Dopo il greenwashing e il palwashing, siamo ora all’imbellettamento di un “antifascismo” di facciata, buono per nascondere le vere origini e cause del fascismo che non risiedono né in un fenomeno “culturale” né “sociologico”, ma nella natura stessa del capitalismo e ne rappresentano solo la parte estrema, più aggressiva, espansionista e terrorista, come il VII Congresso dell’Internazionale Comunista ha precisato attraverso le parole di Dimitrov.
Abbiamo letto infatti un appello “Parta dagli atenei la nuova resistenza ai fascismi di oggi” apparso il 13 giugno su Repubblica (che già la dice lunga) che potete leggere per intero qui (in modo da non dover pagare la tassa sulla lettura), volto a “promuovere una mobilitazione accademica internazionale contro le crescenti minacce autoritarie rivolte all’università e ai principi fondamentali delle democrazie liberali, negli Stati Uniti ma non solo”. Esso è firmato da altisonanti nomi di scienziati, accademici e studiosi di oltre trenta Paesi, tra cui 22 Premi Nobel, su cui spicca il noto virologo e chef stellato Giorgio Parisi.
L’appello coincide con il centenario della “Lettera degli intellettuali antifascisti” del 1925, pubblicata in Italia dopo la presa del potere da parte di Mussolini. L’estremo atto di coraggio di questi intellettuali a loro non costò evidentemente nulla. Si sottace invece che dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 28 agosto del 1931 del regio decreto n. 1227, che all’articolo 18 obbligava i docenti universitari a giurare devozione «alla Patria e al Regime Fascista», su 1225 professori solo 12 rifiutarono il giuramento pur sapendo di dover subire, quale inevitabile conseguenza, il licenziamento. Ma si sa, anche i professori universitari “tengono famiglia”. La vergogna di quell’atto continuò anche dopo la Liberazione, perché la Repubblica Italiana non rimosse i dodici infami che andarono a occupare abusivamente quei posti, ma semplicemente sdoppiò le cattedre per fare posto a tutti, eroi e no.
Ma veniamo all’imbellettamento.
Nella ricostruzione storica dell’avvento al potere del fascismo si eludono alcuni fatti storici. Per esempio, è noto che il fascismo andò al governo dopo le elezioni, ma si dimentica che esso era alleato nel blocco nazionale con liberali e cattolici coi quali ottenne la maggioranza relativa, e fu chiamato il 31 ottobre 1922 al governo dal re (che non era quell’animella imbelle rappresentata da Scurati ma un criminale che sapeva bene cosa faceva), governo al quale parteciparono anche ministri liberali e popolari, che avevano rifiutato l’appoggio alternativo del Partito Socialista. Che fu il blocco degli agrari e degli industriali a finanziare il fascismo e le sue inaudite violenze contro operai e contadini. Che le “democrazie” europee e americana accolsero i fascisti con grande entusiasmo e simpatia. Che le sanzioni dell’ottobre del 1935 per l’aggressione alla Etiopia furono una barzelletta durata formalmente solo 7 mesi. Che il Patto di Monaco del 1938, in cui le “democrazie” svendettero la Cecoslovacchia e aprirono le porte alla guerra in Europa, fu officiato da Mussolini, presentato come il “campione della pace”, che nel frattempo col nazismo e il militarismo giapponese stipulava il Patto Anticomintern.
I nostri novelli antifascisti fanno quindi una vivida presentazione delle nefandezze del fascismo, purché si oscuri da dove esso è sorto e da chi è stato sostenuto, men che meno da chi è stato sconfitto a prezzi inenarrabili.
La frase chiave è la seguente: «Il fascismo non è mai scomparso, ma per un certo periodo è stato contenuto». Verissimo, rispondiamo. Per esempio, già prima del fascismo storico, l’enorme carneficina della Prima Guerra mondiale fu resa possibile da una preventiva militarizzazione delle società e tradimento dei dirigenti operai che anticipò il fascismo. I governi fantoccio democristiani fecero i loro bravi morti ammazzati per strada, licenziamenti discriminatori, stragi impunite. Fino al 1949 il mondo è stato sull’orlo della catastrofe nucleare per colpa dei folli d’oltreoceano.
