MULTIPOLARISMO: EREDITÀ VIVA DEL COMUNISMO

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MULTIPOLARISMO: EREDITÀ VIVA DEL COMUNISMO

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MULTIPOLARISMO: EREDITÀ VIVA DEL COMUNISMO

 

Le ultime dichiarazioni dei governanti statunitensi ed europei circa la guerra in Ucraina e la questione di Taiwan, la continua ricerca dello scontro da parte delle élite occidentali contro la Russia e la Cina e quanti non sono d’accordo con l’imperialismo a stelle e strisce[1], il servilismo dei parlamenti occidentali (a parte qualche eccezione) ai progetti della Nato e della UE, i “pogrom giornalistici” operati da certi giornali della borghesia reazionaria, come il Corriere della Sera, contro coloro che non si allineano alla narrativa bellicista dei nostri «comunicatori di regime»[2] segnano il tentativo di “pacificazione” a senso unico dell’opinione pubblica già di per sé “imbambolata” da anni di ideologia capitalista anti-comunista. È forse casuale questa coincidenza? No di certo, la politica filo-Nato, rappresentata dal Governo Meloni e dal Partito Democratico, è schierata, in maniera vergognosamente servile, per la guerra alla Russia, la stessa Russia che veniva difesa dalla stessa Meloni che, prima di diventare Capo del Governo, riteneva Putin uno con le «idee più chiare rispetto a Renzi in tema di politica estera e di difesa degli interessi nazionali»[3] e quando, in un intervento alla Camera dei Deputati del 2015, criticava aspramente le sanzioni alla Russia decise dall’UE perché potevano mettere a rischio le imprese italiane.[4]

Un cambio di rotta, un totale “appecoramento” politico, che descrive benissimo la destra italiana e la sua “sovranità di cartone” o per meglio dire tradimento. Tuttavia non basterebbe dire che è il regime che c’è in Italia, “da solo”, a sobillare lo scontro e la “distruzione” degli avversari, perché non spiegherebbe il diretto coinvolgimento di strutture quali la Nato all’interno del dibattito italiano sulla guerra in Ucraina e su altre questioni.[5]

C’è una razionalità di fondo che sfugge ai tanti disinformati o manipolati dalla propaganda di regime ovvero che c’è una gigantesca lotta tra blocchi economici, politici e sociali: da un lato l’imperialismo economico e militare della Nato, la cosiddetta “comunità internazionale” che altro non sono la Nato e i suoi “imperialisti da cortile”, e dall’altro lato i Brics e tutta una serie di paesi economicamente emergenti, anche con economie di tipo capitaliste, che stanno mettendo seriamente in discussione il dominio economico-politico “USA and Company”

 

I. LA TALPA HA FATTO RIPARTIRE LA STORIA

 

Stiamo vivendo l’avanzata dello scontro geopolitico mondiale: la “fine della storia” è terminata e un’altra comincia, non come farsa, ma come possibile catastrofe o opportunità: catastrofe della guerra nucleare o opportunità del multipolarismo ovvero quella politica internazionale, o anche di politica interna di un paese, fondata sull’esistenza di più “blocchi” o “gruppi di potenza” che si contrappone in genere a bipolarismo o all’unipolarismo.

La provocazione militare della Nato a Russia e Cina, la grandissima produzione di armi con conseguenti ricavi da capogiro (nel complesso le vendite dei 100 maggiori produttori mondiali ammontano a 531 miliardi di dollari, all’incirca 480 miliardi di euro)[6], la spesa militare degli stati in continuo aumento (secondo l’ultimo rapporto Sipri, pubblicato il 24 aprile 2023, la spesa militare mondiale è cresciuta nel 2022 fino al massimo storico di 2.240 miliardi di dollari, praticamente poco inferiore al debito pubblico italiano)[7], i continui scontri fra stati foraggiati dalla Cia e dalla Nato in giro per il mondo volti all’instabilità continua (vedi adesso in Kossovo) e la corsa alla ricerca nucleare a scopo militare da parte di alcuni paesi come l’Iran[8], con tanto di sospensione dall’accordo “Start” della Russia[9] e l’impegno di questa nel denazificare l’Ucraina, mezzo tramite il quale la Nato sta portando guerra alla Russia, tramite l’Operazione “Speciale” partita a febbraio dell’anno scorso: tutti questi fattori, assieme ad altri, indicano come la tensione mondiale stia arrivando a un pericoloso punto di non ritorno che rischia di precipitare il mondo nell’incubo della guerra atomica.

Se per Lenin la guerra può portare alla Rivoluzione e la Rivoluzione può impedire la guerra, possiamo dire con certezza che una guerra nucleare porta alla distruzione dell’umanità, quindi a nessuna Rivoluzione, dunque è necessario lavorare affinchè ci sia una Rivoluzione che fermi la guerra: non bastano frasi sentimentali, non basta dichiarare “No guerra!”, è necessario lo sviluppo della Rivoluzione che parta da un’analisi concreta della situazione concreta.

Da qui il senso dei comunisti riguardo la questione del multipolarismo.

