Giulia, infermiera e comunista: «difendere la sanità pubblica da chi vuole privatizzarla»

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Giulia, infermiera e comunista: «difendere la sanità pubblica da chi vuole privatizzarla»

Giulia Maderni è un’infermiera di 28 anni. È una militante comunista da quando ne aveva 14, oggi è candidata alla Camera dei Deputati con il Partito Comunista (PC) alle elezioni 2018. L’abbiamo intervistata per parlare dei temi che le interessano e delle sue proposte sulla sanità pubblica.

 

– Giulia, da anni ormai lavori come infermiera. Puoi dirci in cosa consiste il tuo lavoro e quali sono le condizioni in cui lavorano oggi gli infermieri?

Sono infermiera da 8 anni è in questo periodo di tempo ho lavorato in diversi contesti operativi, attualmente presto servizio in Pronto Soccorso. Nel corso della mia esperienza professionale ho avuto modo di toccare con mano varie realtà, dal Policlinico Universitario privato convenzionato, alla Cooperativa in appalto alla ASL, all’incarico a tempo determinato e indeterminato in strutture pubbliche.

Oggi gli infermieri vivono una condizione di profonda ingiustizia. Quotidianamente ci adoperiamo per garantire un servizio pubblico di elevatissima qualità, sopperiamo ai deficit, sperimentiamo soluzioni organizzative per ovviare all’assenza di risorse e presidi, ma vediamo frustrata ogni nostra ambizione.

Le aziende pubbliche non investono sulla formazione post laurea, che è completamente a nostro carico, sia a livello economico, sia relativamente al tempo necessario per frequentare i corsi. Inoltre, una volta conseguiti titoli successivi come master di I e II livello o specializzazione, a questo non segue un adeguamento di fascia retributiva. In altri paesi d’Europa e del mondo i nostri colleghi sono retribuiti sulla base delle loro competenze e della carriera accademica e le loro aziende finanziano i percorsi formativi.

Il blocco del turn over e i tagli alle assunzioni hanno prodotto uno scenario in cui moltissimi colleghi in Italia si vedono offrire contratti da libero professionista, quando invece sono assunti per copertura di turnistica come dipendenti, da cooperative e società private appaltate alla ASL. Io stessa mi sono sentita offrire 80 euro lordi per un turno di 14 ore in ambulanza, ovvero 5, 7 euro (lordi)  l’ora per  fare la differenza tra la vita e la morte di una persona, ambulanze che poi vengono spesso messe in servizio senza tutti i presidi necessari.

La Regione permette tutto questo appaltando il servizio pubblico a questo tipo di cooperative e società, mettendo in serio pericolo la collettività ignara di queste dinamiche. I pochi fortunati vincitori di concorsi che lavorano dunque in aziende sanitarie pubbliche si trovano in un contesto in cui il rapporto infermiere-numero di pazienti è tra i più alti d’Europa, anche questo costituisce un serio pericolo per la sicurezza dell’utente, le risorse sono scarse e mancano sempre più presidi e il blocco del turn over ha determinato un altissimo aumento dell’età media degli infermieri, che spesso, vanno in burn out, complici le errate politiche aziendali di gestione delle risorse umane.

Il processo di aziendalizzazione delle strutture sanitarie ha portato a pensare la sanità come una fabbrica, ma noi produciamo un bene che non può essere ne acquistato ne venduto, la salute. È il momento di iniziare a ricordare l’ispirazione tracciata dalla Costituzione rispetto a concetto di salute: la salute non è un bene, è un diritto ed è dovere dell’individuo e della società tutelarlo, nell’interesse comune.

 

– Da lavoratrice che vede la situazione da vicino, come giudichi oggi la situazione della sanità pubblica? Quali sono secondo te i fattori che ne compromettono l’efficienza?

Per analizzare il contesto sanitario italiano è impossibile esimersi dall’eseguire un’attenta analisi sociale. Negli ultimi 30 anni il benessere economico ed il progresso scientifico hanno determinato una transizione demografica (diminuzione delle nascite ed aumento della popolazione anziana) ed una transizione epidemiologica (aumento delle patologie cronico degenerative, rispetto a quelle acute), ci troviamo dunque ad assistere un’enorme popolazione ricca di complessità assistenziale.

