Continuano gli attacchi militari ucraini contro il Donbass. USA accusano la Russia

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Continuano gli attacchi militari ucraini contro il Donbass. USA accusano la Russia

Perdurano da oltre 5 giorni i feroci attacchi delle forze reazionarie del governo nazionalista di Kiev, dell’Esercito e dei battaglioni nazisti di Pravy Sector contro la Repubblica “Popolare” di Donetsk e Lugansk attraverso l’utilizzo di artiglieria pesante che colpisce aree popolate. La notte tra il 2 e il 3 decine di nuovi pesanti bombardamenti con armi di grosso calibro sono avvenuti sulla città di Donetsk che hanno causato la distruzione o danneggiamento di 45 abitazioni e seguono quelli che nella giornata di giovedì avevano colpito le zone residenziali e una fabbrica alla periferia di Donetsk, causando la morte di 2 civili e oltre 10 feriti. I combattimenti più intensi si tengono nella cittadina di Avdiivka con circa 17.000 abitanti (di cui 2500 bambini) che si trovano senza elettricità, acqua e riscaldamento a 18 gradi sotto lo zero, proprio sulla “linea di controllo” fissato dall’accordo di Minsk a 15 km da Donetsk, dove sono decine i militari ucraini morti (4 secondo Kiev nella sola giornata di ieri con 17 feriti) nel tentativo di avanzare verso le aree sotto controllo delle autorità di Donetsk che oppongono resistenza. Il ministero della Difesa ucraina ha dichiarato che «metro per metro, passo dopo passo, avendone la possibilità, i nostri ragazzi procedono eroicamente avanti». Il bilancio complessivo di questa ripresa del conflitto negli ultimi giorni è di almeno 34 vittime (di cui 6 civili) e un centinaio di feriti. Secondo le autorità di Donetsk sono 15.000 le bombe cadute sul territorio in una settimana di cui 3.500 solo tra giovedì e venerdì.

Prosegue intanto lo scambio di accuse tra le parti che chiariscono la natura dello scontro in atto e la fragilità degli accordi di Minsk. L’Ucraina per bocca del presidente Poroshenko accusa la Russia di esser responsabile di questo attacco chiamando «la comunità internazionale a far pressione» su Mosca che ha rispedito al mittente le accuse accusando Kiev di esser responsabile di orchestrare la recrudescenza delle ostilità. Proprio in questi giorni l’Ucraina ha assunto la presidenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per questo mese, e il suo ministro degli Esteri, Pavlo Klimkin, non ha perso l’occasione per attribuire alle «forze ibride russe» la responsabilità dell’escalation del conflitto accogliendo l’opportunità per chiedere l’assistenza dei «caschi blu delle Nazioni Unite nella zona delle operazioni antiterrorismo in Ucraina Orientale» (come viene chiamato l’intervento militare in corso da 3 anni su Donetsk e Lugansk). «Invitiamo con forza la Russia a fermare immediatamente le offensive e i bombardamenti di Avdiivka e nell’intero Donbass – ha detto ieri Klimkin – ribadiamo la responsabilità della Russia per le vittime, le distruzioni e le sofferenze umane che ha portato nel Donbass. Chiediamo alla Russia di fermare la sfacciata violazione degli accordi di Minsk, che ha firmato». Allo stesso tempo, Poroshenko apre le porte all’ingresso nella NATO come una «garanzia di sicurezza» parlando al giornale tedesco “Berliner Morgenpost”, annunciando l’intenzione di procedere con un referendum sulla questione entro il 2020 dopo che tutti i requisisti della NATO saranno soddisfatti. Una possibilità questa che «vorrebbe dire la rinuncia definitiva di Kiev al Donbass» secondo il leader delle autorità borghesi di Donetsk, Aleksandr Zacharčenko che riferendosi alla ripresa dei bombardamenti e la situazione a Avdiivka ha rilevato che questa escalation è «collegata ai tentativi» di Kiev di «cambiare gli accordi di Minsk con l’assunzione della presidenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite».

Una foto dei combattimenti nei pressi di Debaltsevo - © Lalkar.org

Una foto dei combattimenti nei pressi di Debaltsevo – © Lalkar.org

Nel corso di una conferenza stampa a Budapest in compagnia di Viktor Orban, il presidente russo Putin ha invece accusato l’esercito ucraino di aver iniziato i nuovi conflitti in quanto il governo ucraino ha bisogno di soldi e il modo migliore è quello di «presentarsi come vittime» davanti all’Europa, gli USA e le organizzazioni internazionali. Secondo Mosca inoltre gli ucraini avrebbero provocato questa situazione per testare la nuova leadership statunitense di Trump e contrastare fin da subito la possibilità di avvicinamento tra Mosca e Washington, scongiurare l’abolizione delle sanzioni e assicurarsi la continuazione degli aiuti.