Come abbiamo detto, sempre più paesi si oppongono al mondo “unipolare” della globalizzazione capitalista degli Stati Uniti d’America e dei suoi alleati: l’emergere di economie quali i Brics (tali paesi comprendono oltre il 41% della popolazione mondiale, il 24% del PIL mondiale e circa il 16% del commercio internazionale)[10], la richiesta sempre più crescente di altri paesi di unirsi a questo gruppo di economie[11], la spinta politica delle masse e dei governi del latinoamerica che va verso la scontro politico verso gli USA e la UE e un’apertura alla Cina[12], l’emergere della lotta per l’amicizia dell’Africa tra i vecchi colonizzatori e i paesi dei Brics soprattutto la Cina[13] e, non per meno importanza, l’avanzamento di una visione sempre più “euroscettica” verso il modello di sviluppo capitalista UE all’interno della stessa (con l’Italia che è il paese più euroscettico del continente)[14] e la finta “democrazia” statunitense non proprio in salute[15]: tutto ciò attesta in modo inequivocabile che per quanto qualcuno avesse gridato vittoria nel 1990 inneggiando alla “fine della storia”, fornendo la prova che la revisione del socialismo porta inevitabilmente alla vittoria del capitalismo, questa vittoria sta creando le condizioni nelle quali le aspirazioni delle masse oppresse stanno maturando di nuovo per un suo rovesciamento.

 

II. IL TEMA NELL’ANTICHITÀ

 

Ma la questione di un mondo multipolare non è cosa nuova. Già nell’antichità, dopo la morte di Alessandro Magno e lo smembramento dell’impero Alessandrino ci furono i regni ellenistici governate dai Diadochi, i generali di Alessandro Magno, che lasciarono una società cosmopolita, pregna del fasto delle corti, del crollo dell’ideologia politica a fronte di uno spiccato e freddo “individualismo”; una civiltà volta all’espansione del commercio nonostante le innumerevoli e costanti guerre, sino al pieno assorbimento dell’ultimo regno, quello d’Egitto, all’interno dell’Impero Romano: una società “analoga” all’attuale società dei consumi globalizzata con scontri tra “centri di potere”[16] regni sotto certi aspetti uguali, ma diversi, in lotta tra di loro per i traffici e la ricchezza, e così è stato anche con i Romani, i quali dovettero far fronte a tanti “centri di potere alternativi”: prima nella penisola con gli Etruschi, i Sanniti e le città della Magna Grecia, poi nel Mediterraneo con i Punici, i Pirati e gli Egizi, e poi in Asia con i Parti.

In tutti gli scontri i Romani, capendo che la politica è “l’arte del possibile”, o meglio la “ricerca di una mediazione per la stabilità della vita sociale”. Così viene impostata la politica interna ed estera in modo da trovare le migliori soluzioni per mantenere il dominio.

Da qui la suddivisione in “Municipi” (città straniere conquistate), “Colonie” (città fondate dal nulla), Feudi (città non romane alleate di Roma) per lo più nel periodo repubblicano[17] e poi, durante il Principato, la politica delle “Province Senatorie e Imperiali” (per dare un “bilanciamento” tra Senato e Imperatore), dei “Regni Clienti” (determinate regioni che non erano ritenute ancora pronte per l’annessione in qualità di province) e dell’equilibrio, il famoso “modus vivendi”, con il Regno Partico (ovviamente, il tutto mantenuto in base ai “rapporti di forza” tra gli Imperi).[18]

Questo a significare la particolare bravura dei Romani nel saper mantenere il proprio dominio di fronte a situazioni dove c’erano “centri di potere”, sia all’interno che all’esterno, capendo che non poteva esistere un mondo dove tutti la pensano in egual maniera su tutto e dove era necessario perseguire le strade possibili per un equilibrio vantaggioso.

Naturalmente noi non siamo ai tempi degli antichi romani, ma la loro lezione è stata di aiuto nei secoli successivi nell’elaborazione delle dottrine politiche e nella dimostrazione che anche il più forte dei poteri crolla quando cade sotto i colpi delle sue contraddizioni interne ed esterne e una di queste, specialmente se parliamo di “imperi”, è la Resistenza dei popoli, più o meno “uniti”, all’oppressione di chi vuole dominare solo ed esclusivamente per il proprio tornaconto personale.

 

III. NELLA TRADIZIONE MARXISTA

 

Di qui arriviamo alla risposta alla domanda che si pone dal titolo: è il multipolarismo un’eredità storica dell’elaborazione politica di 160 anni di movimento comunista internazionale?

Friedrich Engels, nel febbraio 1849 pubblicò una serie di articoli particolarmente accesi contro le pretese di autonomia nazionale degli slavi (cechi, serbi, moravi, ruteni, croati, sloveni), strumentalizzate dagli Asburgo per metterli contro le rivoluzioni democratiche in Austria, Ungheria e Italia, facendo notare come “guardando al loro orticello” le popolazioni slave avessero tradito la rivoluzione, cosa che poi portò comunque gli Asburgo a dominare in Italia e sugli slavi, tanto che

Marx in risposta all’articolo dell’amico sottolineava che: «A Vienna, i croati, i cechi e simili turbe di straccioni hanno strangolato la libertà tedesca; e in questo istante, lo zar regna onnipotente in Europa». In questo caso Engels e Marx puntavano ad elaborare una teoria essenziale che distingueva quei popoli capaci, per loro capacità di analisi della loro condizione storica, di accedere all’autodeterminazione nazionale, un’autodeterminazione basata, ovviamente, sulla centralità della questione del potere della classe operaia. Infatti Marx aggiunge:

«La liberazione dell’Europa, sia essa la rivolta delle nazionalità oppresse per la loro indipendenza, sia essa la distruzione dell’assolutismo feudale, è quindi condizionata dalla vittoriosa insurrezione della classe operaia francese. Ma ogni maremoto sociale francese si spezza necessariamente contro lo scoglio della borghesia britannica, del dominio industriale e commerciale della Gran Bretagna sul mondo.
Ogni riforma sociale parziale in Francia, e, in genere, sul continente europeo è e rimane, ove pretenda d’essere definitiva, un vuoto e pio desiderio. E la vecchia Inghilterra non sarà abbattuta che da una guerra mondiale, la sola che possa offrire al partito cartista, il partito degli operai inglesi organizzati, le condizioni di una vittoriosa levata di scudi contro il gigantesco oppressore.
I cartisti a capo del governo inglese – solo da quell’istante la rivoluzione sociale uscirà dal regno fumoso dell’utopia, per salire nel limpido cielo della realtà.
Ma ogni guerra ‘europea’ in cui l’Inghilterra sia travolta sarà una guerra mondiale, condotta nel Canada come in Italia, in India come in Prussia, in Africa come sul Danubio.
E la guerra europea sarà la prima conseguenza di una rivoluzione proletaria vittoriosa in Francia. Come ai tempi di Napoleone, l’Inghilterra sarà alla testa delle armate controrivoluzionarie; ma dalla stessa guerra sarà spinta all’avanguardia del moto rivoluzionario europeo e così salderà il proprio debito verso la rivoluzione del secolo XVIII. Insurrezione rivoluzionaria della classe operaia francese, guerra mondiale – questo si annunzia il contenuto del 1849».[19]

IV. UN CONFRONTO CON IL MONDO ODIERNO

 

Se analizziamo questo pezzo e lo confrontiamo con il periodo attuale possiamo dire che:

  1. al posto dell’Inghilterra di allora, oggi, ci sono gli Stati Uniti d’America (assieme comunque all’Inghilterra) che “dominano” sul mondo, o almeno ci provano; la “liberazione d’Europa” e delle sue “nazionalità oppresse”, oggi, non può che essere condizionata dall’uscita di uno dei paesi membri “più forti” quali Italia, Francia o Germania, questa è la condizione essenziale per minare il sistema capitalista europeo, vera catena al collo dei vari popoli europei;
  2. le riforme sociali sul continente europeo, oggi, sono “vuoti e pii desideri” perché l’influenza degli USA, tramite la Nato e il controllo sui parlamenti europei e della UE, è forte, dunque bisogna uscire dalla Nato;
  3. se l’Inghilterra poteva, allora, essere abbattuta tramite una “guerra mondiale”, oggi siamo di fronte a uno scontro mondiale tra gli USA e altri centri di potere che potrebbe portare a una guerra su terreno europeo (vedi la situazione in Ucraina);
  4. se i Cartisti erano quelli che stando al potere potevano far diventare “realtà la Rivoluzione Sociale”, allora Trump, uno dei centri di poteri capitalista negli USA, può rappresentare un primo passo verso la distruzione interna del sistema che lui comunque rappresenta, sappiamo bene che Trump ha fatto scelte che andavano verso il ridimensionamento della Nato nel mondo[20] e una chiara polemica con gli altri paesi dell’atlantismo[21], cosa non perdonata dalla parte guerrafondaia americana, rappresentata benissimo dal Partito Democratico, e che lo ha portato, primo ex presidente USA in assoluto, a essere processato per accuse che farebbero ridere comici come Stanlio, Ollio, Jim Carrey e altri con un minimo di cervello e capacità critica[22];
  5. l’affermazione secondo la quale la “ogni guerra ‘europea’ in cui l’Inghilterra sia travolta sarà una guerra mondiale” ha trovato fondamento nel 1914, nel 1939, durante gli anni della Guerra Fredda ecc, e sempre l’Inghilterra è stata al fianco degli USA, anche oggi nella guerra in Ucraina dove si rivela essere la parte più guerrafondaia prima col “trombato” Boris Johnson e poi con “l’alternativo” Rishi Sunak[23], ovviamente il nemico principale sono gli USA ma non scordiamoci che questi sono i degni “eredi” della “perfida Albione”;
  6. se all’epoca l’Inghilterra era alla testa delle armate controrivoluzionarie, oggi ci sono gli Stati Uniti d’America a ricoprire quel ruolo ed è contro questi, prima di tutto, che bisogna combattere, farebbero bene a metterselo in testa quanti parlano ancora di “blocchi imperialisti in lotta”. Questa teoria può anche avere una legittimità politica, ma è fin troppo limitata a una condizione generale che non guarda aspetti particolari non trascurabili.

È nella lotta all’imperialismo occidentale, primo nemico del multipolarismo, che può esserci spinta all’avanguardia del moto rivoluzionario europeo e globale, ed è in questa lotta che si potrà saldare debito verso la rivoluzione del 1917. Ma andiamo avanti.

 

V. L’AUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI

 

Il multipolarismo non può che basarsi, ovviamente, sull’autodeterminazione dei popoli.

