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A VOLTE RITORNANO!

La lettera di Draghi al Governo italiano nel 2011 e il programma del prossimo governo.

D.G. – Partito Comunista, Sez. Ravenna

“Caro Primo Ministro”. Questo l’incipit della missiva strettamente riservata inviata dal board della Banca Centrale Europea all’allora Governo Berlusconi; datata 5 agosto 2011 e firmata dal presidente uscente Jean Claude Trichet e dal nuovo presidente “in pectore” dell’Eurotower, Mario Draghi.

La lettera segnò l’inizio di una crisi per il Governo Berlusconi, che ne determinò la caduta da lì a pochi mesi. Sulle ceneri di quell’esecutivo nacque il Governo di “salvezza nazionale” sotto la guida di Mario Monti, caldeggiato dalle disperate grida di aiuto di Confindustria: “FATE PRESTO!” – pubblicate sul proprio organo di stampa: il Sole 24 Ore.

Le politiche lacrime e sangue di quel governo, che si ispiravano direttamente ai diktat di Mario Draghi dell’Agosto 2011, le ricordiamo tutti: fu una mattanza di classe, per i lavoratori pubblici e privati e per i pensionati.

Oggi, l’autore di quella lettera – osannato e santificato da tutte le forze politiche parlamentari, dai sindacati concertativi tutti e dal mainstream liberale come il nuovo “salvator mundi” – si appresta in prima persona a formare l’ennesimo Governo di “interesse nazionale”.

Diventa dunque necessario e propedeutico rileggere i punti di quella nefasta lettera, per capire il solco sul quale si muoverà la politica economica del prossimo governo.

La prima parte si concentra sul “miglioramento della qualità dei servizi pubblici” e sulle riforme del “sistema di contrattazione salariale collettiva”; vediamo in quale modo si possano migliorare secondo il futuro presidente del Consiglio:

“Le sfide principali sono l’aumento della concorrenza, particolarmente nei servizi, il miglioramento della qualità dei servizi pubblici e il ridisegno di sistemi regolatori e fiscali che siano più adatti a sostenere la competitività delle imprese e l’efficienza del mercato del lavoro.

  1. È necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.
  2. C’è anche l’esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. L’accordo del 28 Giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si muove in questa direzione.
  3. Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi.”

Riassumendo: Liberalizzazione e privatizzazione di tutti i servizi pubblici locali e dei servizi professionali (scuola, sanita’, trasporti, nettezza urbana, etc..); cancellazione dei contratti collettivi nazionali in favore di accordi a livello di imprese, in modo che i salari e le condizioni di lavoro siano rivisti ad uso e consumo delle sole aziende private; nuove norme per il licenziamento: chiaramente a favore delle aziende private ed a scapito dei lavoratori.

La seconda parte si rivolge alle misure di bilancio da adottare:

“a) Ulteriori misure di correzione del bilancio sono necessarie. Riteniamo essenziale per le autorità italiane di anticipare di almeno un anno il calendario di entrata in vigore delle misure adottate nel pacchetto del luglio 2011. L’obiettivo dovrebbe essere un deficit migliore di quanto previsto fin qui nel 2011, un fabbisogno netto dell’1% nel 2012 e un bilancio in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa. È possibile intervenire ulteriormente nel sistema pensionistico, rendendo più rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità e riportando l’età del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico, così ottenendo dei risparmi già nel 2012. Inoltre, il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover (il ricambio, ndr) e, se necessario, riducendo gli stipendi.

  1. Andrebbe introdotta una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che qualunque scostamento dagli obiettivi di deficit sarà compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali.
  2. Andrebbero messi sotto stretto controllo l’assunzione di indebitamento, anche commerciale, e le spese delle autorità regionali e locali, in linea con i principi della riforma in corso delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo. Vista la gravità dell’attuale situazione sui mercati finanziari, consideriamo cruciale che tutte le azioni elencate nelle suddette sezioni 1 e 2 siano prese il prima possibile per decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di Settembre 2011. Sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale che renda più stringenti le regole di bilancio.

È bene ricordare come dal punto a) nacque, a stretto giro, la “Legge Fornero” sulle pensioni, tanto osteggiata dalla Lega Nord di Salvini, che oggi invece è pronto ad appoggiare il futuro governo Draghi.

Dal punto c) il Governo Monti, nel Gennaio 2012, promosse la Legge 1/2012 di modifica della Costituzione italiana, che introdusse il pareggio di bilancio in costituzione; i lavori preparatori del progetto di legge furono portati avanti da Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega Nord.

Si capisce come mai Matteo Salvini non ci abbia pensato due volte a dare il proprio appoggio al futuro governo Draghi.

L’ultimo punto della lettera si concentrava sull’aziendalizzazione delle istituzioni pubbliche, in primis la scuola, il sistema sanitario e quello giudiziario; attraverso il meccanismo di indicatori di performance (economici si intende: meno si spende, più si taglia, più efficiente è l’ente) e l’abolizione degli enti amministrativi intermedi:

“3. Incoraggiamo inoltre il Governo a prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell’amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l’efficienza amministrativa e la capacità di assecondare le esigenze delle imprese. Negli organismi pubblici dovrebbe diventare sistematico l’uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell’istruzione). C’é l’esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali.”

Da questo punto prese ispirazione la legge del 7 Aprile 2014, n. 56 (Legge Delrio), promossa dal Partito Democratico, attraverso la quale le province delle regioni ordinarie sono state trasformate in enti amministrativi di secondo livello con elezione dei propri organi a suffragio ristretto, ed è stata prevista la trasformazione di dieci province in città metropolitane.

Quello che ci attende non sono rose e fiori, ma l’ennesino attacco da parte della classe dominante contro i lavoratori e i ceti medi proletarizzati.

Solo una coesa e radicale lotta di classe, che unisca tutti i lavoratori pubblici e privati contro lo strapotere della globalizzazione capitalista – i cui interessi sono difesi da questa classe politica –  potrà ristabilire i rapporti di forza in favore della classe lavoratrice, presupposto necessario alla conquista del Socialismo.

Socialismo o barbarie!

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