Povertà e disuguaglianza in crescita in Italia e nel mondo

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Povertà e disuguaglianza in crescita in Italia e nel mondo

Recentemente alcune importanti rilevazioni statistiche hanno confermato la caratteristica economica principale della fase che viviamo: l’enorme polarizzazione sociale. In altre parole i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri. Dai dati risulta una tendenza economica generale a livello mondiale – e non potrebbe essere altrimenti in un’economia sempre più globale e dominata dal potere di grandi monopoli transnazionali – così come in Italia. La crisi capitalistica che si è palesata a partire da metà del decennio scorso, e i cui effetti sono tutti ancora in atto, si è convertita in un potentissimo fattore di accelerazione di questo processo di polarizzazione.

Uno sguardo sul mondo.
A livello globale l’Oxfam ha stimato che 8 persone detengano la metà della ricchezza globale, altre stime hanno parlato di un 1% della popolazione che detiene tale livello di ricchezza, a fronte del restante 99%. Al netto delle diatribe sui parametri statistici, ciò che è certo è che il capitalismo nella sua fase attuale è giunto ad un livello senza precedenti di espropriazione di ricchezze con la concentrazione in pochissime mani di un enorme livello di risorse. La ricchezza dei grandi capitalisti è diretta causa della povertà generalizzata che oggi tocca miliardi di persone, prive spesso delle risorse materiali per una vita dignitosa. Anche la fase di sviluppo economico che ha riguardato alcuni dei paesi del cosiddetto Terzo Mondo, definiti per l’appunto in via di sviluppo non è stato un processo omogeneo, e ha ulteriormente acuito le disuguaglianze. Il 70% della popolazione mondiale vive in paesi dove la disuguaglianza è cresciuta negli ultimi 30 anni. Prendendo a riferimento il periodo tra il 1988 e il 2011 il reddito medio del 10% più povero della popolazione è aumentato di 65 dollari, sotto i 3 dollari l’anno, mentre quello dell’1% più ricco ha avuto un incremento medio di 11.800 dollari. Chi ha fatto parte di questo club ristretto ha visto aumentare la propria ricchezza di ben 182 volte rispetto alla parte più povera.
Tra i paesi inclusi in questa classifica ci sono ovviamente Cina, India, Brasile, Russia a riprova che anche nella fase di sviluppo capitalistico – quella per intenderci che segna crescite vertiginose del PIL, a differenza della stagnazione registrata dai paesi a capitalismo avanzato – e che spesso viene elevata a modello di gestione “progressista”, con quelle che sarebbero “borghesie nazionali progressiste e illuminate” altro non è che la vecchia solita modalità di sviluppo capitalistico. Sia in una fase di stagnazione che in una di crescita economica, la distribuzione della ricchezza sarà sempre ineguale, svilupperà, nel contesto di un’economia dominata dal potere monopolistico, oligarchie finanziarie e parassitarie a scapito di enormi masse di lavoratori e contadini impoveriti. Non dimentichiamo infatti che i ricchi di questi paesi competono a pari titolo con quelli dei paesi capitalistici tradizionali, spesso superandoli anche.

L’Italia.
Quando si discute di ineguale distribuzione della ricchezza bisogna però evitare di cadere nel tranello di concepire l’esistenza di “paesi ricchi” e “paesi poveri” vedendo questi come entità unitarie e prive di differenziazioni interne. Esempio ne è anche il nostro paese, che come tutti gli altri paesi a capitalismo avanzato altro non è che un paese ricco, abitato da poveri, ossia lavoratori, pensionati che provengono dalla classe operaia e dagli strati popolari, sottoproletari, lavoratori privati a basso reddito, e piccoli commercianti e produttori artigianali. Sebbene la polarizzazione sociale nel nostro paese sia inferiore ad altri casi, anche l’Italia ha visto una crescita della concentrazione della ricchezza e un impoverimento di massa in questi ultimi anni. Nel 2016 la ricchezza dell’1% più ricco degli italiani (che oggi possiede il 25% di ricchezza nazionale netta) è più di 30 volte la ricchezza del 30% più povero della popolazione nazionale e ben 415 volte quella che resta al 20% più povero dei nostri connazionali. Recentemente l’ISTAT ha parlato di 4,6 milioni di italiani in povertà assoluta con un incremento di 144 mila persone dal 2015. A questo si deve aggiungere un impoverimento generalizzato della classe operaia e delle fasce intermedie (lavoratori autonomi, piccoli commercianti, impiegati) che si è verificato con le politiche di attacco ai diritti dei lavoratori, le riduzioni di salari e pensioni, l’incremento dei costi richiesti alle famiglie delle classi popolari per i servizi essenziali: abitazioni, istruzione, sanità, con una pressione fiscale in ascesa, dalle imposte sul lavoro all’IVA che ovviamente colpisce maggiormente le classi popolari. Non bisogna dimenticare infatti che l’attacco condotto con la pressione fiscale, che è speculare a quello sui salari. Si tratta di un vero e proprio drenaggio costante di risorse che dai lavoratori finisce nelle casse dello Stato, per finanziare sempre meno servizi ormai nelle mani dei privati, ma pronti a trasferire risorse in interventi di salvataggio come quello delle banche venete, o di Alitalia al capitale privato. Per non parlare degli interessi sul debito pubblico.

Ricchezza e povertà: le due facce del capitalismo.
«La causa ultima di tutte le crisi effettive – scriveva Marx nel Capitale – è pur sempre la povertà  e la limitazione di consumo delle masse in contrasto con la tendenza della produzione capitalistica a sviluppare le forze produttive a un grado che pone come unico suo limite la capacità di consumi assoluta della società». Oggi l’enorme povertà della stragrande maggioranza della popolazione mondiale è causata dal capitale e allo stesso tempo elemento di approfondimento della crisi capitalistica. Piaccia o meno ai teorici del superamento del ‘900 la questione centrale resta questa: il problema dei rapporti di produzione e di conseguenza dell’ineguale ripartizione della ricchezza prodotta, ossia il fondamento su cui si è basata e si basa la critica comunista al sistema capitalistico e la consapevolezza rivoluzionaria della necessità storica del suo superamento. L’umanità oggi va incontro a sfide senza precedenti. La popolazione mondiale cresce a ritmi vertiginosi, ed anche questo è effetto della povertà diffusa. Il capitale ha creato un mondo a suo uso e consumo, senza che questo mondo sia sostenibile sotto ogni aspetto, anche quello ambientale, oggi sempre più in rotta di collisione con un’umanità posta al servizio degli interessi di una ristretta oligarchia finanziaria. E i fenomeni a cui assistiamo oggi sono solo un assaggio di quello che vedremo in appena qualche decina di anni. La causa ultima di tutti i problemi del mondo è in questi dati, in questa fotografia schietta della diseguaglianza, originata da questo modello di sistema. In Italia come nel resto del mondo. Non esiste ruolo progressista di alcuna forza di “sinistra” che non accetti come base della propria azione, come fine politico necessario, la rottura dei rapporti capitalistici e la socializzazione dei mezzi di produzione e della ricchezza.

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