Lenin prese posizione, in più occasioni, sul diritto delle nazioni di disporre di sé stesse, sempre in funzione degli interessi del proletariato rivoluzionario, oggi potremmo dire di quella parte maggioritaria di lavoratori che vive del proprio lavoro e non dello sfruttamento sugli altri.

Partendo dal principio che un popolo che ne domina un altro non può essere un popolo libero (principio già affermato da Marx e Engels in merito all’Inghilterra nei confronti dell’Irlanda), per Lenin deve quindi prevalere il punto di vista di classe, in tutto e per tutto; cercando di non guardare agli altri secondo la visione dei “comunisti dei paesi oppressori”.

Nella polemica sull’indipendenza della Polonia avuta con Rosa Luxemburg, dice:

«Rosa Luxemburg afferma e ripete fino alla nausea che l’indipendenza della Polonia è un’«utopia» ed esclama ironicamente: perchè non porre la rivendicazione dell’indipendenza dell’Irlanda?
Evidentemente, la “pratica” Rosa Luxemburg ignora l’atteggiamento di Carlo Marx verso il problema dell’indipendenza dell’Irlanda. Vale la pena di intrattenervisi per citare un esempio di analisi della rivendicazione concreta dell’indipendenza nazionale, da un punto di vista realmente marxista e non opportunista. Marx aveva l’abitudine, – così egli diceva – di “tastare il dente” ai suoi conoscenti socialisti, controllandone la coscienza e la forza di convinzione.
Dopo aver fatto conoscenza con Lopatin, Marx scrive ad. Engels il 15 luglio 1870 cose oltremodo lusinghiere sul giovane socialista russo, ma aggiunge: […] “Punto debole: la Polonia. Su questo punto Lopatin parla assolutamente così come un inglese, diciamo come un “chartista” inglese della vecchia scuola, parla dell’Irlanda”. Al socialista della nazione che opprime, Marx rivolge delle domande sul suo atteggiamento verso la nazione oppressa e scopre immediatamente un difetto comune ai socialisti delle nazioni dominanti (inglese e russa); l’incomprensione dei loro obblighi socialisti verso le nazioni oppresse, le rimasticature di pregiudizi presi alla borghesia della “grande potenza”».

Continua dicendo che per Marx:

«la classe operaia può, meno di qualsiasi altra, farsi un feticcio della questione nazionale, perchè lo sviluppo del capitalismo non ridesta necessariamente a vita indipendente tutte le nazioni.
Ma dal momento che sono sorti dei movimenti nazionali di massa, infischiarsi di essi, rifiutare di appoggiare quanto vi è in essi di progressivo, significa, in realtà, cedere a pregiudizi nazionalistici e precisamente: riconoscere la “propria” nazione come “nazione modello” (oppure, aggiungiamo per conto nostro, come nazione che possiede il privilegio esclusivo di edificare uno Stato)».[24]

Dunque quello che bisogna intendere dalle parole di Lenin è che:

  1. coloro che oggi vogliono combattere realmente il “sistema del pensiero unico”, ovvero l’ideologia capitalista, non possono che partire da un assunto ovvero quello di capire la complessità della realtà: non si può per esempio risolvere in maniera sbrigativa la Cina come una “dittatura” senza capire le dinamiche sociali, culturali e storiche del popolo cinese, non si può ridurre la questione Ucraina come una semplice “denazificazione”, non si può ridurre la questione palestinese come uno scontro “religioso” tra due popoli, non si può credere che i contadini del meridione d’Italia che si opposero all’invasione piemontese erano semplicemente “briganti”.
    Insomma, se ieri c’erano i “socialisti dei paesi oppressori” che prendevano “i pregiudizi alla borghesia della grande potenza” sbagliando analisi sui paesi che dovevano, in teoria, cercare di “guidare” alla lotta per la libertà dal giogo straniero, coloro che oggi si oppongono al “pensiero unico” dei paesi dominanti e oppressori non devono ragionare e parlare come i “dominatori” e “oppressori” altrimenti saranno essi stessi strumento del nemico che dicono voler combattere;
  2. coloro che vogliono capire meglio il mondo di oggi devono calarsi nella “pelle dei popoli”, il che significa che pensare di vedere la particolarità dei popoli in lotta soltanto con gli occhi di chi vede ma non con la pelle di sente, vuol dire non capire ciò che si sta vedendo o, nella migliore delle ipotesi, fraintendere.

Kant diceva che ogni nostra conoscenza comincia con l’esperienza dei “sensi”, ma questo non vuol dire che la conoscenza derivi esclusivamente dall’esperienza di questi, bisogna quindi andare più a fondo nella conoscenza delle cose.

 

VI. L’IDEALISMO SEMPLICIOTTO DEL COSMOPOLITISMO

 

Partire da tutto questo significa già porsi in una visione più completa dell’interpretazione del multipolarismo che non deve essere una semplice riedizione di quel cosmopolitismo originato nell’ellenismo che fa dire: “sono cittadino del mondo”. Questa frase, seppur bella e idealista è, e rimane, “bellamente idealistica”, quindi inutile ai fini della comprensione della complessità del mondo sia di allora che di oggi. Giusto per chiarire questo aspetto, il “cittadino” è colui che appartiene a uno Stato (cioè a una comunità politica, a una nazione), e per questo è soggetto ad alcuni doveri e gode di alcuni diritti; immaginiamo di essere “cittadini del mondo”, a quale legge dovremmo rispondere se esistono, oggi, 194 paesi? A quale governo dovremmo cedere la nostra libertà in cambio di diritti? Quali sono i diritti e i doveri migliori, quali i peggiori?

