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LA MORTE DEI DIRITTI SUL LAVORO

Sezione di Venezia “Partigiano Tarcisio Vallotta”

Procede a grandi passi, nei fatti, la sottrazione dei diritti dei lavoratori.

In questi giorni, sulla stampa di tutt’Italia diversi articoli dimostrano quanto con la flessibilizzazione del mercato del lavoro, con la parola d’ordine dell’ “adattabilità”, negli ultimi decenni si sono introdotti  una serie di contratti e maggiore possibilità di licenziamenti, rendendo il contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato un lusso, una vera rarità.

Una giungla, favorita da decenni di legislazione dissennata, stanno rendendo sempre più un posto di lavoro un miraggio impossibile. È il modo con cui il capitalismo organizza l’impresa: contratti di appalti, subfornitura, cooperative… Una giungla di espedienti studiati per rendere sempre più possibile lo sfruttamento delle persone e meno tracciabili le responsabilità. È importante capire che in realtà ciò che leggiamo sui quotidiani non sono “incidenti”, ma tappe di un percoso già segnato da tempo, preordinato e stabilito.

Come comunisti riteniamo appuntare l’attenzione sulla involuzione drammatica che il lavoro e i diritti dei lavoratori hanno subito in questi ultimi tre decenni, e sul fatto che quanto sta accadendo ha responsabilità politiche trasversali comuni sia al centro destra sia al centro sinistra: si tratta di un processo drammatico subalterno alle più spietate logiche liberistiche.

Si può rammentare che uno dei primi momenti di tale degenerazione, dal punto di vista giuridico, coincise con la legge del 24 giugno 1997 n°196, conosciuta come Pacchetto Treu con la quale il governo Prodi I aprì le porte alla flessibilità nel lavoro. Il centro sinistra, totalmente prono al modello capitalistico, in ossequio alla strategia europea per l’occupazione elaborata dal Consiglio straordinario europeo del 1997, ha perseguito le seguenti finalità: occupabilità, imprenditorialità e adattabilità. Si sferrò un attacco violento alla cosiddetta “rigidità del mercato del lavoro”, tramite la flessibilità in entrata e la proliferazione di moltissime tipologie contrattuali che abbatterono la centralità del lavoro basato sul contratto a tempo indeterminato. A ciò si aggiunse la flessibilità in uscita consistente nella maggiore facilità di licenziamento.

Il pacchetto Treu introdusse il lavoro interinale (oggi somministrazione). La materia lavoro è vista come mercato, aperto alle agenzie private che si aggiungono al pubblico per il collocamento del personale nelle aziende. Si ampliano le figure di contratto di lavoro a tempo determinato e di part-time. Si diffondono le tipologie di CO.CO.CO, collaborazioni coordinate e continuative in connessione con la controriforma delle pensioni Dini con l’introduzione della gestione separata all’INPS. A fine anni ’90 venne poi decretata la morte del monopolio del contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato in favore delle figure atipiche. All’inizio degli anni 2000 in Europa venne elaborata la cosiddetta “Strategia di Lisbona”, finalizzata a rendere l’Unione europea “la più competitiva e dinamica economia della conoscenza entro il 2010”.

Le politiche del lavoro divennero variabili dipendenti degli obiettivi europei di stabilità monetaria e di contenimento del debito, finalità strumentali a comprimere i salari e a contenere l’inflazione. Nel 2003 venne approvata la legge delega n°30 di riforma del lavoro e successivo dlgs. n°276 del 2003) che implementò ulteriormente i principi della controriforma Treu allargando ancor di più gli spazi per la flessibilità in entrata. Il lavoro in somministrazione (che sostituisce quello interinale) venne rafforzato prevedendone perfino l’applicazione a tempo indeterminato  (staff leasing). Le agenzie private per il lavoro in somministrazione divennero il soggetto centrale per il collocamento. Si aprirono così le porte alle esternalizzazioni  e ai subappalti che avranno effetti devastanti sia in termini di compressione salariale sia di sfruttamento delle condizioni dei lavoratori. Inoltre si assiste ad una selva di contratti (40!)

Ormai i lavoratori atipici sono decine e decine di milioni. Anche le organizzazioni sindacali hanno mostrato di non fronteggiare questo andazzo. Si pensi all’Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011, con il quale le parti sociali accettarono una riforma delle relazioni industriali basata sul fatto che la contrattazione decentrata assume una posizione cruciale. L’Accordo sarà recepito dall’ 8 della legge 148 del 2011 dal titolo “Contratto di prossimità”. La contrattazione decentrata  può perfino derogare in peius rispetto alla legge nazionale e ai CCNL. I contratti di prossimità potranno integrare le leggi e i contratti nazionali di lavoro anche in senso peggiorativo se strumentali alla maggiore occupazione ecc. Un modo, insomma, per tenere in scacco i lavoratori con sotterfugi tipici di un sistema fallimentare che per restare in piedi e trarre il suo profitto diventa sempre più complesso, folle, disumanizzato. Un sistema che tende verso il legalizzare la riduzione in sfruttamento dei lavoratori.

Come emerge dagli studi sul tema si osserva come la iperproliferazione dei contratti decentrati è servita alle imprese anche per detassare il costo del lavoro in modo improprio attraverso la fiscalità generale che invece potrebbe essere usata per investimenti per la società.

Nell’estate del 2011 il Governo Berlusconi riceve la lettera di Trichet e Draghi con la quale all’Italia si intima di “riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. L’accordo del 28 Giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si muove in questa direzione”.

A ciò si aggiunge la necessità di  “una accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi”.

La risposta non tarda a pervenire con la legge n. 92 del 2012 con la quale le pensioni vengono riformate in ossequio alla più spietata logica dell’austerità.

Per i lavoratori ricordiamo questi punti cruciali: l’eliminazione dell’obbligo di causale per i contratti a tempo determinato anche quelli in somministrazione, la liberalizzazione delle collaborazioni occasionali e il lavoro accessorio (Voucher) che si aprono ad essere utilizzati in tutti i settori economici.

Il 10 dicembre 2014 il Parlamento approvo’ la legge delega n°183 cui seguiranno molti decreti delegati.

La tutela in caso di licenziamento illegittimo non è più, ora, la reintegrazione, come il vecchio art. 18 dello Statuto dei lavoratori prevedeva, ma un indennizzo che cresce all’aumentare della durata del rapporto di lavoro. Il contratto a tempo determinato può venire stipulato senza obbligo di specificare le motivazioni, cosiddetta “acausalità” per la durata massima di 36 mesi più altri 12. Acausalità viene prevista anche per il lavoro somministrato. Per le collaborazioni coordinate e continuative non è più necessario specificare il “progetto”, sarà sufficiente l’effettuazione della prestazione in modo che non rientri nelle ipotesi che la ascriverebbero al lavoro subordinato: la esclusività della prestazione personale, la continuità e la modalità decisa dal committente in ordine ad orari, luogo di lavoro ecc…

La flessibilità in entrata è così ora la regola al centro del sistema.

Non dobbiamo stupirci, quindi, per i fatti di cronaca di sfruttamento estremo dei lavoratori: tutto va, da decenni, verso quella strada.

Dobbiamo invece indignarci, non arrenderci mai e lottare contro il capitalismo ormai agonizzante: il cambio di sistema è l’unica soluzione.

 

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