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Socialismo, scienza e progresso: per un incontro tra paradigmi

Intervista di Pietro Fiocchi

 

Intervista con il Prof. Maurizio Falanga, dirigente dell’International Space Science Institute di Berna

 

 

La scienza è uno dei linguaggi universali, così come lo sono l’Esperanto, la condivisione di determinati sentimenti oltre ogni confine e barriera, le istanze della classe lavoratrice.

La scienza ha un potenziale notevole di persuasione trasversale e di leva per il progresso in generale. Il problema è di saperla comunicare nel modo giusto, per rendere partecipi, al di là del ristretto cerchio degli addetti ai lavori, un pubblico il più possibile vasto.

Un divulgatore d’eccezione è lo svizzero, di origine siciliana, Prof. Maurizio Falanga. A Berna il Prof. Falanga è docente di astrofisica presso la locale università, nonché tra i direttori dell’International Space Science Institute (ISSI) e attualmente impegnato in una missione dell’Accademia Cinese delle Scienze, la Einstein Probe, sui fenomeni dell’universo variabile.

Ha fondato e diretto per sei anni una filiale dello stesso Istituto a Pechino, dove ha reso possibile la cooperazione in tema di spazio tra scienziati da tutto il mondo, anche tra cinesi, giapponesi e americani. Ha promosso la ricerca e il dibattito in tema di spazio, attraverso sue numerose pubblicazioni, ma anche nelle università cinesi organizzando seminari specifici con relatori di primo piano.

Oltre alle origini, a legarlo profondamente all’Italia sono i suoi studi per il dottorato, che ha conseguito presso “La Sapienza” di Roma, ateneo che reputa tra i migliori al mondo.

 

Professore, dopo l’esperienza e i successi dell’ISSI Pechino, quali sono le Sue considerazioni circa il fare e promuovere la scienza in un paese socialista per eccellenza?

La Cina di per sé ha il suo programma scientifico definito dai propri organi, come l’Accedemia Cinese delle Scienze, dai vari ministeri. Hanno una loro propria visione e strategia. Per quanto riguarda l’ISSI Pechino, devo constatare che la Cina ha la volontà di aprirsi al mondo, di condividere quanto sta facendo nella tecnologia e nella scienza.

In tale contesto uno dei compiti dell’ISSI Pechino è quello di promuovere questa “open up policy” della Cina, per dare visibilità al loro programma. L’ISSI Pechino è lì come una piccola porta aperta, una piattaforma internazionale per connettere gli scienziati cinesi e quelli del resto del mondo.

La Cina ha programmi mirati per far venire nel paese scienziati stranieri a fare scienza, per fare rientrare gli stessi scienziati cinesi dall’estero, per incentivare le pubblicazioni a livello internazionale. La Cina per promuovere la scienza ha diversi canali, è stata capace di mettere in moto un ben strutturato meccanismo a questo scopo. I colleghi cinesi sono sempre più spesso co-autori di articoli su riviste internazionali anche ad altissimo livello, anche perché producono sempre con maggiore frequenza risultati scientifici.

Per la Cina questo processo non si limita allo spazio, ma ha a che fare con l’innovazione in tutti i campi della ricerca e comprende settori come la medicina, l’aeronautica, la fisica dei materiali.

 

Come vede tutto il dibattito mediatico, sempre un po’ in bilico tra scienza e spettacolo, per quanto riguarda la corsa su Marte?

A volte sembra un po’ di essere tornati quasi alla guerra fredda, quando i muscoli si misuravano anche con la tecnologia. La Cina adesso è un passo avanti. Andare su Marte vuol dire prima tornare sulla Luna e la Cina ha un programma scientifico lunare impressionante. Anche se gli americani sono già stati sulla Luna nel ’69, non con dei robot, ma con degli astronauti in carne ed ossa.

A livello mediatico la corsa su Marte serve anche all’orgoglio nazionale, a stimolare la gente a fare di più, ad un maggiore rilievo internazionale, anche per liberarsi della pressione che i cinesi hanno avuto storicamente, della chiusura del paese fino ad un tempo relativamente recente. Finalmente la Cina si sta aprendo e può anche cominciare a buon titolo a dire la propria.

Credo però che sia sempre più intelligente e proficuo puntare alla cooperazione internazionale per la corsa su Marte, a parte per i costi, che ogni ricerca e missione comportano, fare le cose individualmente è un po’ solo uno sfoggio di muscoli. Per costruire un mondo che va verso la pace la collaborazione in tema di spazio, così come nel calcio, potrebbe essere un ponte per superare tante barriere, a cominciare da quelle culturali e istituzionali.