È chiaro che ogni persona risponderà a quel sistema che difende ciò che ritiene giusto per la sua condizione materiale e di conseguenza nella sua visione politico-ideologica.

Per un imprenditore (più prenditore che altro), un borghese, un capitalista, sarebbe bello essere cittadino di un mondo dove il mercato regna sovrano e la vita si misura in base al peso del portafoglio che hai in tasca; per un lavoratore normale, un proletario, una persona normale che vive del suo lavoro, sarebbe bello essere cittadino di un mondo dove la vita dignitosa si misura in base al grado di civiltà e di sviluppo e di redistribuzione giusta del merito e della ricchezza sociale.

Queste visioni politiche tra loro opposte altro non sono che conseguenze di cause, in ultima istanza, economiche.

Per farla breve: un “cittadino del mondo” del mondo ellenistico era quello che parlava greco, che riconosceva l’autorità di qualche diadoco, che faceva affari commerciali in giro per i vari regni e vari mari, che condivideva la cultura greca e la raffinatezza orientale e che magari non vedeva di buon occhio i politici. E i Romani, i Celti, i Cinesi, i Cartaginesi? Un altro mondo, un’altra storia, altri barbari: praticamente “non dei nostri” e se c’era “qualcuno dei nostri” bisognava cercarlo di giorno con la lanterna accesa, un po’ come faceva Diogene di Sinope. Dunque a ognuno il suo paese che non è né sopra, né sotto, né uguale, né diverso ma “in rispetto” degli altri.

 

VII. L’INSEGNAMENTO DI “CHE” GUEVARA

 

E parlando del “rispetto tra stati” come non citare Ernesto Guevara, detto “El Che”?
In un discorso della nona sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU, dell’11 dicembre 1964, dice:

«Fra tutti i problemi scottanti che debbono essere trattati da questa Assemblea, uno di quelli che per noi hanno maggior significato e di cui crediamo sia necessario dire una definizione che non lasci dubbi in nessuno, è quello della consistenza pacifica fra stati con diversi regimi economico-sociali.
Notevoli sono i passi in avanti compiuti dal mondo in questo campo; tuttavia l’imperialismo – soprattutto quello nordamericano – ha la pretesa di far credere che la consistenza pacifica sia di uso esclusivo delle grandi potenze della terra. Noi esprimiamo qui la stessa posizione sostenuta dal nostro Presidente al Cairo e che doveva poi essere alla base della Dichiarazione della Seconda Conferenza dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi non Allineati: e cioè che la consistenza pacifica non deve essere limitata soltanto ai potenti, se si vuole garantire la pace del mondo. La coesistenza pacifica deve essere praticata fra tutti gli stati, indipendentemente dalla loro importanza, dalle relazioni storiche che li legavano in precedenza e dai problemi sorti fra alcuni di essi in un momento dato».

ed elenca:

«Attualmente, il tipo di coesistenza pacifica alla quale noi aspiriamo non viene rispettata in un gran numero di casi. Il regno di Cambogia, semplicemente perché ha una posizione neutrale e non ha voluto piegarsi alle macchinazioni dell’imperialismo nordamericano, è stato oggetto di ogni tipo di attacchi proditori e brutali lanciati dalle basi che gli yankee hanno nel Vietnam del Sud. Il Laos, paese diviso, è stato anch’esso oggetto di aggressioni imperialiste di ogni tipo; il suo popolo, massacrato dal cielo; gli accordi firmati a Ginevra, violati, e una parte del territorio in costante pericolo di essere attaccato impunemente dalle forze imperialiste. La Repubblica Democratica del Vietnam, che conosce tutte queste storie di aggressione come pochi popoli sulla terra, ha visto ancora una volta violate le sue frontiere, ha visto come gli aerei da bombardamento e da caccia nemici sparavano contro le sue installazioni, come le navi da guerra nordamericane, violando le acque territoriali, attaccavano i suoi porti. In questo momento, sulla Repubblica Democratica del Vietnam pesa la minaccia dei guerrafondai nordamericani estendano apertamente sul suo territorio e sul suo popolo la guerra che da diversi anni stanno conducendo contro il popolo del Vietnam del Sud. L’Unione Sovietica e la Repubblica Popolare Cinese hanno seriamente ammonito gli Stati Uniti.
Ci troviamo di fronte ad una situazione in cui è in pericolo la pace del mondo; non solo, la vita di milioni di esseri di tutta questa zona dell’Asia è costantemente minacciata, poiché dipende dai capricci dell’invasore nordamericano».

e infine:

«In tutti questi paesi l’imperialismo cerca di imporre la sua versione della coesistenza pacifica: sono i popoli oppressi, in alleanza con il campo socialista, che debbono dire quale sia la vera coesistenza, ed è obbligo delle Nazioni Unite appoggiarli. Bisogna anche chiarire che il concetto di consistenza pacifica deve essere ben definito, non soltanto per quanto riguarda i rapporti fra stati sovrani. In quanto marxisti, abbiamo sempre sostenuto che la coesistenza pacifica fra le nazioni non comporta la coesistenza fra sfruttatori e sfruttati, fra oppressori ed oppressi. Il diritto alla piena indipendenza, contro ogni forma di oppressione coloniale, è, inoltre, un principio proclamato in seno a questa Organizzazione. […] Quarantasette paesi riuniti nella Seconda Conferenza dei Capi di Stato o di Governo dei Paesi non Allineati, al Cairo, decisero, all’unanimità: “La Conferenza, rendendosi conto con preoccupazione che le basi militari straniere rappresentano, in pratica, un mezzo per esercitare pressioni sulle nazioni, e per ostacolare la loro emancipazione e il loro sviluppo, secondo le loro concezioni ideologiche, politiche, economiche e culturali, dichiara di appoggiare senza riserve i paesi che cercano di ottenere la soppressione delle basi installate nel loro territorio e chiede a tutti gli stati l’immediata evacuazione delle truppe e delle basi che essi hanno in altri paesi”».[25]

 

VIII. L’INTERPRETAZIONE DEL MODERNO MOVIMENTO COMUNISTA

 

Leggendo le parole di questo grande anticapitalista e antimperialista (morto lasciando un posto sicuro da ministro a Cuba per seguire la via del guerrigliero) possiamo capire ancora di più l’interpretazione del multipolarismo del movimento comunista:

  1. la “coesistenza pacifica fra stati con diversi regimi economico-sociali” è possibile solo se si esce dall’idea che questa sia “di uso esclusivo delle grandi potenze”; non è un caso che negli ultimi anni, da più stati membri dell’Onu, si stia levando la protesta per il ruolo “limitato” del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ovvero quell’organismo composto da 5 paesi membri permanenti (Cina, Russia, Stati Uniti, Inghilterra e Francia) e 10 paesi membri non permanenti che cambiano, alternandosi, ogni 2 anni. C’è da dire che tale organo ha un ruolo non da poco nelle questioni internazionali come per esempio l’utilizzo di misure dirette per la risoluzione di conflitti, le quali richiedono il voto positivo di nove membri; ciononostante, è sufficiente il voto negativo di uno dei membri permanenti, il cosiddetto potere di veto, per annullare la decisione (un’idea che si deve a Churchill, Roosevelt, Truman e Stalin).
    Inoltre se pensiamo che “la non partecipazione al voto” di un membro permanente, basato su un implicito disaccordo sulla legittimità della delibera con la conseguente volontà di dissociarsene dagli effetti, non inficia sulla volontà del collegio per una determinata delibera, allora si comprende bene perché questo strumento, in mano alle grandi potenze mondiali, continua a mantenere differenze enormi in termini geopolitici.
    Praticamente se gli USA volessero imporre una delibera, anche se Cina e Russia non fossero d’accordo, basterebbe l’assenza di questi due membri dalla riunione e la delibera USA passerebbe ugualmente con buona pace del diritto degli altri paesi a pensarla diversamente: è successo, per esempio, per la Guerra in Korea dove, approfittando dell’assenza del delegato sovietico al Consiglio di Sicurezza ONU in protesta perché la Cina era ancora rappresentata da Chiang Kai-shek (nazionalista rifugiatosi a Taiwan) invece che da Mao, gli Stati Uniti fecero approvare una risoluzione che impegnava le Nazioni Unite a intervenire per difendere la finta “sovranità” della Corea del Sud “invasa” dalla Korea del Nord[26] dando di fatto inizio alla guerra che divide, da allora le due Koree; adesso lo stesso problema lo hanno gli occidentali con la Russia per l’“affaire Ucraina” e per il fatto che la Russia stessa abbia potere di veto, gli occidentali pensano che sia giunto il momento di “qualche cambiamento”[27]; se ne accorgono adesso per la guerra in Ucraina, ma hanno abitato altri pianeti quando era la Nato a fare guerre illegali, nonostante i divieti dell’Onu[28]: per la serie fai come ti dico quando mi conviene, ma non fare come faccio perché non ti conviene, ecco la democrazia delle grandi potenze imperialiste occidentali.
    Questo diceva Guevara quando parlava di pace mondiale in pericolo per via dei “capricci” dell’invasore nordamericano, cosa non diversa da oggi visto che in Ucraina c’è la lunga mano degli USA che usa gli Ucraini in una guerra per procura contro la Russia;
  2. Guevara, inoltre, aveva chiaro che la presenza di potenze straniere nei paesi, tramite basi militari, rappresenta un mezzo per “esercitare pressioni sulle nazioni” e “ostacolare la loro emancipazione e il loro sviluppo secondo le loro concezioni ideologiche, politiche, economiche e culturali”; salta subito all’occhio come questa considerazione posta nel 1964 è assolutamente attuale per paesi come l’Italia che ha sul suo territorio 113 basi militari Nato senza che negli USA vi siano basi militari italiane e, ricordiamolo, in queste basi vi sono testate nucleari che rappresentano un pericolo per l’Italia, ma non di certo per chi le ha portate.[29]
    La presenza della Nato nel nostro paese, assieme alla partecipazione alla UE, è una delle condizioni per le quali il nostro paese soffre un “servaggio” economico, politico e culturale con uno sviluppo generale assolutamente limitato. Stessa cosa dicasi dei paesi africani che hanno dovuto subire per secoli non soltanto un’invasione infame, terribile, predatoria, discriminatoria, distruttiva, stupratrice, schiavista da parte dell’uomo bianco europeo che ha portato i livelli di vita di quei paesi a livelli disumani quasi come quelli dei campi di concentramento nazisti; ma l’uomo bianco si è spinto anche oltre: è riuscito a forzare milioni di uomini ad attraversare gli oceani e a metterli nei campi a coltivare dicendo loro che erano inferiori, riuscendo nel “miracolo politico” di creare una coscienza in quei “negri da fatica” che altro non erano che “bestie” vendute e comprate.[30]
    I “negri” parlavano tra di loro, si conoscevano, si riconoscevano, poi cominciarono a contarsi, a organizzarsi, e così milioni di catene su milioni di catene col tempo divennero il simbolo da rompere a suon di ribellioni e uccisioni dei padroni; fino a che, sorta l’Unione Sovietica, là dove c’era uno schiavo c’era una fiamma pronta a diventare un incendio per la libertà.
    L’Urss ha dato un contributo inestimabile al movimento decolonizzatore, sia per l’internazionalismo proletario alla base dell’ideologia comunista che il paese rappresentava, sia per favorire i rapporti di forza durante la guerra fredda: uomini come Patrice Lumumba, Thomas Sankara, Agostinho Neto, Nelson Mandela, Gamal Abd el-Nasser, in un certo senso anche Gheddafi, furono alcuni dei capi africani che furono influenzati dalle idee socialiste portandole nella realtà dei loro paesi; non è un caso che alcuni di loro furono uccisi in quanto “pericolosi” agli occhi dell’occidente colonialista.
    Non dimentichiamo come fu decisivo l’intervento dell’Urss per salvare la situazione in Egitto nel 1956 quando Israele mandò un esercito per impedire la nazionalizzazione dell’Istmo di Suez e l’Urss minacciò un intervento nucleare su Parigi e Londra.
    Non dimentichiamo come l’Urss fu il primo paese a riconoscere la Repubblica Democratica del Congo e dedicò a Patrice Lumumba l’Università  “dell’amicizia tra i popoli” a Mosca l’anno dopo che il capo africano fu ucciso, senza dimenticare gli aiuti in termini economici, culturali e militari dell’Urss ai paesi africani in lotta per il loro affrancamento dal servaggio coloniale.[31]
    In tutti questi casi fondamentale è stato non soltanto l’appoggio dell’Urss, ma anche il ruolo del “Movimento dei Paesi non allineati”, che oggi rappresenta più dei 2/3 di tutti gli stati della terra e che già allora poneva la questione delle basi militari straniere: non è un caso che oggi, alcuni paesi membri del Movimento come l’India e il Sud Africa e membri osservatori del Movimento stesso come Cina, Russia e Brasile abbiano formato i BRICS che si pongono l’obiettivo della de-dollarizzazione dell’economia mondiale.[32]

