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Intervento del TKP al 21° IMCWP: «Continuiamo a seguire il cammino della rivoluzione, il cammino di Lenin»

Kemal Okuyan, segretario generale del Partito Comunista di Turchia, 21° IMCWP, Smirne, 18 ottobre 2019

Intervento del Partito Comunista di Grecia (KKE) in apertura del 21° Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai (IMCWP) di Smirne (Izmir), in Turchia, 18-20 ottobre 2019, co-organizzato dal Partito Comunista di Turchia (TKP) e Partito Comunista di Grecia (KKE) sotto il titolo “100 anni della fondazione dell’Internazionale Comunista: la lotta per la pace e il socialismo continua!”.

Discorso di apertura del Segretario generale del TKP, Kemal Okuyan

Rappresentanti comunisti dei partiti fratelli, compagni, vi do il benvenuto.

Intendevamo accogliervi l’anno prossimo, in occasione del 100° anniversario del Partito Comunista di Turchia. Tuttavia, per ragioni che sono note a voi tutti, ci siamo assunti la responsabilità di organizzare il nostro 21° Incontro in collaborazione con il Partito Comunista di Grecia. In ogni caso, è un grande onore per noi incontrarvi e darvi il benvenuto a  İzmir. Riteniamo che questo incontro sarà utile per la nostra lotta comune.

Un altro punto che è necessario toccare sin dall’inizio riguarda il grande raduno che avevamo fissato per sabato sera. A causa delle operazioni militari avviate dalla Turchia contro la Siria, abbiamo dovuto annullare un’iniziativa politica e culturale che avrebbe riunito oltre cinquemila partecipanti e alla quale avremmo invitato anche tutti voi. Vi è stata inviata la dichiarazione del nostro partito su questi recenti sviluppi; in aggiunta, abbiamo organizzato una conferenza sulla questione allo scopo di condividere con voi le nostre valutazioni e analisi specifiche. Siete tutti invitati a questo incontro.

Nel dare inizio al mio intervento, vorrei ringraziare tutti i compagni del Partito Comunista di Grecia che hanno contribuito alla preparazione di questo incontro, dal Segretario Generale Dimitris sino ai giovani militanti del KKE che hanno prestato un supporto tecnico, e naturalmente i miei compagni del TKP. Vi ringrazio; sono certo che trasformeremo questa regione in un paradiso in cui le persone vivranno in amicizia all’interno di un sistema sociale egualitario.

Cari compagni,

il 21° Incontro Internazionale del Partiti Comunisti e Operai si riunisce in occasione del centesimo anniversario della fondazione dell’Internazionale Comunista, un’organizzazione la cui importanza storica per il movimento comunista è indiscutibile.

L’Internazionale Comunista fu fondata in un’epoca in cui i bolscevichi ritenevano che il processo avviatosi nel 1917 con la Rivoluzione d’Ottobre sarebbe proseguito in altri Paesi e che la classe operaia sarebbe salita al potere almeno in una parte dell’Europa. Sotto questo aspetto, l’Internazionale Comunista non costituiva un’organizzazione di solidarietà o di sostegno reciproco. L’Internazionale Comunista fu fondata per esprimere la volontà comune – il centro rivoluzionario di cui il proletariato necessitava per sferrare il colpo di grazia al capitalismo. Sotto questo aspetto, non è sbagliato definire la Terza Internazionale un Partito Mondiale.

Compagni, il potere conseguito in breve tempo dall’Internazionale Comunista può ingenerare in noi confusione. Non dimentichiamo, tuttavia, che ai suoi esordi nel marzo 1919 l’Internazionale Comunista fu fondata con risorse estremamente scarse; che le delegazioni dei diversi Paesi che parteciparono al congresso di fondazione non erano molto rappresentative; e che la maggior parte dei i partiti membri non avevano un peso rilevante nei rispettivi Paesi. Se si escludono i bolscevichi, che avevano preso il potere in Russia solo un anno e mezzo prima, l’Internazionale Comunista fu fondata da partiti e movimenti di scarsissima efficienza.

