CDA RAI, intervista esclusiva a Riccardo Laganà. «Portiamo la base al settimo piano»

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CDA RAI, intervista esclusiva a Riccardo Laganà. «Portiamo la base al settimo piano»

Riccardo Laganà, 43 anni Tecnico di Produzione Tv nel centro di produzione di Roma e fondatore di “IndigneRAI”, è il primo consigliere d’amministrazione della TV Pubblica eletto dai lavoratori. Ha accettato di rilasciare questa intervista a La Riscossa.

Riccardo, per la prima volta un lavoratore Rai entra nel consiglio d’amministrazione e il primo sei tu con lo slogan “Voglio portare la base Rai al settimo piano”. Hai battuto candidati dei grandi sindacati e dei giornalisti, con 1916 preferenze a tuo favore. Qual è la sensazione?

La sensazione è di grande responsabilità e di un abbraccio forte di tante persone che sinceramente non mi aspettavo. Con l’associazione (IndigneRAI, ndr.) abbiamo lottato per tanti anni per portare trasparenza, per portare le ragioni della difesa del servizio pubblico e della tutela delle risorse professionali ed evidentemente questo lavoro ha pagato, abbiamo raccolto gli interessi di un lavoro fatto, quindi adesso andiamo tutti insieme in CDA, questo è lo slogan!

Da quando lavori per la TV Pubblica hai sempre pensato, dall’inizio della tua carriera, di dover rappresentare i lavoratori?

All’inizio è stato curioso perché mi hanno sempre appassionato le dinamiche sindacali, ma ho sempre sentito uno strano senso di “non appartenenza” a certi modi di fare. Poi alla fine, anche grazie ai social, abbiamo trovato questo modo utile di far funzionare Facebook, cercando di creare unità, cercando di creare un luogo dove ci fossero proteste, dove creare iniziative a sostegno del servizio pubblico, ma anche delle proposte, proposte puntualmente girate alle varie amministrazioni che si sono succedute nel corso di questi sette anni. Purtroppo la maggior parte delle proposte non hanno trovato applicazione, per via di gestioni sorde che non hanno mai voluto ascoltare i lavoratori, ecco, da adesso in poi i lavoratori avranno voce e ascolto, perché credo e spero mi ritengano un amico che sta in CDA, a difesa del perimetro aziendale e del servizio pubblico.

Come nascono il progetto di “IndigneRAI” e l’associazione “Rai bene comune” e qual era lo scopo iniziale?

Il progetto iniziale di IndigneRAI era proprio quello di portare la voce dei dipendenti e dei cittadini che usufruiscono del servizio pubblico, fuori dalle mura aziendali. Quando leggevo gli articoli all’epoca sui giornali e parlavano di Rai, si parlava solo di alcune categorie e la maggioranza dei lavoratori che creavano il prodotto venivano tenuti fuori, addossandogli solo responsabilità che invece erano di gestioni poco oculate. Quindi con IndigneRAI abbiamo creato uno spazio dove i lavoratori potessero dire che certe cose che accadevano ai piani alti di Viale Mazzini non erano responsabilità dei dipendenti, ma esclusivamente di scelte gestionali che hanno danneggiato nel tempo l’immagine della Rai. Noi ci tenevamo e ci teniamo a dire che le scelte ricadono sì su di noi, ma non siamo noi i responsabili, anzi siamo quelli che vogliono cambiare le cose. Il social network con la creazione di IndigneRAI ci ha dato questa opportunità, e piano piano hanno iniziato ad ascoltarci.

Adesso inizieranno le telefonate, dai grandi partiti, alle grandi testate, quelli che hanno sempre tenuto nella stanza dei bottoni tutto ciò che IndigneRAI ha cercato di tirare fuori, cosa risponderai per cercare di ribaltare la medaglia dal lato di chi lavora e dei fruitori del servizio pubblico?

Beh, già la mia elezione penso abbia proprio questo effetto di ribaltamento della medaglia, con lo scopo, certo, di poter parlare subito a tutti per far arrivare certe informazioni in maniera più immediata. Quando parla un consigliere è ovvio che la sua voce ha un altro impatto mediatico, noi utilizzeremo quest’impatto mediatico proprio per portare la voce dei dipendenti che si sentono soffocati da anni di cattiva gestione.

Hai detto, prima di essere eletto, che vuoi trasformare Viale Mazzini in una “casa di vetro” come ci si arriverà? quali sono le cose che vanno “tirate fuori” e rese pubbliche?

Vanno tirate fuori tutte quelle scelte a volte incomprensibili, come contratti di affidamento in appalto che ci sembrano poco chiari. Ci sono delle regole e chiederemo il rispetto delle regole, quindi se c’è una decisione che secondo noi viola quelle regole oppure si muove un po’ “borderline”, nel contratto di servizio, trasparenza e Anac, sarò lì a dirlo, a tutti consiglieri, all’amministratore delegato e al presidente. Se ci sono professionisti interni che possono svolgere un lavoro, studi di proprietà liberi, non vanno affittati altri spazi e il lavoro non deve essere dato in appalto. Queste cose verranno portate alla luce del sole, insieme a tanti altri elementi che pretendono trasparenza, come l’audit interno e il comitato etico, sempre e soprattutto per dare conto a chi paga il canone e ha il diritto di accedere a dei rendiconti in maniera trasparente.

Come inizierà quest’avventura? Quali saranno i primi passi che muoverai? i lavoratori Rai, le voci non ascoltate, saranno coinvolte nel tuo percorso? 

La novità che cercherò di portare sarà soprattutto nel meccanismo di partecipazione. A me sta molto a cuore questo discorso, il fatto che la Rai è e deve essere un bene comune vuol dire che deve anche essere partecipato. Bisognerà ripristinare un contatto dei vertici con i dipendenti, le associazioni di categoria, i sindacati stessi, le sedi regionali, tutti i centri di produzione o anche gruppi di lavoratori che hanno delle proposte; bisognerà regolarmente avere dei momenti di confronto. Poi sicuramente andranno coinvolte anche le associazioni che orbitano intorno al sevizio pubblico, perché sono espressioni degli utenti e saranno fondamentali per il rispetto del contratto di servizio pubblico e per il pluralismo.

Penso anche ai partiti minori come il vostro, dove ci sono tante forze giovani preparate che svolgono un lavoro egregio per la costruzione di un tessuto sociale e politico del futuro, che non vengono ascoltate neanche durante la competizione elettorale. Eppure sono voci alle quali va dato spazio, altrimenti rimarranno solo voci di minoranza. Voglio creare momenti di incontro anche con le forze politiche minori, per dare loro il giusto spazio anche nelle trasmissioni, perché è in queste ultime che si possono far conoscere tante realtà che altrimenti per  colpa di interessi privati vengono tenute lontane dal dibattito. Ecco, questo è un meccanismo che si dovrebbe invertire.

Buon lavoro Riccardo e grazie per averci rilasciato la tua prima intervista da consigliere, ci terremo in contatto.

Assolutamente si!

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