 

IX. IL CONTRIBUTO PROGRESSIVO DEL COMUNISMO

 

Qual è il “succo della storia”? Possiamo dire che il movimento operaio internazionale, in oltre 160 anni di lotte, ha dato un’impronta fondamentale nella costruzione di un mondo multipolare e in questa impronta l’apporto del movimento comunista è stato evidente, sia in termini teorici che in termini pratici: oggi sappiamo che un mondo multipolare è possibile solo se:

– coloro che lo vogliono non ragionano come gli oppressori che opprimono coloro che devono essere liberati;

– ci sono paesi dove gli oppressori non hanno possibilità di nuocere e dunque se è loro vietata qualsiasi libertà formale o clandestina;

– c’è parità di diritti e doveri tra i paesi che vogliono vivere in pace e armonia, al di là della “grandezza”, della “storia”, del “prestigio” di ciascun paese e se le grandi decisioni sono prese insieme e non da un “gruppo ristretto”;

– sappiamo leggere e analizzare la realtà in maniera “multipla” e non “unilaterale”.

Tutto ciò è possibile grazie a uomini e donne che hanno aperto orizzonti nella storia, personaggi ammirati ancora oggi e fonte di ispirazione che oggi ha perso, forse, sincerità collettiva, di fronte allo spettacolo reale, nudo e crudo fatto di errori singoli e collettivi che si susseguono, fatto di persone che non si domandano delle conseguenze delle proprie azioni, che non si domandano:

“Per quanto ancora potrò restare semplice spettatore?”

Coloro che vogliono imparare e cambiare, le cose devono muoversi attivamente, devono far parte del processo storico, devono cambiare per cambiare tutto quello che è necessario, partendo dalle parole che ci chiamano a camminare, ma è con un passo alla volta che il mondo comincia a cambiare per la pace e la dignità dei popoli, per un mondo multipolare, per la futura umanità.

 

Gennaro Thiago Nenna – Segretario Regionale del Partito Comunista della Campania

 

 

[1]     A. Tarquini, Stati Uniti. L’élite americana inizia ad ammettere che il mondo si sta ribellando contro di essa, Faro di Roma, 5 giugno 2023.

[2]     La7 Attualità, Lista putiniani. Alessandro Orsini: “Farò causa al Corriere della Sera”, Youtube, 15 giugno 2022.