Essi agirono tuttavia con grande energia, entusiasmo, determinazione e ottimismo. La profonda crisi in cui stava precipitando il capitalismo e la mobilitazione di milioni di proletari di fronte a tale crisi erano sufficienti per i comunisti. Essi si concentrarono sul loro compito e sulla loro responsabilità storica malgrado la loro debolezza, ed erano persuasi che la sconfitta della borghesia fosse possibile e prossima. In tal modo, non soltanto i partiti comunisti fondati con l’aiuto dei bolscevichi divennero rapidamente una forza importante e lottarono per portare al potere la classe operaia; in alcuni casi essi riuscirono a conquistarlo, anche se per breve tempo. Oggi nessuno potrebbe accusare di avventurismo i tentativi rivoluzionari compiuti in Ungheria, Slovacchia, Germania e altri Paesi. Coloro i quali combatterono per il potere rivoluzionario rimasero fedeli alla filosofia ispiratrice dell’Internazionale Comunista e fallirono per ragioni diverse.

Cari compagni,

Vi è una ragione se parlo di tutto questo. È fondamentale determinare i rapporti di forza tra le classi e tenersi alla larga da una linea politica puramente amministrativa. Le rivoluzioni non avvengono soltanto per effetto delle decisioni che prendiamo. Il nostro compito non è fare la rivoluzione, bensì guidarla – poiché la rivoluzione non è qualcosa che si può «fare». Tuttavia, è pur vero che esiste una relazione dialettica tra le crisi del capitalismo e l’aumento delle opportunità rivoluzionarie, e perfino l’avvento della rivoluzione. Sotto questo aspetto, è assai fuorviante valutare i rapporti di forza in modo statico, specie in periodi di crisi.

Nel 1919 i partiti comunisti erano estremamente deboli, in termini sia quantitativi sia qualitativi. Osservando il mondo odierno, è comprensibile che lamentiamo la debolezza del movimento comunista; ma nel 1919, quando fu fondata l’Internazionale Comunista, essa non disponeva di una forza superiore.

Qual è dunque la differenza? Il primo elemento che viene in mente è la mobilità e l’organizzazione delle masse lavoratrici. Sebbene soggetta all’influenza dei partiti socialdemocratici, la classe operaia era fortemente impegnata nella lotta politica e in alcuni Paesi i sindacati mostravano forti potenzialità.

Un altro fenomeno che può essere identificato come differenza è la reazione alle distruzioni e alla miseria provocate dalla guerra imperialista, e il fatto che la guerra non avesse messo fine alla profonda crisi economica, aggiungendovi anzi ulteriori dimensioni.

Nessuno, tuttavia, potrebbe sostenere che oggi il capitale internazionale sia più forte o più stabile di cent’anni fa. L’imperialismo sta fallendo sotto ogni aspetto: non ha più nulla da dire all’umanità in termini economici, ideologici e politici – in nessuna parte del mondo.

Compagni, non intendo certo sostenere che viviamo nelle medesime condizioni di cento anni fa. Non è così. Ciò che dobbiamo fare è analizzare le condizioni concrete, e sulla base di esse lottare con i giusti strumenti e metodi.

Tuttavia è impossibile determinare i compiti odierni in modo sensato senza fare riferimento a un’importantissima differenza tra cento anni fa e oggi.

Compagni, cento anni fa, per grandi masse di persone, centinaia di milioni di persone – a cominciare dalla classe operaia – il socialismo o un ordine sociale egualitario costituivano una rivendicazione tangibile e attuale. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, ogni lotta della classe operaia era permeata da un desiderio – per quanto primitivo – di rovesciare il capitalismo. Non mi riferisco qui a strategie e programmi politici. Il desiderio di cambiamento era una realtà sociale. Questo desiderio non nacque con la Rivoluzione d’Ottobre del 1917. La Rivoluzione d’Ottobre iniettò in tale desiderio un nuovo senso di energia e realtà, e lo diffuse in un’area geografica più vasta.