In questo contesto noi operatori sanitari tutti lavoriamo quotidianamente su una linea di confine, tra una sanità “ridotta all’osso” da scelte politiche sbagliate e non lungimiranti ed i cittadini, sempre più coscienti e pronti a denunciare le inefficienze del sistema; siamo “mandati in battaglia” da un governo che non ci tutela, ma ci rende obiettivi e valvole di sfogo delle falle del sistema.

Il blocco del turnover, i tagli alla sanità, la chiusura sistematica delle strutture pubbliche a dispetto dell’appalto delle assunzioni e della gestione della cosa pubblica a cooperative e società private tramite il sistema di accreditamento al SSN, dimostra un piano ben preciso: il progressivo smantellamento del SSN, direttamente proporzionale alla spinta verso la privatizzazione della sanità.

Rendere il cittadino insoddisfatto del servizio pubblico vuol dire spingere chi può a ricorrere alla sanità privata o alle assicurazioni sanitarie, in modo tale da azzerare o ridurre al minimo tempi di attesa per esecuzione esami diagnostici, consulenze specialistiche, o per ottenere un servizio più confortevole rispetto a quello offerto nelle strutture pubbliche. In questa prospettiva si strutturerà una sanità di serie A, per i pochi che hanno la possibilità di pagare le prestazioni sanitarie, e una sanità di serie B, per i moltissimi che non possono.

Altro simbolo delle errate politiche dei governi che si sono susseguiti negli ultimi anni è la questione dell’edilizia sanitaria. Potrei citare molteplici esempi ma per brevità mi limiterò a due: in primis il caso del CTO (Centro Traumatologico Ortopedico) della Garbatella, a Roma.

Dipartimento di Emergenza e Accettazione di secondo livello (massimo), centro d’eccellenza regionale e nazionale, completamente ristrutturato nel 2007, il Ponto Soccorso del CTO è stato progressivamente retrocesso a Centro di Prime Cure sotto la giunta Polverini e depauperato di moltissime unità operative semplici e complesse, con un fortissimo taglio di posti letto. Questa chiusura, in una zona a fitta densità abitativa, ha determinato un iperafflusso di utenti, che hanno paralizzato i servizi degli unici due centri equivalenti vicini, San Camillo e Sant’Eugenio.

La popolazione di Garbatella, San Paolo, Marconi, Tor Marancia, Montagnola, EUR, Laurentina, Spinaceto e Ostiense, ha duramente pagato e continuerà a pagare il prezzo di queste scelte insensate.

Altro esempio è l’Ospedale di Ceccano, la cui costruzione, avviata negli anni ’70, non è mai stata terminata e ad oggi sarà raso al suolo per costruire una REMS. Eccoci dunque alle reali ragioni di scelte di questo tipo: non l’interesse di garantire la tutela della salute del cittadino, bensì la possibilità di dare appalti a questa o quella ditta costruttrice, per portare a casa i fondi provenienti dai lavori nelle opere pubbliche

 

– Come tutti, anche tu sei stata studentessa. Puoi dirci qual è il ruolo del lavoro svolto dai tirocinanti nell’attività quotidiana di un ospedale?

Gli studenti del Corso di Laurea in Infermieristica svolgono moltissime ore di tirocinio nel loro percorso di studi. Il tirocinio è un momento formativo importante quanto la didattica tradizionale e lo studio personale, purtroppo però a volte gli studenti vengono “usati” per sopperire alla mancanza di personale in turno, ovviamente sempre e solo per attività non invasive.

In questo modo il tirocinio viene svuotato del senso specifico che l’affiancamento al lavoratore deve rappresentare per lo studente: un momento di studio e riflessione dello studente, guidato dal professionista, una modalità per approcciarsi concretamente al mondo del lavoro e della sanità.

