L’OCCIDENTE HA PERSO LA BUSSOLA
Alberto Lombardo
The 14th World Socialism Forum
Sub-topics: Dilemmas of Western capitalism and its prospects
Il sistema economico occidentale è attanagliato da una crisi irreversibile. Anche i settori produttivi europei più avanzati e tecnologici non sfuggono alla crisi. Un esempio su tutti è la politica di transizione energetica, promossa dall’Unione Europea. Ma politica di transizione viene intrapresa con poche e errate idee strategiche di programmazione.
L’esperienza della vicenda dei pannelli solari avrebbe dovuto far suonare il campanello d’allarme. Allora ci si imbarcò in una produzione senza avere una solida filiera produttiva. Invece la produzione cinese rapidamente è riuscita a sbaragliare la concorrenza, grazie a economie di scala, innovazione tecnologica, prodotti differenziati per gamma di prestazione e costo. La Cina domina il settore della produzione di pannelli fotovoltaici in ogni anello della catena di approvvigionamento. Un risultato ottenuto con un investimento complessivo di oltre 50 miliardi solo in nuova capacità. Una spesa più di dieci volte a quella degli Stati membri dell’Unione Europea.
“Dal 2011 la Cina ha creato più di 300.000 posti di lavoro lungo la catena del valore del solare fotovoltaico“, si legge nel rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (Iea) [1]. “Le politiche industriali cinesi hanno consentito economie di scala e sostenuto l’innovazione continua lungo tutta la catena di approvvigionamento“. “I costi in Cina sono inferiori del 10% rispetto all’India, del 20% rispetto agli Stati Uniti e del 35% rispetto all’Europa“.
Per questo oggi è la Cina è più competitiva in termini di costi per la produzione di tutti i componenti della catena di fornitura del solare fotovoltaico, non per le miserabili scuse accampate in occidente.
“Inoltre, gli investimenti cinesi in Malesia e Vietnam hanno anche reso questi paesi i principali esportatori di prodotti fotovoltaici” [1]. Cosa che ci fa capire qual è l’atteggiamento globale degli investimenti cinesi che, anziché desertificare l’economia dei paesi con cui collabora, come fanno gli occidentali da secoli, si propone come motore per il loro sviluppo.
La vicenda dell’auto elettrica ripercorre gli stessi errori.
L’Unione Europea comincia a programmare di mettere fuori commercio e successivamente fuori circolazione milioni di veicoli tradizionali. Per chi ha dimestichezza del pensiero economico marxista, si tratta di distruzione di forze produttive e ripartenza su livelli di produzione più ristretta ma più profittevoli. Le grandi case produttrici europee già si apprestano al grande salto. Centri di ricerca creano modelli per dimostrare che la transizione sarà una grande occasione per tutta l’Europa che uscirà finalmente dalla decennale crisi dell’auto, o meglio della sua enorme sovraccapacità produttiva. Per far partire un mercato ancora dubbioso si prospettano incentivi economici in grado di allargare la base produttiva e far scendere rapidamente i costi.
Naturalmente, dimenticando tutto il contesto esterno, questa sostituzione non può portare a nulla di buono. Si dovrebbe valutare prima la capacità della rete elettrica nazionale, la capacità di approvvigionamento delle materie prime e la capacità di smaltimento dei prodotti esausti. Poi si dovrebbe valutare la reale sostenibilità per il cittadino di affrontare un costo di un’autovettura che sia alla portata delle proprie possibilità, soprattutto in un momento di crisi economica. Tutti questi passaggi sono stati elusi davanti al miraggio di investimenti miliardari e ritorni di profitti stratosferici, dovuti a una vendita per quanto inferiore nel numero di autovetture, ma con tasso di profitto unitario molto più elevato. Meno auto, più costose e più dipendenti dai servizi di assistenza centralizzati.
In una vettura elettrica il 40% del costo totale è rappresentato dalle batterie ed un altro 40% circa dal software. La Cina dapprima ha creato la catena del valore. Negli anni passati gli imprenditori cinesi, dopo aver acquisito le concessioni minerarie nei paesi produttori di nichel, cobalto e litio, hanno innovato la loro tecnologia per costruire le batterie di nuova generazione acquisendo il know-how. Inoltre al momento la Cina è all’avanguardia al mondo nella produzione delle future batterie al sodio, meno costose e meno inquinanti di quelle al litio. La casa automobilistica cinese BYD ha superato la Tesla come quota di mercato globale e prima casa automobilistica in Europa, in assoluto, per automobili vendute. Infine, la Cina è all’avanguardia anche nell’ultimo tassello della catena del valore: il riciclo. Qui le menzogne occidentali non trovano proprio spazio per calunniare la Cina. Della capacità mondiale di riciclo delle batterie, circa 200.000 tonnellate nel 2021, grosso modo la metà veniva effettuata in Cina.
Il predominio cinese è il risultato di un ottimo rapporto qualità/prezzo dei loro prodotti, ottenuto con un saggio mix di economie di scala, enormi investimenti fatti da lungo tempo nel settore, forte competizione all’interno del paese dove ci sono decine e decine di produttori di auto elettriche, al contrario della concentrazione monopolistica che avviene in occidente e che ha distrutto la concorrenza tra i produttori, e una capacità produttiva nazionale molto alta che riesce a sostenere tutte le precedenti funzioni.