È necessario ripetere che il capitalismo di oggi non è più durevole o stabile di quello di cento anni fa. Forse non ci sono centinaia di milioni di persone in lotta, ma miliardi di persone hanno voltato le spalle all’attuale ordine sociale. Questo ha un ruolo anche nell’ascesa del razzismo e dei movimenti populisti di destra in tutto il mondo. Sebbene non sia questa l’unica ragione per cui milioni di persone si accodano a personaggi che non conoscono, e danno un sostegno se non altro elettorale alle nuove formazioni incentrate sui leader, ciò è legato alla ricerca di una via d’uscita da parte della gente.

Sì, compagni: dobbiamo ammettere che una delle differenze più importanti rispetto a cento anni fa è che l’idea che il capitalismo possa essere distrutto e che sia possibile instaurare un ordine egualitario è in gran parte estranea alla mente dell’umanità.

Ciò non si spiega soltanto in funzione di circostanze oggettive. Mantenere questa idea viva e concreta nelle menti e nei cuori di grandi masse di persone, a cominciare dalla classe operaia, è il compito principale dei comunisti. Questa idea non può essere riesumata facendo riferimento ai rapporti di forza. Al contrario – sarà la diffusione di questa idea a modificare i rapporti di forza.

Compagni, esaminando gli ultimi cento anni dobbiamo ammettere che anche noi comunisti siamo responsabili del fatto che il genere umano non proclami oggi a gran voce che un ordine più egualitario è possibile e che il capitalismo debba essere distrutto.

E ora, apprestandomi a passare alla Turchia e alla nostra regione, vorrei illustrarvi come, di fronte agli attuali sviluppi, sia forte il rischio di perdere la strada e di procedere senza una bussola che indichi la direzione giusta, se si dimentica l’attualità del socialismo.

Il nostro incontro coincide con la nuova offensiva militare sferrata dalla Turchia in territorio siriano. Non è la prima volta che questo avviene. La presenza dell’esercito turco in territori di altri Paesi ebbe inizio in Corea, nell’ambito di una guerra ingiusta lanciata per proteggere gli interessi dell’imperialismo USA. Negli anni successivi, soldati turchi presero parte a numerose operazioni dell’organizzazione terroristica del monopolio internazionale, la NATO. A Cipro, la sovranità, l’indipendenza e l’integrità dell’isola vengono violate da 45 anni. Sono innumerevoli le operazioni condotte oltre il confine dell’Iraq, così come le basi, le postazioni e i punti di osservazione dell’esercito turco in territorio iracheno, così come in Siria.

Cari compagni,

Come valutare questo quadro?

Una possibile prospettiva è considerare la Turchia quale un ostacolo alla democrazia e alla libertà.

Quale comunista che lotta in Turchia potrebbe negarlo?

Questa affermazione non può essere smentita, compagni; ma la sua formulazione è errata. È errata in quanto il dominio del capitale è nemico della democrazia e delle libertà in tutto il mondo. Questa formulazione svuota i problemi della Turchia dei loro contenuti di classe ricollegandoli alla sua popolazione o al suo esercito, e questo non può che indurre in errore.

È impossibile definire una posizione politica rivoluzionaria senza comprendere che esiste una forte classe capitalista sempre più sicura di sé, e che in generale le politiche interne e internazionali della Turchia vengono stabilite in funzione degli interessi di tale classe.

Se non si comprende questo, ecco che cosa accade: si finisce per schierarsi, per allearsi con potenti Paesi imperialisti o con la classe capitalista turca nella lotta per le libertà e la democrazia in Turchia o in un’area più vasta. Ciò che dico non è un’esagerazione. In Turchia è già avvenuto, e molti rivoluzionari, purtroppo, si sono trasformati in virtù di tale processo in veri e propri collaborazionisti dell’imperialismo.