Da anni milito nel Fronte della Gioventù Comunista che si è ripetutamente espresso contro lo sfruttamento dello studente universitario in forma lavorativa, così come con gli studenti medi rispetto all’alternanza scuola-lavoro. Il MIUR non deve fornire manovalanza a costo zero ne alle aziende private ne a quelle pubbliche, a discapito della formazione degli studenti.

 

– Cosa credi sia necessario cambiare oggi nel servizio sanitario?

Credo che per intervenire efficacemente sulla riorganizzazione del Sistema Sanitario si debba incidere sui temi sopra citati tra cui: sblocco del turnover, apertura delle mobilità inter-regionali, drastica riduzione degli appalti in outsourcing, sospensione degli accreditamenti a privati e cooperative,  aumento delle assunzioni di personale sanitario nelle strutture pubbliche, stretta sorveglianza sulla gestione degli sprechi, destinazione di risorse finanziarie all’assistenza sul territorio, adozione di modelli organizzativi aziendali vincenti, come quello per intensità di cura e complessità assistenziale, apertura di centri sanitari nelle periferie o nelle piccole città della regione per  decentrare i servizi e coprire tutta l’utenza, investire realmente sulla prevenzione.

 

– Il Partito Comunista ha dichiarato di voler candidare “donne in carne e ossa” che conoscono la realtà di questa società, in polemica con le candidature spot. Ti ritrovi in questa descrizione?

Mi ritrovo profondamente in questa descrizione e per strappare un sorriso agli elettori direi che mi definisco una donna “più in carne che ossa”.

Sono una militante comunista da quando avevo 14 anni, esattamente metà della mia vita, sono un’infermiera da 8, non ho mai smesso di formarmi, a mie spese e sacrifici, per poter garantire ai miei pazienti la migliore assistenza possibile e ai miei colleghi una buona spalla su cui poter contare.  Lotto ogni giorno, sul posto di lavoro per difendere i diritti di noi lavoratori ma anche e soprattutto degli utenti, i cittadini.  Sono questo, niente più.

Un’altra sanità è possibile, se recuperiamo l’anima delle forze che hanno ispirato i principi della nostra Costituzione, un’altra sanità è possibile in un’Italia socialista. Io lotto per questo.

– Se il 4 marzo venissi eletta, quale sarebbe il tuo primo impegno?

Stabilizzare i lavoratori precari e sbloccare le graduatorie bloccate, come quella che tiene a casa quasi 800 vincitori del Concorso al Policlinico di Roma Umberto I, mentre l’azienda continua ad assumere personale tramite una nota Cooperativa, che casualmente ha in appalto anche quasi tutti i Centri di Assistenza Domiciliare del Lazio.

Il mio impegno sarebbe volto a far si che più nessuno lucri sul lavoro dei colleghi, che siano regolarmente assunti dallo Stato di cui tutelano gli interessi, la salute dei cittadini.  Insomma, sarebbe coerente con quello per cui già lotto e lotterò.

 

3 Comments

  1. Luigi ha detto:

    Il mio ideale di donna. Magnifica collega, grande compagna. In altre parole : mitica, un’altra dimensione. Non ci conosciamo ma ti voglio un bene sincero ed altro e tanto sinceramente ti auguro mille soddisfazioni. Grazie a compagni della Tua pasta i burocrati arruffoni ed i loro miserabili ruffiani cominciano sentire un brivido dietro la schiena. VENCEREMOS !!!!!

  2. Antonio Briguoru ha detto:

    Tutto giusto. Per carità, ma da una comunista mi sarei aspettato chec avesse denunciato lo scippi della prevenzione e della partecipazione dei cittadini al governo della salute.
    Mac questo, oggi, è ostrogoto anche per chi dive di essere comunista e non si accorge, invece, di ragionare all’interno delle logiche del capitale

  3. Pasquale ha detto:

    Per essere veri rivoluzionari bisogna pensare da rivoluzionari ma il pensiero rivoluzionario lo si sviluppa con una continua formazione sui campi della lotta quotidiana.Hasta la Victoria compagna Giulia

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