No MES e No eurobond. I lavoratori non devono pagare la crisi economica.

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No MES e No eurobond. I lavoratori non devono pagare la crisi economica.

Le decisioni dell’Eurogruppo “allargato” – i 27 ministri delle Finanze dell’Unione – si sono chiuse a notte fonda, dopo ritardi dovuti a trattative estenuanti, con l’unica decisione secondo la quale ai paesi in emergenza verrà concesso una forma di MES “addolcito”. Il tutto viene rimandato al Consiglio UE – che riunisce i leader europei – che si dovrà riunire dopo Pasqua. Al momento niente eurobond. Anche sul “rescue fund” proposto dalla Francia parola passa ai governi.

I soldi del MES potranno essere usati solo “per le spese sanitarie”. All’Italia concesso un credito fino al 2% del PIL, ossia 35 miliardi, con condizioni alleggerite «Il solo requisito per accedere alla linea di credito del Mes sarà che gli Stati si impegnino a usarla per sostenere il finanziamento di spese sanitarie dirette o indirette, cura e costi della prevenzione collegata al Covid-19».

Sugli “eurobond” del resto Angela Merkel aveva già dichiarato: «io non credo che si dovrebbe avere una garanzia comune dei debiti e perciò respingiamo gli eurobond».

Quanto agli altri due pilastri – il fondo europeo “Sure” da 100 miliardi che, dietro garanzie fornite dai Paesi, potrà prestare i fondi per sussidi anti-disoccupazione (massimo 10 miliardi a Paese), e il piano da 240 miliardi della Banca europea degli investimenti per fornire liquidità alle imprese i Paesi fornirebbero 25 miliardi di capitale per permettere alla Banca europea degli investimenti di prestare fino a 200 miliardi di liquidità alle imprese – sono del tutto insufficienti alle necessità dell’Italia: circa 36 dal Mes, 20 dal Sure (ma togliendo le garanzie a carico dell’Italia si scenderebbe a 15) e 32 dalla Bei, per un massimo di 80-90 miliardi per il nostro Paese.

Il “Sure”, il meccanismo da cento miliardi di euro di supporto ai disoccupati proposta dalla Commissione, non ha ancora una data di innesco perché devono ratificarlo i parlamenti dei 27 Stati dell’Unione europea e sappiamo che di mezzo ci saranno i governi di Germania e Olanda. Soprattutto la ventilata opzione di emettere nuovo debito europeo per almeno 500 miliardi, garantendolo con il bilancio UE, presenta è completamente sfasato sui tempi: le risorse servono al più tardi entro pochi mesi, mentre agganciarle al Quadro finanziario di Bruxelles 2021-2027 arriverebbe – semmai – tra più di un anno. L’accordo di ieri sera nell’Eurogruppo dice solo che questo fondo dovrà essere per dimensioni «commisurato ai costi straordinari della crisi attuale».

La BCE si è impegnata ad acquistare 1.000 miliardi di debito pubblico dei Paesi dell’eurozona.

Ieri la Banca centrale inglese ha annunciato che finanzierà direttamente il Tesoro, con il sistema Ways and Means Facility (W&M) (modi e mezzi) – lo scoperto bancario che la Banca d’Inghilterra fornisce al governo nei casi d’emergenza – che ha emesso 70 miliardi di sterline, semplicemente stampando denaro e girandolo al tesoro, potendo così evitare di rifornirsi sui mercati finanziari, anche se temporaneamente. Lo statuto della Bce invece vieta il finanziamento monetario. Anche l’Italia avrebbe una sua W&M – il Conto disponibilità del Tesoro – ma il Trattato ne vieta l’utilizzo a debito. Il Trattato è inviolabile e l’eventuale scopertura del saldo del conto determinerebbe l’obbligo di immediata sospensione dei pagamenti. Il Trattato concede invece acquisti dei titoli di Stato sul secondario. Ad ora la Bce già detiene 300 miliardi di titoli di Stato italiani. Invece, per le obbligazioni societarie la Bce non ha limiti: può finanziare direttamente le aziende che emettono bond.

Ricordiamo che il 23 aprile c’è la scadenza di uno dei BTp Italia più voluminosi nella storia di questi titoli­, ci saranno da rinnovare 15 miliardi rimasti nei portafogli degli investitori. Ci chiediamo, in questo quadro di incertezza, quali saranno le reazioni dei “mercati” nel vedere che manca un accordo chiaro tra i governi europei?

Prima conclusione. Nello scontro tra governi che impersonano i relativi interessi monopolistici delle rispettive nazioni, in tempi di crisi si verifica quello che il leninismo ci insegna. Lo scontro si eleva al calor bianco e i gruppi più forti e coesi cercano di prendere il sopravvento, sfruttando la situazione per migliorare la propria posizione relativa. L’Italia non viene abbandonata, ma le si mette una bella corda al collo. Del resto, come abbiamo già sottolineato qui, anche le richieste italiane di spalmare i debiti, rientrano sempre in una visione che: 1) cerca di salvare la criminale costruzione europea; 2) cerca di scaricare il peso dei debiti – perché, Coronabond o MES sempre di debiti si parla – su questo o quel settore popolare. E sta lì il litigio. E sta lì il limite di tutte le cosiddette opzioni sovraniste.

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Il DL emanato dal Governo, concede 400 mld di garanzie sui prestiti, fatte a aziende che non erano in difficoltà prima. Alle piccole (che sono la stragrande maggioranza in Italia) toccano solo 30 mld sui 400, anche se ai piccoli è concessa una garanzia per una quota di prestito maggiore.

Con le garanzie SACE saranno erogate alle imprese aiuti di Stato, ma i beneficiari al 31 dicembre non devono essere state classificati tra le «imprese in difficoltà e al 29 febbraio non devono aver avuto esposizioni bancarie deteriorate». E questo sempre a causa dei Trattati che vietano i famigerati “aiuti di Stato”.

I 600 euro? Non a tutti i professionisti. L’emergenza coronavirus ha accorciato i tempi a 4 settimane per istruire le pratiche e liquidare le indennità. Per esempio per la cassa integrazione in deroga, per le aziende che non hanno accesso agli ammortizzatori ordinari, la domanda va presentata alla Regione, ma solo in questi giorni sono state concluse le procedure di consultazione. Alcuni infatti hanno già il sospetto che i soldi arriveranno giusto in tempo per pagare le tasse allo stato!

Per quanto riguarda i lavoratori, al punto L) del DL si dice: «l’impresa che beneficia della garanzia assume l’impegno a gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali». Quindi, “gestire” e non “garantire” e poi in accordo con quali sindacati? Quelli rappresentativi, ovviamente.

Al punto N) «il finanziamento coperto dalla garanzia deve essere destinato a sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia…» Quindi la tutela dei lavoratori può essere messa tranquillamente dietro alla tutela del capitale.

Seconda conclusione. Questa emergenza sta rivelando, anche a chi si è voluto tappare gli occhi finora, il vero volto del capitalismo e dei suoi governi. Protezione per le grandi imprese, presa in giro per i piccoli lavoratori autonomi, oppressione sempre più barbarica per i lavoratori dipendenti e in particolare la classe operaia, sacrificata nei suoi diritti, salario e perfino salute fisica sull’altare del massimo profitto.

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