPETTACOLO TERNI.
  • Roberto Fettuccia – BIOLOGO 33 anni ROMA.
  • lenia Nera – FORNAIA 33 anni Nettuno-ROMA.
  • GianLuca Giampà – MURATORE 33 anni ROMA.
  • Claudio Puoti – MEDICO VIROLOGO ROMA
  • Lorenzo Marchetti – OPERATORE SOCIO SANITARIO ospedale Covid19 Giulianova-ABRUZZO.
  • Silvana Felice – PARTITA IVA 27anni PESCARA.
  • Andrea Grilli – LAVORATORE LOGISTICA DHL MOLISE
  • Mariano Mastuccino – LAVORATORE PRECARIO SPETTACOLO 28 anni Cava dei Tirreni-CAMPANIA.
  • Martina Trione – DISOCCUPATA 23 anni SALERNO.
  • Tommaso Pirozzi -operaio FCA POMIGLIANO-NAPOLI.
  • Alessandro Ferrara – DISOCCUPATO 25 anni Sarno-CAMPANIA.
  • Paolo Longo – operaio FCA 33 anni MELFI-POTENZA.
  • Salvatore De Lucia – BRACCIANTE AGRICOLO BARI.
  • Davide Leto – OPERATORE CALL CENTER 27 anni CROTONE.
  • Luca Scanu – DISOCCUPATO 32 anni SARDEGNA.
  • Roberta Mura – LAVORATRICE STAGIONALE TURISMO 27 anni SASSARI.
  • Carlo Bonaccorso – OPERATORE SOCIALE 33 anni PALERMO.
  • Giacomo Sferlazzo – LAVORATORE-CANTAUTORE LAMPEDUSA SICILIA. (Foto Corrado Tria)

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