L’ORIGINE DELLA CORRUZIONE E DEL DEGRADO MORALE

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L’ORIGINE DELLA CORRUZIONE E DEL DEGRADO MORALE

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Tratto da A. Pascale, Comunismo o barbarie. Un manuale per ribelli rivoluzionari, L’AntiDiplomatico 2023, Sezione 1 – Fondamenti teorici e pratici, cap. 3 – La necessità della rivoluzione, paragrafo VI – L’origine della corruzione e del degrado morale, pp. 90-93. Info sull’opera qui.

 
 

L’ORIGINE DELLA CORRUZIONE E DEL DEGRADO MORALE

di Alessandro Pascale

 

«Noi respingiamo ogni pretesa di imporci una qualsiasi dogmatica morale come legge etica eterna, definitiva, immutabile nell’avvenire, col pretesto che anche il mondo morale abbia i suoi princìpi permanenti, che stanno al di sopra della storia e delle differenze tra i popoli.
Affermiamo per contro, che ogni teoria morale sinora esistita è, in ultima analisi, il risultato della condizione economica della società del tempo. E come la società si è mossa sinora sul piano degli antagonismi di classe, così la morale è sempre stata una morale di classe; o ha giustificato il dominio e gli interessi della classe dominante, o, divenuta la classe oppressa sufficientemente forte, ha rappresentato la rivolta contro questo dominio e gli interessi futuri degli oppressi. Che così all’ingrosso si sia avuto un progresso tanto per la morale quanto per tutti gli altri rami della conoscenza umana, è cosa su cui non è possibile nessun dubbio. Ma non abbiamo ancora superato la morale di classe. Una morale che superi gli antagonismi delle classi e le loro sopravvivenze nel pensiero, una morale veramente umana è possibile solo a un livello sociale in cui gli antagonismi delle classi non solo siano superati, ma siano anche dimenticati per la prassi della vita». (Friedrich Engels)[1]
Da dove originano la corruzione delinquenziale e il degrado morale della società se non dalla società stessa? Quando vi sia una società borghese, capitalista, non c’è da stupirsi che entri in crisi la moralità pubblica, oltre che individuale. Spazio a Kelle e Kovalson:
«Il marxismo studia appunto le vie e i mezzi per l’edificazione di una società, in cui i beni materiali vengano distribuiti secondo i bisogni di tutti i membri della società. Ma sarebbe ridicolo pensare che per i marxisti l’abbondanza dei beni materiali sarebbe un fine a se stante. Le cose stanno ben diversamente. l’esperienza storica dimostra che quando all’abbondanza dei beni materiali non si accompagna lo sviluppo spirituale della società: morale, estetico, ecc., senza l’apparizione di esigenze spirituali più elevate, senza il perfezionamento sotto tutti gli aspetti della persona umana, la società cade nello stato di sazietà e di degenerazione. Il marxismo considera l’abbondanza dei beni materiali soltanto come la condizione necessaria e la base dello sviluppo di ogni individuo, del manifestarsi di tutte le aspirazioni spirituali e delle facoltà creatrici dell’uomo. […] La vita spirituale della società non è solo produzione di idee, ma è anche il processo di funzionamento della coscienza sociale, cioè della sua interazione con la coscienza individuale. Essa comprende la lotta di idee dei diversi gruppi sociali e classi, lo scambio di opinioni, di idee, di teorie, la loro apparizione e il loro sviluppo. La vita spirituale della società è indissolubilmente legata alla vita sociale, riflettendo i processi sociali, le collisioni, i conflitti ed è in correlazione organica con le molteplici attività degli uomini».[2]
Anche nella sua fase imperialista, il capitalismo corrompe inesorabilmente i settori più arretrati del proletariato, più o meno presenti nelle organizzazioni operaie. Questa l’analisi di Lenin:
«i capitalisti di uno dei tanti rami industriali, di uno dei tanti paesi, ecc., raccogliendo gli alti profitti monopolistici hanno la possibilità di corrompere singoli strati di operai e, transitoriamente, perfino considerevoli minoranze di essi schierandole a fianco della borghesia del rispettivo ramo industriale o della rispettiva nazione contro tutte le altre. Questa tendenza è rafforzata dall’aspro antagonismo esistente tra i popoli imperialisti a motivo della spartizione del mondo. Così sorge un legame tra l’imperialismo e l’opportunismo. […] Più pericolosi di tutti, da questo punto di vista, sono coloro i quali non vogliono capire che la lotta contro l’imperialismo, se non è indissolubilmente legata con la lotta contro l’opportunismo, è una frase vuota e falsa».[3]
Analisi che ricordano molto da vicino quella realizzata da Antonio Gramsci:
«il comunismo è umanismo integrale: studia, nella storia, tanto le forze economiche che le forze spirituali, le studia nelle interferenze reciproche, nella dialettica che si sprigiona dai cozzi inevitabili tra la classe capitalista, essenzialmente economica, e la classe proletaria, essenzialmente spirituale, tra la conservazione e la rivoluzione. La demagogia, l’illusione, la menzogna, la corruzione della società capitalistica non sono accidenti secondari della sua struttura, sono inerenti al disordine, allo scatenamento di brutali passioni, alla feroce concorrenza in cui e per cui la società capitalistica vive. Non possono essere abolite, senza abolire la struttura che la genera. Le prediche, gli stimoli, le moralità, i ragionamenti, la scienza, i “se…” sono inutili e ridicoli. La proprietà privata capitalistica dissolve ogni rapporto d’interesse generale, rende cieche e torbide le coscienze. Il lucro singolo finisce sempre col trionfare di ogni buon proposito, di ogni idealità superiore, di ogni programma morale; per guadagnare centomila lire si affama una città; per guadagnare un miliardo si distruggono venti milioni di vite umane e duemila miliardi di ricchezza. La vita degli uomini, le conquiste della civiltà, il presente, l’avvenire sono in continuo pericolo. Queste alee, questo correr sempre l’avventura, potrà soddisfare i dilettanti della vita e chi può mettersi in salvo coi suoi; ma la grande massa ne diventa schiava».[4]
Gli effetti negativi della corruzione in seno alla classe operaia, qualora dovessero giungere a devastare l’organizzazione rivoluzionaria, generano fenomeni contrapposti, venendo meno la capacità dialettica di giungere ad una sintesi proficua delle varie tendenze politiche spontanee e non scientifiche. Così Lenin:
«una forte organizzazione rivoluzionaria è assolutamente necessaria per rendere stabile il movimento e per premunirlo contro la possibilità di attacchi inconsulti. Proprio in questo momento, data la mancanza di una simile organizzazione, dato il rapido sviluppo spontaneo del movimento operaio, si possono già notare due estremi (che, come è naturale, “si toccano”): un economismo assolutamente inconsistente, che predica la moderazione, e un “terrorismo stimolante” che è altrettanto inconsistente e cerca “di provocare artificialmente i sintomi della fine di un movimento il quale è in progresso continuo, ma ancora più vicino al punto di partenza che non al punto di arrivo”».[5]

[1]       F. Engels, Antidühring, cit., p. 100.

[2]       V. Kelle & M. Kovalson, Il materialismo storico. Saggio sulla teoria marxista della società, Edizioni Progress, Mosca 1975, Cap. VIII – L’aspetto spirituale del processo storico.

[3]       V. Lenin, L’imperialismo fase suprema del capitalismo, a cura di V. Parlato, Editori Riuniti, Roma 1970 [scritto nel 1916, 1° ed. orig. 1917], pp. 168-169.

[4]       A. Gramsci, Einaudi o dell’utopia liberale, Avanti! ediz. Piemontese, 25 maggio 1919, all’interno di A. Gramsci, Scritti politici, vol. I, cit. p. 198.

[5]       V. Lenin, Che fare?, cit., p. 175.

 

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1 Comment

  1. Fulvio Bandini ha detto:

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