Chi ha contenuto il fascismo reale è stata la forza del movimento operaio che ha eretto un muro in Italia col Partito Comunista e nel mondo col Campo Socialista.
Il pericolo per i novelli antifascisti ora sta nella «nuova ondata di movimenti di estrema destra», caratterizzati da «aggressioni sistematiche ai diritti di coloro che non si conformano a un’autorità tradizionale costruita artificialmente, radicata in una presunta normatività religiosa, sessuale e di genere».
Quindi il fascismo sarebbe un problema di “intolleranza”?
«Questi movimenti … sotto la maschera di un mandato popolare illimitato, queste figure minano lo stato di diritto nazionale e internazionale, colpendo l’indipendenza della magistratura, della stampa, delle istituzioni culturali, dell’istruzione superiore e della scienza; arrivando persino a tentare la distruzione dei dati essenziali alla ricerca scientifica».
In realtà si capisce subito che non parlano né dell’Unione Europea né delle sue burocratiche emanazioni, perché esse hanno un mandato popolare ormai esiguo estorto a suon di sentenze illegali e manipolazione. Ma per il resto sarebbe la rappresentazione fedele di Bruxelles e dei governi fantoccio europei. La grande stampa in mano a un pugno di editori tenuta in piedi dai contributi pubblici, scuola e ricerca affamata e ormai ricattata e costretta alla collaborazione con i fabbricanti d’armi, l’occultamento sistematico dei dati epidemiologici.
«Fabbricano “fatti alternativi” e inventano “nemici interni”; strumentalizzano le preoccupazioni per la sicurezza per consolidare il proprio potere e quello dell’1% ultra-ricco… Questo processo sta ora accelerando: il dissenso viene sempre più spesso represso attraverso detenzioni arbitrarie, minacce di violenza, deportazioni e una campagna incessante di disinformazione e propaganda, condotta con il supporto dei baroni dei media tradizionali e dei social media».
Ergersi a difesa dei centri di potere accademico statunitense che raccoglie i finanziamenti dei multimiliardari in opposizione all’1% più ricco, arruolare Repubblica tra gli oppositori dei “baroni dei media” … non ha prezzo.
«Nelle società democratiche, i diritti e le libertà possono espandersi, le arti prosperano, le scoperte scientifiche si moltiplicano e la conoscenza cresce. Offrono la libertà di mettere in discussione le idee e sfidare le strutture di potere, di proporre nuove teorie anche quando culturalmente scomode – un elemento essenziale per l’avanzamento dell’umanità. Le istituzioni democratiche offrono il miglior quadro possibile per affrontare le ingiustizie sociali e la migliore speranza di realizzare le promesse del dopoguerra: il diritto al lavoro, all’istruzione, alla salute, alla sicurezza sociale, alla partecipazione alla vita culturale e scientifica, e il diritto collettivo dei popoli allo sviluppo, all’autodeterminazione e alla pace. Senza tutto ciò, l’umanità va incontro alla stagnazione, all’aumento delle disuguaglianze, all’ingiustizia e alla catastrofe, a cominciare dalla minaccia esistenziale rappresentata dalla crisi climatica, che i nuovi fascismi si ostinano a negare». (“Anche climatologi!”, direbbe la Signorina Silvani)
È verissimo. E infatti le nostre non sono democrazie, visto che sta accadendo da decenni l’esatto contrario di quanto promesso.
Purtroppo prevediamo che gli autorevoli pifferai che hanno arruolato porteranno dietro la loro musichetta molti topolini, soprattutto in quegli ambienti in cui il vero pensiero critico è stato sostituito dal conformismo più piatto, l’opposizione al potere dalle manifestazioni folkloristiche che “mobilitano le coscienze” e nulla più.
Ecco, questo appello potremmo definirlo il moderno olio di ricino che avvelena i cervelli.