Compagni, è opportuno che vi rammenti che Erdoğan, che compare di continuo nei notiziari di tutto il mondo e viene definito con vari aggettivi, è stato sostenuto dagli ambienti cosiddetti democratici e fautori della libertà dai suoi esordi sino alla sua ascesa al potere nel 2010. Tale sostegno non è venuto soltanto dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, ma anche da esponenti di sinistra di varie tendenze, compreso il movimento nazionalista curdo in Turchia. Per contro, chi come noi del TKP ha lottato sin dall’inizio contro il dominio dell’AKP è stato perfino bollato come fascista proprio perché si opponeva a Erdoğan.

Solo in seguito, quando le rivalità e le contraddizioni interne al sistema capitalista si sono inasprite, e quando Erdoğan, di fronte a grossi problemi interni, si è ritagliato uno spazio personale sfruttando tali rivalità e contraddizioni e ha iniziato ad avere contrasti – talvolta fasulli, talvolta reali – con gli Stati Uniti, sono iniziate le critiche e le accuse contro Erdoğan. Per molti esponenti della sinistra, tuttavia, ciò non si è tradotto nell’assunzione di una posizione corretta, poiché molti hanno cercato l’appoggio degli imperialisti e della borghesia turca contro Erdoğan. Una scelta vergognosa.

Non vi farò perdere tempo fornendovi le prove di tutto ciò. Voglio invece concentrarmi sul risvolto della medaglia.

Compagni, come accennavo, una lotta per la democrazia e la libertà che non abbia contenuti di classe, che non ponga al centro l’obiettivo della rivoluzione socialista, si traduce in una collaborazione esplicita o implicita con l’UE e la NATO, e un tale approccio conduce alla resa totale alla classe capitalista.

E per quanto riguarda la lotta per l’indipendenza? Compagni, quando i concetti di indipendenza e sovranità vengono separati dalla loro base di classe, essi divengono pericolosi quanto i concetti di libertà e democrazia. In molti Paesi e nell’opinione pubblica progressista in generale possiamo notare una spaccatura. Da un lato vi è una tendenza a collaborare con la borghesia in nome dei concetti di «libertà e democrazia». Dall’altro vi è una tendenza a trovare una conciliazione con questa o quella compponente del capitale in nome del concetto di «indipendenza».

La situazione turca rispecchia puntualmente questa spaccatura. Ci dicono che è necessaria un’alleanza tra le grandi potenze per determinare il declino di Erdoğan. Di questa alleanza fa parte l’imperialismo tedesco; ci sono poi i rappresentanti più potenti della borghesia turca; c’è il governo USA; ci sono i socialdemocratici, la cosiddetta sinistra, i liberali, alcuni islamisti e alcuni settori fascisti. Un’alleanza del genere potrebbe senz’altro abbattere Erdoğan, ma non potrebbe mai portare la democrazia e la libertà.

Per di più, costoro sostengono che ciò che più conta è conquistare la capacità di agire indipendentemente dagli Stati Uniti, il che equivale interpretare l’imperialismo in modo incompleto e perfino farlo coincidere con i soli Stati Uniti. E affermano che questa causa giustifichi ogni forma di oppressione, intimidazione, reazione e guerra.

In quasi tutti i Paesi di quest’area i comunisti sono oggetto di pressioni miranti a far loro accettare uno di questi due paradigmi. O collaborare con gli imperialisti-capitalisti in nome della democrazia e della libertà, oppure rimanere in silenzio – insieme ad altri gruppi imperialisti o capitalisti – di fronte a ogni forma di oppressione e crudeltà in nome dell’indipendenza.

Libertà, indipendenza e sovranità sono forse insignificanti per i comunisti? No, niente affatto. Tuttavia, l’impiego a casaccio di questi concetti può causarci gravi danni, come potete vedere. Vi è una sola via d’uscita da questa assurda situazione. Ed essa consiste nel porre la rivendicazione di un ordine sociale alternativo come priorità dei lavoratori, traendo ispirazione dall’entusiasmo che caratterizzò la fondazione dell’Internazionale Comunista cento anni fa. Non è deplorevole che i poveri del mio Paese si accodino a Erdoğan e alla borghesia avida di profitto a causa del loro risentimento verso gli Stati Uniti? Non è deplorevole che i lavoratori – turchi, curdi o arabi che siano – si aspettino di ricevere la libertà e la democrazia dagli imperialisti europei o da questa o quella fazione interna agli Stati Uniti?

