Alternanza scuola lavoro. Accettazione e sottomissione al sistema capitalista

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Alternanza scuola lavoro. Accettazione e sottomissione al sistema capitalista

Sezione di Venezia del Partito Comunista “Partigiano Tarcisio Vallotta”

 

Morire sul lavoro è un dramma e diventa ancora più insopportabile quando a morire è un ragazzo di appena 18 anni.  Il tragico caso da cui prendono spunto queste riflessioni è quello di Lorenzo, studente di un Centro di Formazione Professionale.

Crediamo che sia una ineludibile priorità riflettere in profondità sulle storture causate dalle controriforme della scuola che si sono succedute fino ad oggi, che stanno rendendo la scuola strumento di accettazione e sottomissione al sistema capitalista, se non di alienazione: scuola di classe quindi, strumento di dominio sui giovani per farli diventare lavoratori sfruttati e consenzienti domani. Affinché perdano la coscienza dei loro diritti di esseri umani, accettando docili una vita di precariato, di sfruttamento e di controllo.

Come sappiamo, l’istruzione è obbligatoria fino ai sedici anni (Legge n. 296/2006, art.1, co. 622) e si completa con il “diritto-dovere” all’istruzione e alla formazione (Decreto Legislativo n. 76/2005) finalizzato a consentire il conseguimento di un titolo di studio di istruzione secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età.  Al termine della scuola secondaria di primo grado, i ragazzi possono scegliere di proseguire gli studi in un percorso dell’istruzione secondaria di secondo grado (articolato in licei, istituti tecnici e istituti professionali) o nel sistema di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), di competenza regionale, che rilascia una qualifica triennale o un diploma quadriennale. I percorsi di IeFP (Istruzione e Formazione Professionale) possono essere svolti presso i Centri di Formazione Professionale accreditati dalle Regioni (CFP) oppure, laddove previsto, presso gli Istituti Professionali di Stato in regime di sussidiarietà. Lorenzo prestava il proprio lavoro in un CFP e ci chiediamo innanzitutto se ci fossero garanzie di sicurezza.

Ogni anno il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali trasferisce alle Regioni e alle Province autonome le risorse finanziarie per i percorsi finalizzati all’assolvimento del diritto-dovere nell’istruzione e formazione professionale. Sappiamo altresì che le Regioni esercitano l’accreditamento alla luce delle esigenze delle imprese private sul territorio spesso all’interno di logiche di precarizzazione e di flessibilità del lavoro.

Tuttavia, vi è un problema drammatico a monte di un caso così straziante e riguarda il modo con il quale è stato impostato il rapporto tra istruzione-lavoro-impresa privata. È ormai da due decenni, ed anche più, che l’Unione europea sollecita con forza gli Stati a modificare i propri sistemi di istruzione e di formazione. Il fine è chiaro: formare i giovani ad introiettare la cultura dell’impresa e del mercato, ad accettare lavori precari, pagati in modo iniquo, perfino gratuito, e costringerli al nomadismo per avere il lavoro che l’impresa ritiene più aderente alle proprie esigenze, anche se ciò significa spostarsi in altri Paesi. Si tratta di una logica stolta che tra l’altro impone continuamente di non curare la propria professionalità al fine di inseguire sempre le mutevolissime leggi del mercato privato. L’intera legislazione italiana sulla scuola ha incorporato queste storture: dalla nefasta autonomia scolastica, fino alle contro-riforme di centro sinistra e di centro destra (leggi Berlinguer, Moratti, Gelmini fino ad arrivare alla legge n. 107 del 2015 adottata dalla maggioranza che ha sostenuto il Governo Renzi). In particolare l’alternanza Scuola-Lavoro prevista dalla legge n. 107 del 2015 viene inserita nell’esame di Stato conclusivo della Scuola Secondaria dalla Legge di delegazione n. 384 del 2017. Si tratta di un percorso di 200 o 400 ore, a seconda dell’indirizzo autonomo di scuola, da svolgersi in contesti lavorativi.