La capacità di programmazione e di visione della Cina si può trovare esemplificata nel fatto che ha preso la decisione strategica di dare priorità ai veicoli elettrici già nel 2009, quando il mercato era ancora praticamente inesistente, con il “Piano di adeguamento e rivitalizzazione dell’industria automobilistica”, ma avendo già intuito il mercato dove sarebbe andato.
Nel report del Kiel Institute [2] si legge: «il 99% delle società cinesi quotate in Borsa hanno ricevuto sovvenzioni governative dirette nel 2022». Questi sussidi, «spesso impiegati in modo strategico per far progredire le tecnologie chiave, fino a renderle pronte per il mercato». Inoltre nel report si sottolinea la combinazione con altre misure di sostegno, come l’accesso preferenziale alle materie prime essenziali, il trasferimento di tecnologia da parte degli investitori stranieri e il trattamento negli appalti pubblici e nelle procedure amministrative.
Cioè si accusa la parte pubblica cinese di fare bene il suo mestiere, di far agire quella che è la “mano visibile” per sostenere e far prosperare il mercato che poi agisce secondo le proprie regole attraverso quella che Adam Smith definì la “mano invisibile”, ossia la allocazione ottimale delle risorse. Si lamenta di come, «le aziende cinesi sono rapidamente cresciute in vari settori della tecnologia verde, dominando il mercato interno e penetrando sempre più nei mercati della Ue». Cioè si accusa la Cina di stare giocando con regole del mercato meglio di coloro che le hanno avrebbero inventate. E quindi quando la squadra non trova più la convenienza a giocare con le regole che essa ha imposto, le denuncia e si appella a un preteso fair play per cambiarle a suo favore. I monopolisti occidentali demonizzano il libero mercato e la concorrenza.
La risposta occidentale è desolante. Si riesce solo a calunniare la Cina di violare le regole del libero mercato con sostegni pubblici (che in verità nessuno impedisce ai nostri paesi di attuare, ed anzi che attuano quando si tratta di salvare le banche dagli effetti loschi traffici in cui si invischiano), di sfruttamento della manodopera (quando in Cina ormai le remunerazioni salariali hanno raggiunto lo stesso livello che da noi a parità di potere d’acquisto, come dimostra che ormai le delocalizzazioni hanno preso la strada di altri paesi).
Se manca una programmazione globale e l’unico obiettivo dei centri di ricerca è redigere piani che siano graditi al committente, il risultato è quello di credere alla propria stessa propaganda scambiandola per realtà.
È notizia recente che l’Italia, dopo essere maldestramente uscita dal progetto del Belt and Road, va a chiedere alla Cina di investire nella produzione di auto elettriche sul proprio territorio nazionale. I produttori di componentistica sono soddisfatti perché si riaprono importanti prospettive di fronte al crollo del monopolio ex FIAT, oggi Stellantis, in Italia. L’Unione Europea e gli Stati Uniti invece reagiscono in modo rabbioso, rispolverando il vecchio armamentario di guerra fredda e imponendo illegittimi dazi ai quali la Cina fa ricorso come dovuto. Nella campagna elettorale americana, Trump, consapevole che i dazi si ripercuotono principalmente sul paese che li applica, prevede in caso di sua elezione di favorire solo le auto cinesi prodotte negli USA. Ciò per ostacolare l’ingresso di auto prodotte nel confinante Messico. Come si vede, il marasma più totale!
La vicenda del fotovoltaico e dell’auto elettrica sono solo due esempi di come l’industria cinese è in grado di soverchiare l’industria occidentale in moltissimi settori di attività. Chiudersi a questa realtà significa aggravare la situazione. Bloccare l’ascesa della Cina, trincerandosi dietro barriere protezionistiche, dopo averle fatte cadere in tutto il mondo è un esercizio vano e dannoso principalmente per chi lo mette in atto. Le sanzioni colpirebbero anche le case produttrici europee. Analogo discorso vale per gli USA che con i dazi dovrebbero aumentare drammaticamente i costi delle importazioni dalla Cina, da cui la produzione e il consumo degli USA sono fortemente dipendenti. Il cosiddetto decoupling, ossia lo sganciamento dall’economia cinese per l’occidente è del tutto improponibile, mentre la Cina, che ha diversificato i suoi mercati e soprattutto creato un mercato interno fortemente in crescita, potrebbe fare a meno dell’intero occidente.
[1] https://www.iea.org/reports/solar-pv-global-supply-chains
[2] https://www.ifw-kiel.de/publications/news/chinas-massive-subsidies-for-green-technologies
1 Comment
Come evidenzia il compagno Segretario generale Lombardo ,la Repubblica popolare cinese ,ha utilizzato la
mano visibile del piano e della proprietà statale e pubblica per sostenere la mano invisibile del mercato che ha quindi un valore subordinato cioè regolato ,a differenza di quello capitalistico che e’ una distruttiva macina autoregolata!
Lombardo ha ricordato che da tempio la Repubblica popolare cinese privilegia il mercato interno,gli alti salari contro le criminali delocalizzazioni occidentali!
L”Occidente capitalistico ha due solo alternative: o il Socialismo a egemonia comunista statalista pubblica o l’economia di guerra,della Terza guerra mondiale!