[3]     La7 Attualità, Meloni: Putin è meglio di Renzi, ha ragione Salvini, Youtube, 4 dicembre 2015.

[4]     Il Fatto Quotidiano, Quando Giorgia Meloni criticava le sanzioni alla Russia. Era il 2014: ecco cosa diceva, Youtube, 23 febbraio 2023.

[5]     L. Giarelli, Wiki-Orsini: liti, modifiche e quella manina targata NATO, Il Fatto Quotidiano, 5 giugno 2023; D. Luttazzi, Disinformazione: le porte girevoli fra 007, social, Nato e le industrie di armi, Il Fatto Quotidiano, 6 aprile 2023.

[6]     Truenumbers, La classifica mondiale dei maggiori produttori di armi da guerra, Key4biz, 6 aprile 2022.

[7]     A. Stefanoni, Rapporto Sipri: spesa militare mondiale in “continuo aumento”, Futura Network, 2 maggio 2023; Redazione Soldi Online, Debito pubblico italiano, nuovo record a maggio 2023, Soldionline.it, 14 luglio 2023.

[8]     Redazione Il Sole 24 Ore, Cia, il programma nucleare dell’Iran avanza a «ritmo preoccupante», Il Sole 24 ore, 25 febbraio 2023.

[9]     Redazione Dire, Putin: “La Russia sospende l’accordo Start sulle armi nucleari”, Agenzia Dire, 21-22 febbraio 2023.

[10]   M. Bonati (a cura di), 20 anni di BRICS: cosa è cambiato? La crescita dei paesi emergenti e i trend del commercio internazionale, Lamiafinanza.it, 26 gennaio 2023.

[11]   E. Toselli, Tutti corrono sul carro dei BRICS: 19 stati chiedono di aderire, Electo Magazine.

[12]   M. Parolari, L’America Latina dei non allineati, Affari Internazionali, 9 marzo 2023; M. Barbaglia, America latina, i nuovi rivali geopolitici degli USAIARI.site, 24 luglio 2021.

[13]   C. Cecere, Africa: dal colonialismo al corteggiamento delle grandi potenze, Mondo Internazionale Post, 17 gennaio 2023; D. Munday, Il potere dell’Africa: per una visione critica del rapporto con la Cina, Oltremare-Aics.gov.it, ottobre 2021.

[14]   P. Mossetti, L’Italia è il paese più euroscettico dell’Unione europea, Wired, 10 dicembre 2019.

[15]   F. Bindi, Il requiem della democrazia americana?, Lavoce.info, 8 gennaio 2021.

[16]   S. Ciaccio, L’eredità di Alessandro Magno: cosa accadde dopo la sua morte?, Lasepolturadellaletteratura.it, 22 maggio 2015.

[17]   A. Coppola, Differenze tra Municipio e Colonia romana, Historical Eye, 3 luglio 2020.

[18]   Wikipedia, Politica orientale augustea, cap. Prima crisi partica: Augusto recupera le insegne di Crasso (23-20 a.C.).

[19]   Redazionale, Rivoluzione proletaria, guerra europea e guerra mondiale, Marx-Karl.com, 23 marzo 2015.

[20]   U. Tramballi, Nato in crisi d’identità: Trump ed Erdogan picconano quel che resta dell’Alleanza, Il Sole 24 Ore, 8 novembre 2019.

[21]   V. Piglionica, La NATO secondo Trump, Treccani.it, 13 luglio 2018.

[22]   C. Tassinari, Trump incriminato: andrà a processo per 34 capi d’accusa. L’ex presidente: “Combatterò”, Euronews, 5 aprile 2023.

[23]   Redazione Corriere della Sera, Zelensky accoglie a Kiev Boris Johnson: “dalla Gran Bretagna sostegno fermo e risoluto…, Youtube, 17 giugno 2022; Redazione Ansa, Sunak: ‘l’Occidente sosterrà Kiev nella guerra per anni’, Ansa, 24 maggio 2023.

[24]   V. Lenin, Sul diritto delle nazioni all’autodecisione, CCDP, cap. 8 – L’utopista Carlo Marx e la pratica Rosa Luxemburg, testo tratto da V. Lenin, Opere Scelte, vol. 1, Edizioni in lingue estere, Mosca, 1947, pp. 538-583.

[25]   Discorso di Ernesto Guevara all’ONU, InStoria.

[26]   V. Barfucci, Ricorda 1950: la guerra di Corea, Lo Spiegone, 10 agosto 2020.

[27]   A. Brzozowski, La resa dei conti sull’Ucraina mette in luce i limiti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, Euractiv, 23 settembre 2022.

[28]   A. Cannatà, Le guerre illegali della Nato, una lucida analisi dei 13 conflitti che hanno ignorato il divieto Onu, Il Fatto Quotidiano, 12 dicembre 2022.

[29]   Redazione Digital, Alla scoperta delle basi americane presenti in Italia, Esquire, 9 gennaio 2023.

[30]   R. Masto, Storia: le atrocità di re Leopoldo II in Congo, Africa, 8 agosto 2015.

[31]   M. Murru, La Russia in Africa. La storia, Saluteinternazionale.info, 30 marzo 2022.

[32]   F. Salvatore, Verso un mondo senza dollaro: cosa può succedere adesso, Inside Over, 4 giugno 2023.

1 Comment

  1. Fulvio Baldini ha detto:

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