L’indirizzo della scuola che cos’è? Vi è una truffa semantica. Si parla di autonomo indirizzo della scuola, che è l’allineamento del percorso formativo della scuola alle esigenze delle imprese sul territorio. Altro che autonomia della scuola! Si dovrebbe parlare, al contrario, di autonomia dell’impresa, di sovranità assoluta dell’impresa che si giova di lavoro gratuito grazie proprio al serbatoio scolastico.  Scendiamo ora ad un livello pratico di considerazioni. Ormai non si contano le proteste e le inadeguatezze palesi di questo sistema congegnato esclusivamente per perseguire le esigenze contingenti delle imprese: si arriva ad aberrazioni di turni di dodici ore continuative con pause di 15 minuti al massimo; utilizzo degli studenti per attività lavorative che spetterebbero al personale assunto e strutturato e, inoltre, mansioni che non hanno alcun rapporto con il proprio percorso di studio; svolgimento di attività lavorative senza alcuna formazione precedente e per di più senza tutoraggi reali.

La durata dell’alternanza scuola-lavoro di 400 ore complessive nella pratica vincola gli istituti scolastici e la componente studentesca a turni intollerabili in cui vediamo con nettezza come prevalga la formazione in azienda su quella invece della scuola, istituzione deputata alla formazione del giovane. Ciò porta con sé altre sconcezze: l’impossibilità di un controllo adeguato e incisivo sulle condizioni di sicurezza del lavoro, sul rispetto dei diritti e della salute ecc.

Tutto ciò che stiamo evidenziando non è il frutto di interpretazioni soggettive ma è presente nelle linee guida operative della ASL (Alternanza scuola-lavoro) che vengono adottate in conformità con le direttive e le finalità sancite dalla Commissione Europea: l’attuazione di modalità di apprendimento flessibili al fine di realizzare un vantaggio competitivo. La filiera della formazione è in funzione della filiera flessibile della produzione. I finanziamenti giungono alle scuole dalla ASL e dai progetti europei. Questo non è una sorta di salario accessorio di chi attiva questo ingranaggio e vi partecipa? L’alternanza scuola-lavoro è utilissima all’impresa perché quest’ultima si giova di manodopera gratuita. Si tratta di un ulteriore tassello di un modo complessivo attraverso il quale il capitalismo affronta e fronteggia la crisi di sistema che dal 2008 vediamo. La crisi si risolve riducendo il costo del lavoro e pertanto aumentando l’estrazione di plusvalore.

Dalla dimensione economica poi evinciamo il profilo culturale, ideologico e pedagogico di questo fenomeno. La scuola diventa organismo in funzione della costruzione di un tipo umano imposto dal mercato. L’ASL fino ad oggi gode del consenso maggioritario delle famiglie che pensano sia un modo per risolvere la disoccupazione giovanile; poi il consenso viene meno quando si tocca con mano il fatto che l’ASL sia in larga parte inutile rispetto all’obiettivo di trovare un posto di lavoro stabile ed equamente retribuito.

Per quanto concerne gli studenti, il nuovo esame di maturità, con la valutazione delle esperienze obbligatorie di ASL, è misura di una concezione secondo la quale la valutazione positiva è condizionata dall’adesione dello studente al modello sociale della precarietà imposto dal mercato e dall’impresa.

 

Inoltre, un’osservazione va anche fatta sul fronte dei docenti e della scuola.

Il modo con il quale viene imposta la strategia dell’alternanza scuola-lavoro sovverte il fine educativo e formativo della scuola, in quanto ingabbia il corpo docente in una prospettiva meramente utilitaristica, riducendo il processo di formazione e di istruzione a mezzo funzionale alle esigenze del mercato flessibile del lavoro.

Riteniamo pertanto doveroso denunciare con forza tutto questo.

Riteniamo che l’alternanza scuola lavoro così come concepita leda profondamente il diritto alla formazione piena nei luoghi di lavoro, formazione che deve essere generale e globale e non può ridursi ad un addestramento consistente nella mera esecuzione dei compiti riguardanti la mansione.

Diritto alla formazione per noi Comunisti significa diritto a realizzare l’esigenza umana di imparare ad apprendere per modificare radicalmente la propria condizione sociale, in modo da allargare la propria personalità e i propri orizzonti critici in un’ottica di trasformazione della propria posizione nella società e di conseguenza nell’ottica di modificare la stessa società così ingiusta e diseguale.

Noi Comunisti diciamo “no!” alla riduzione della formazione a uno strumento puramente utilitaristico e funzionale al sistema. La scuola deve tornare ad essere luogo di crescita e di formazione della personalità, finalizzata a far crescere i giovani e a far acquisire loro una professionalità a trecentosessanta gradi, nella certezza di poter lavorare, una volta cresciuti e terminato il processo formativo, di poter avere una famiglia, una casa, un futuro: questo è il Comunismo.

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