Nel frattempo, il famigerato senatore statunitense (repubblicano) John McCain ha accusato Mosca dell’escalation di violenza in Ucraina orientale chiamando il governo Trump a inviare aiuti militare per la difesa dell’Ucraina. In una lettera inviata al Presidente, il senatore repubblicano lo ha infatti esortato a cogliere l’opportunità a disposizione per fornire equipaggiamenti e assistenza militare letale alle forze armate ucraine affermando che «la campagna brutale di Vladimir Putin per destabilizzare e la partizione dello Stato sovrano dell’Ucraina non si fermerà se non troverà una risposta ferma e decisa». In seguito, McCain ha precisato che Trump dovrebbe inviare a Kiev «i missili anti-carro spalleggiabili Javelin FGM-148, tra le altre cose, e corazze per contro-batterie». Altri eminenti repubblicani al Congresso stanno sollecitando Trump a fornire armi all’Ucraina. Nella stessa lettera, McCain ha esortato ad ampliare le sanzioni contro la Russia imposte dopo l’annessione della Crimea nel 2014. Su questa linea il primo intervento dell’ambasciatrice USA al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, Nikki Haley, che non cambia pertanto l’approccio nei confronti della Russia in relazione al conflitto ucraino, affermando: «La grave situazione in Ucraina orientale richiede una chiara e forte condanna delle azioni russe». «Gli Stati Uniti – prosegue con tipica retorica – sono al fianco del popolo dell’Ucraina che ha sofferto per oltre tre anni sotto l’occupazione russa e l’intervento militare» concludendo che «finché la Russia e i separatisti che lei sostiene non rispetteranno la sovranità e l’integrità territoriale, questa crisi continuerà» e condannando l’«occupazione russa della Crimea» ha aggiunto che essa «è una parte dell’Ucraina» e quindi «le nostre sanzioni collegate alla Crimea resteranno in vigore finché la Russia non restituirà il controllo delle penisola all’Ucraina».

L’ambasciatore russo ha invece ribadito che «le autorità ucraine persistono nei tentativi di trovare una soluzione militare al conflitto» non rispettando e boicottando l’accordo di Minsk e cercando allo stesso tempo di approcciare un avvicinamento con la nuova amministrazione Trump. Precisando che l’accordo di Minsk «non è ancora morto» nonostante l’escalation del conflitto di questi giorni, il leader delle autorità borghesi di Donetsk ha aperto intanto indirettamente anche ad una futura unione delle regioni di Donetsk e Lugansk alla Crimea. Le milizie inoltre sollevano la problematica di atteggiamenti discriminatori dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) che sovraintende la tregua.

L’inasprimento di questi ultimi giorni del conflitto iniziato nel 2014 a seguito del colpo di Stato foraggiato dagli USA, dall’UE e dalla NATO, con l’utilizzo di forze naziste, sostituendo il governo borghese guidato da Janukovyč con l’attuale guidato da Poroshenko, riflette la competizione inter-imperialista in campo internazionale per ridefinire accordi e zone d’influenza geostrategiche a seguito del cambio di presidenza negli USA e i conseguenti sviluppi che sono sempre a beneficio e interesse esclusivo dei monopoli capitalistici delle potenze coinvolte che non corrispondono con i reali interessi dei popoli, con i punti maggiormente caldi dal punto di vista militare di questi giorni in Ucraina e Libia, oltre che in Siria, Iraq, Yemen, il focolaio sempre accesso del conflitto israelo-palestinese ecc.

1 Comment

  1. Christian de Dampierre Raimondi ha detto:

    Una informazione alternativa a quella dei grandi media e condivisibile.
    L’attuale Ucraina era una creazione dell’Unione Sovietica, per niente corrispondente ai confini antecedenti alla prima guerra mondiale, quando la Crimea e i territori est appartenevano all’Impero Russo e la parte occidentale era divisa fra l’Impero di Austria e Ungheria e la Polonia. Con la fine dello Stato delle Repubbliche Sovietiche, la stessa Cecoslovacchia, ha inteso arrivare pacificamente ad una divisione della nazione, e sono nati gli Stati della Boemia e della Slovacchia. Se non risulta possibile creare una Federazione dei territori ucraini, si può giungere, di comune accordo e secondo il principio dell’autodeterminazione dei popoli, ad una divisione fra le terre dell’ovest e quelle dell’est, chiaramente di idioma e tradizioni russe. Ma probabilmente i motivi del conflitto sono ben altri, con il concorso dei rancori risalenti all’ultima guerra mondiale e a ideologie di estrema destra che niente hanno a che vedere con le democrazie occidentali. Al contrario rappresentano un pericolo mortale per esse. Una assai pericolosa crisi nella stessa Europa, come è stata, a suo tempo, la devastante crisi della Jugoslavia, tuttora non completamente risolta. L’Unione europea dovrebbe trovare la forza per attuare una politica più saggia e nell’interesse della pacifica convivenza delle popolazioni.

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