 

Marziani a parte, quali obiettivi del lavoro scientifico rivolto allo spazio considera di più attuale e maggiore utilità per il progesso sociale?

Tante cose si fanno, molti strumenti si realizzano solo per osservare determinati fenomeni spaziali, certo è che così facendo si va ad aiutare tutta un’economia, quella della ricerca e produzione tecnologica e i relativi addetti ai lavori. Qundi un vero e proprio progresso sociale è ravvisabile nello stesso sviluppo tecnologico. Un paese moderno deve investire tanto in formazione quanto in tecnologia.

C’è poi una ricaduta sociale da tenere in considerazione. Come ad esempio le tempeste solari, che vanno ad impattare la Terra: anni fa parte del Canada è rimasta senza corrente elettrica per diverse ore. Investire in questa direzione ha sicuramente un beneficio sociale in termini di salvaguardia della popolazione.

Per tornare al progresso sociale c’è anche tutto il discorso sugli esopianeti: siamo l’unica civiiltà? Ci sono altre forme di vita? Temi che possono cambiare il modo di vedere noi stessi sulla Terra e nell’universo, il fatto di immaginarci al centro di tutto e probabilmente non lo siamo.

Oggi sappiamo per certo che la Terra non è al centro di nulla, solo un pianeta come tanti altri, pur essendo il nostro particolare in quanto ha acqua, ossigeno e vita. La consapevolezza oggi, rispetto ad altre epoche, di non essere noi al centro, dell’esistenza di altre forme di vita, qualsiasi possano essere, ci impone un ripensamento, un aggiornamento di tutta la nostra filosofia di vita: in questo io vedo un progresso sociale.

 

Quanto e come interessi commerciali e politici influenzano, o inquinano, la pura ricerca scientifica?

Se parliamo di pura ricerca astronomica, come i buchi neri, le onde gravitazionali, non c’è alcun tipo di influenza o inquinamento da parte della politica. Si tratta di scienza fondamentale motivata e portata avanti sulla spinta della curiosità. Quando già si parla di costruire gli strumenti tecnologici per fare scienza, allora può succedere che si possa fare delle scelte di dare l’appalto ad una azienda e non ad un’altra.

Le cose cambiano quando si inizia a parlare di scienza relativa alla Terra. Riscaldamento globale, scioglimento dei ghiacci e inquinamento implicano dati e parametri da un punto di vista scientifico, che poi a livello politico vanno cambiati. Se si dice che abbiamo un tot di inquinamento atmosferico, fare fronte a questo significa dover cambiare il modo in cui si produce, mettere necessariamente in discussione una serie di fattori, come, per alcuni paesi, usare o no il carbone e tutto quello che ne consegue.

Queste sono questioni in cui c’è il più grande “inquinamento” da parte della politica. Decenni fa in Svizzera e in Germania i partiti dei Verdi erano gli ultimi delle fila della politica, erano considerati ridicoli. Oggi un partito dei Verdi è all’avanguardia, vincono le elezioni. Le industrie non possono più nascondersi dietro il petrolio. Le cose stanno cambiando e questo lo dobbiamo anche molto alla scienza.

 

Tenterebbe l’avventura, ben riuscita nella capitale cinese, in Italia, ad esempio con un ISSI Roma? E su quali problemi e obiettivi specializzerebbe la ricerca?

Penso di sì. Un istituto, una piattaforma tipo quella di Berna e di Pechino potrebbe fare bene all’Italia, che a sua volta avrebbe la grande occasione e il vantaggio di fare qualcosa con e a favore dei paesi del Mediterraneo, attraverso un istituto-ponte. In questa cornice, immagino Roma possa essere un punto di riferimento per tutti quei paesi del Nord Africa, del Vicino Oriente, anche di Grecia e Turchia, per riunirsi e fare ricerca, trovare vie di cooperazione scientifica, per aiutarsi. L’Italia ha ottime università ed eccellenti scienziati, questo conferma la mia convinzione circa l’opportunità strategica di un eventuale simile piattaforma a Roma.

Per quanto riguarda i possibili obiettivi di un simile istituto, io credo si possa cominciare dalla meteorologia e climatologia, con relativo sviluppo dei satelliti, dalle scienze della terra in generale, che hanno un impatto ed utilità sociale, un interesse politico immediati. Per poi successivamente passare, investimenti permettendo, alla ricerca spaziale vera e propria.

 

 

Link di interesse:

ISSI Berna: https://www.issibern.ch/

ISSI Pechino: http://www.issibj.ac.cn/

Missione Einstein Probe: http://ep.bao.ac.cn

 

 

 

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