Tutto ciò è la conseguenza delle nostre debolezze, delle nostre lacune. E non nascondiamoci dietro la scusa delle circostanze o dei rapporti di forza sfavorevoli. Come dicevo all’inizio, quando cento anni fa nacque il Comintern, a fondarlo furono meno persone di quante ve ne sono adesso in questa sala.

Io ritengo che tutti insieme, in breve tempo, riprenderemo le rivendicazioni e l’entusiasmo che avevamo cento anni fa.

Compagni,

Il Partito Comunista di Turchia sta organizzando la sua lotta in questa prospettiva. Non è vero che l’obiettivo del socialismo, la difesa dell’attualità senza tempo del socialismo, conducano inevitabilmente all’isolamento. Non esiste alcun automatismo per cui un’impostazione rivoluzionaria sia destinata a sfociare nel settarismo o in vuoti slogan. Al contrario, nel mondo odierno l’obiettivo del comunismo richiede un elevato livello di creatività e di ragionamento. Quando a ciò si aggiungono coraggio e determinazione, la difesa della rivoluzione socialista come obiettivo concreto trova eco nella classe operaia. Non può che essere così in quest’epoca di crisi, in cui è ogni giorno più evidente che il capitalismo non ha più nulla da dare al genere umano.

Il Partito Comunista di Turchia ha detto no a qualsiasi alleanza con la borghesia o con i suoi rappresentanti politici. Malgrado forti pressioni, il partito ha insistito nel sostenere la tesi per cui «questo ordine sociale deve cambiare». Nell’ambito della classe operaia abbiamo sviluppato pazientemente la nostra organizzazione; siamo riusciti dove in molti casi i sindacati hanno fallito, applicando un modello che definiamo «stare col fiato sul collo dei padroni». Siamo riusciti a far riottenere il posto di lavoro ai licenziati e abbiamo conquistato aumenti salariali. E nel fare questo, abbiamo riaffermato che l’obiettivo deve essere l’instaurazione di un ordine egualitario, e non questo o quella soluzione borghese.

Abbiamo detto no alle alleanze borghesi, ma abbiamo fatto sì che i comunisti vincessero le elezioni per il sindaco di una città per la prima volta nella storia della Turchia, stipulando un’alleanza rivoluzionaria. I nostri voti, per la prima volta, sono saliti oltre l’1% in alcune aree delle principali città turche.

Il numero degli iscritti al partito è aumentato di oltre il 30% in un solo anno. Siamo solo all’inizio del nostro compito, in un Paese molto grande e difficile. Più del dato quantitativo conta quello qualitativo. Impegnandoci al massimo, stiamo cercando di fare del Partito Comunista di Turchia l’avanguardia urbana, moderna, intellettuale e rivoluzionaria della classe operaia. Abbiamo molta strada da fare, ma consapevoli che la vita può affidarci in ogni momento responsabilità storiche, continuiamo a seguire il cammino della rivoluzione, il cammino di Lenin che fece la storia cento anni fa. Ciò che importa è ciò che dicono i nostri compagni, non quanto affermano esplicitamente o di nascosto gli anticomunisti.

Il TKP commetterà degli errori, e talvolta dovrà ritornare sui suoi passi; ciò rientra nella natura della lotta. Ma ciò che il TKP non farà mai, cari compagni, sarà tradire gli ideali rivoluzionari, l’obiettivo del comunismo, la classe operaia e i suoi alleati.

Gloria alla lotta comune dei partiti comunisti…

Viva il marxismo-leninismo!
Sempre avanti sino alla vittoria!

Traduzione a cura di resistenze.org

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