Il potere borghese dichiara guerra alle donne proletarie: cosa si cela dietro il Ddl Pillon?

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Il potere borghese dichiara guerra alle donne proletarie: cosa si cela dietro il Ddl Pillon?

*di Sabrina Cristallo 

 Se è giusto affermare che quando il movimento operaio avanzava, avanzavano anche i diritti civili, oggi possiamo osservare come l’attacco alle grandi conquiste del dopoguerra sia consequenziale al feroce smantellamento dei diritti dei lavoratori.  

Il Disegno di legge Pillon sulla famiglia, al vaglio della Commissione Giustizia del Senato, si pone in perfetta conformità a questa tendenza. 

Spacciato per un Ddl “benevolo”, contenente l’introduzione di norme volte a “diminuire la conflittualità tra i genitori in caso di separazione o divorzio”, in realtà esso nasconde una pericolosa trama classista ed oscurantista. 

Una serie di proposte quali lo stop all’assegno di mantenimento per i figli; l’introduzione della figura del mediatore familiare, obbligatoria e a pagamento; la garanzia della bi-genitorialità perfetta, ovvero la divisione paritetica del mantenimento e del tempo trascorso coi figli; nonché l’istituzionalizzazione dell’inesistente “Sindrome dell’alienazione parentale” (PAS), una teoria non-scientifica, inattendibile e strumentale già drammaticamente applicata nei tribunali italiani a difesa del genitore violento, ci prospettano un quadro allarmante che, in generale, tende verso lo schiacciamento dei diritti della donna e dei minori e alla valorizzazione della famiglia patriarcale.  

Oltre al palese conflitto di interessi del leghista che di mestiere fa proprio il mediatore familiare, risulta evidente che l’obiettivo centrale del Ddl sia quello di ostacolare il divorzio, trasformando di fatto un diritto in un privilegio accessibile a pochi. L’incremento esponenziale ed obbligato della spesa per affrontare l’iter legislativo diverrebbe un disincentivo per la maggioranza delle famiglie.  

Non solo, questo e le altre misure pensate dal senatore Pillon, rappresentano un vero e proprio attacco diretto alla donna e la sua emancipazione, data la sua generale condizione di subordinazione sociale rispetto all’uomo in regime capitalista. 

Osservando i dati Istat al 2014, si evince infatti che il reddito guadagnato dalle donne è in media del 24% inferiore a quello degli uomini. In particolare, il divario salariale tra uomo e donna cresce sino a toccare il 40% per le lavoratrici con un basso livello di istruzione. Doveroso anche osservare che il 42,1% delle casalinghe in Italia vive in una coppia con figli e il motivo principale per cui le giovani casalinghe non cercano un lavoro retribuito è familiare nel 73% dei casi. Possiamo pertanto ben immaginare a quali scenari porterebbe l’eliminazione dell’assegno per la prole secondo la logica del mantenimento paritetico dal momento che, sempre secondo dati Istat, risulta già che l’85% delle famiglie monoparentali che versano in condizioni di povertà assoluta ha come persona di riferimento una donna. 

Insomma, spingendo ulteriormente la donna ai margini della società, il leghista sogna l’indissolubilità del matrimonio. 

Ma non è tutto. Osserviamo adesso perché il Disegno di legge non solo si frappone all’emancipazione femminile ma pare essere un manifesto alla violenza domestica. La mediazione è infatti una pratica illegale laddove vi siano casi di abusi e violenza (Convenzione di Istanbul), ma il leghista la renderebbe un passaggio obbligato, mentre l’applicazione sistematica della PAS, per la quale l’Italia è già stata redarguita dall’ONU, condurrebbe all’annullamento completo della voce e dei diritti dei figli in merito alle dinamiche familiari (Convenzione di New York sui diritti dei fanciulli), condannandoli a subire il tutto come oggetti passivi e porterebbe sul banco degli imputati il genitore maltrattato per falsa accusa e manipolazione. Nel concreto, una madre in situazione di indigenza e vittima di violenza desisterebbe dall’intraprendere qualsiasi azione in quanto assolutamente disarmata dinanzi ai costi, al rischio di perdere i figli o la paura di doverli dividere obbligatoriamente con il loro aguzzino. Uno scenario inaccettabile se pensiamo che nel nostro paese mediamente ogni due giorni viene uccisa una donna e che per quanto concerne gli omicidi avvenuti tra le mura domestiche, otto volte su dieci la vittima è una donna e l’assassino il partner o l’ex partner. 

Rifiutiamo pertanto con forza il Ddl Pillon, vergognosamente consequenziale al sistema, ricordando come l’emancipazione di una società passi necessariamente dalla lotta congiunta degli uomini e delle donne.

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